giovedì, aprile 19, 2007

Il Private equity diventa pubblico mentre rallenta

La corsa delle società di Private Equity sta rallentando, nonostante i numeri record di transazioni effettuate? la domanda si pone osservando la recente performance dell' LPX Composite, un indice che raccoglie le azioni della maggiori società di Private Equity quotate in Borsa. Problemi temporanei o esistono motivazioni strutturali? Soprattutto, questo dovrebbe indurre cautela nei confronti delle imminenti quotazioni di società di gestione di fondi di Private Equity?

Dal 9 Marzo scorso , l'indice LPX ha avuto una performance inferiore del 3% rispetto agli indici azionari mondiali. Sugli ultimi cinque anni, al contrario, l'indice ha reso il 67%, contro un 58% del MSCI World Index. Un fattore è sicuramente dovuto alla maggiore cautela degli investitori, dopo anni di ottimi risultati che potrebbe essere difficile ripetere in una arena competitiva sempre più affollata e forse preoccupati dell'uso sempre più marcato della leva finanziaria, testimoniato dall'aumento dei gear ratio, ossia del rapporto fra capitale proprio e capitale di debito impiegato nelel ultime transazioni.

Un altro fattore di cautela (soltanto temporaneo, nella migliore delle ipotesi) è costituito dall'aumentato numero di società di gestione di fondi di private equity che stanno prendendo in considerazione la quotazione - un'ironia, considerando che il mestiere, per molti fra loro, sembra ormai quello di comprare società quotate, portandole fuori dalle Borse.
Blackstone e Carlyle sono soltanto due fra i grandi nomi che stanno prendendo in considerazione l'ipotesi; Fortress, attiva anche nel business degli hedge fund, in un certo senso contiguo, almeno in termini d'impiego massiccio dell'indebitamento finanziario, si è appena quotata, così come KKR ha appena quotato alcuni veicoli societari.
Sorge il dubbio che i manager delle società di private equity, sinora proprietari delle società di gestione e veri maestri di tempismo, prevedano un peggioramento delle prospettive di mercato e preparino a vendere al top del mercato. Questa interpretazione viene contestata, fra gli altri, ad esempio John Carney di Dealbreaker, che ricorda come si dicesse lo stesso per l'IPO di Goldman Sachs, risultata un successo storico per gli acquirenti.

Sicuramente, nella scelta della quotazione non incidono (soltanto) considerazioni tattiche, ma anche generazionali e di crescita dimensionale: i fondatori di quelle che erano boutique quasi familiari cominciano a pensare a lasciare il campo alla nuova generazione e le dimensioni aziendali raggiunte rendono attraente l'ipotesi di organizzare in maniera più strutturata il governo societario e, soprattutto, di lasciar stabilire al mercato il valore del capitale.
D'altro canto, esiste sicuramente una tematica di tipo fiscale nella ricerca della quotazione: sinora, gli ingenti guadagni dei padroni del Private Equity sono stati tassati al 15%, l'aliquota per i guadagni in conto capitale e non con il 40% dell'aliquota marginale sul reddito. Tuttavia, i notevoli guadagni guadagni di questi ultimi anni hanno attirato l'attenzione dei Democratici, nuovi padroni del Congresso USA, dove si sta pensando di chiudere questa finestra fiscale. Gli effetti sulle valutazioni delle società sono evidenti e decisamente rischiosi per degli investitori esterni, anche se la nuova natura di società quotate potrebbe spuntare le armi dialettiche dei legislatori democratici; invece di alcuni grandi capitalisti, si troverebbero di fronte "soltanto" l'ennesima società di gestione del risparmio e soprattutto migliaia di piccoli azionisti - ed elettori.

Hat tip: WSJ MarketBeat, Dealbreaker


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