mercoledì, luglio 25, 2007

Chrysler e Boots: macchine e creme, lacrime e sangue

Le banche d'affari stanno scoprendo a caro prezzo il motivo per cui i fondi di Private Equity hanno pagato tutte quelle grasse commissioni, intascate apparentemente senza sforzi e senza rischi per sottoscrivere e successivamente collocare emissioni per finanziare LBO e fusioni. Adesso che non si collocano più, le banche si ritrovano con un prodotto che nessuno vuole e dei debitori che, molto semplicemente, hanno risposto con un sonoro "arrangiatevi, abbiamo già dato".

L'acquisto di Chrysler verrà postposto e finanziato almeno in parte, pare metà, dalle banche che hanno sottoscritto i bridge loans e che non sono più riuscite a piazzare successivamente il debito agli investitori istituzionali, scaricando rischio e tenendosi le laute commissioni che vengono corrisposte per il lavoro - ed il rischio d'insuccesso.
Ancora peggio, è fresca la notizia su Alliance Boots. Il rivenditore di farmaci e cosmetici inglese è stato acquisito da KKR e dall'italiano Stefano Pessina in Aprile. L'acquisizione è stata finanziata da un consorzio di otto banche, guidato da Deutsche Bank e che include Unicredito e JPMorgan, che hanno anticipato i 5 miliardi di sterline di debito necessari in cambio del mandato al successivo collocamento. Anche dopo aver esteso la scadenza del collocamento e ritoccato i termini economici, il consorzio non è riuscito a piazzare l'intero ammontare, ma soltanto 1.75 miliardi di sterline di "junior loans" subordinati, che verranno oltretutto rivenduti in perdita, azzerando gli utili da commissioni generati dall'affare. Le banche dovranno inoltre tenere sui propri bilanci 3.75 miliardi di sterline di prestiti "senior", quelli meglio garantiti, che non sono stati in grado di piazzare.
In entrambi i casi, sembra che KKR e Cerberus abbiano risposto in maniera molto simile alle richieste d'aiuto delle banche: non se ne parla, abbiamo pagato commissioni esorbitanti per anni, è ora di guadagnarvi quei soldi.

In generale, sempre più collocamenti vengono posticipati, sperando in condizioni di mercato migliori; all'ultimo conteggio, si tratta di operazioni su almeno 35 aziende.
Le acquisizioni che hanno generato tale debito sono già state finalizzate, quindi tale debito è di fatto già nel sistema finanziario e non può essere ripagato immediatamente, ma rimarrà nei bilanci delle banche d'affari in attesa di essere scaricato. Si alimenta così perversamente i timori di un "glut", di un ingorgo che peserà sul mercato nei mesi a venire, ritardandone la stabilizzazione.

Fonti: WSJ, TheDeal.com, Bloomberg, DealBook


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