lunedì, luglio 21, 2008

Banche, Quanto devono soffrire i contribuenti?

L'economistra Charles Wyplosz riassume alcune delle posizioni sul dibattito che si è aperto sulal crisi e sui metodi per risolverla od attutirne le conseguenze. Purtoppo, al contribuente tocca pagare almeno parte del conto, ma non è detto che il pretesto della stabilità di sistema impedisca di punire i "coplevoli" e cercare di ripristinare il corretto funzionamento del mercato, senza scivolare nel dirigismo socialista.

L'ammirazione per per Walter Bagehot è condivisibile; è stato un vero precursore, le cui lezioni riguardo al ruolo delle autorità monetarie sono purtroppo soltanto parzialmente applicabili ai giorni nostri; trovo soprattutto ragionevole la raccomandazione di essere spietati con gli azionisti - hanno goduto degli onori, adesso devono sopportare gli oneri; nel caso dei creditori, il dannno deve essere limitato dalle considerazioni di rischio sistematico, ma non deve essere eliminato.

Gli esempi di Svezia e Giappone negli anni 1990 chiariscono il motivo, anche se sono soltanto parzialmente applicabili e mascherati da forme tecniche che fanno sembrare quella svedese una soluzione meno "di mercato" di quella giapponese: la nazionalizzazione svedese, in realtà , ha imitato il funzionamento di un sano meccanismo di mercato, badando soltanto a non danneggiare eccessivamente le banche sane, mentre l'intervento statale giapponese è stato quasi più pervasivo e molto più ambiguo.
Entrambe le nazioni hanno subito una crisi bancaria, ma la reazione fu molto differente. In Svezia, gli azionisti sono stati di fatto espropriati quando il sistema era ad un passo dal fallimento, le banche ricapitalizzate e poi venute rapidamente al miglior offerente. In Giappone, il governo e la banca centrale hanno fatto di tutto per aiutare i banchieri, più che le banche, sussidiando indirettamente o direttamente il sistema e bloccandone così le possibilità di riforma.

Voloro che, in Italia o negli USA, parlano di estensione del ruolo statale, dovrebbero ricordarsi di questi esempi. Un intervento governativo può trattarsi del male minore, ma va mantenuto al minimo livello possibile, soprattutto in temrini di durata. Ricordiamoci che in un settore pesantemente regolamentato come quello finanziario, un intervento statale segnala innanzitutto il fallimento delle regolamentazioni precedenti, e non (soltant) il fallimmento di un mercato portato al guinzaglio e tutt'altro che libero.

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