martedì, dicembre 09, 2008

BP, il fascino discreto della sacrestia

Innocenzi se ne va e arriva Saviotti. Un toccasana per una banca in difficoltà, che così salverà il salvabile. Ma in questo modo il Banco Popolare si lega definitivamente a filo doppio con Bazoli.

Cosa è successo a Verona, dove uno degli enfant prodige della finanza italiana è stato defenestrato a favore di colui che sta già supervisionando la sistemazione di un’altra grossa grana per la finanza “bianca“? In tempi di crisi, si sa, chi ha il contante è re. Meglio ancora, in tempi di crisi e di collettivismo imperante, chi ha contanti ed entrature, sta meglio dei re.  Ne fa fede quello che è appena avvenuto, dove nei giorni scorsi sembrerebbe essersi svolto un felpato regolamento di conti fra due grandi frequentatori di sacrestie, approfittando delle difficoltà del vertice scaligero.

SHOPPING TOSSICO - Sino ad alcuni anni fa, il Banco Popolare era, insieme alla ex Popolare di Bergamo (ora vacca da mungere per UBI Banca) , uno degli istituti più curiali, più solidi e soprattutto più liquidi dello stivale: a fronte di masse ingenti di depositi, non ha mai avuto politiche creditizie aggressive, preferendo avere riserve liquide rapidamente disponibili.  La reputazione di Verona ha portato (ed è stata aiutata) ad essere la banca presso cui l’Opus Dei teneva i propri conti correnti e la propria liquidità. I problemi di Banco Popolare (ben documentati  su Giornalettismo) nascono con la strategia di crescere prendendosi  carico di altre realtà bancarie forse altrettanto impegnate in pie opere di bene cristiane, ma  ben più precarie sul fronte patrimoniale: prima la Banca Popolare di Novara, vero e proprio buco nero ai tempi di Tangentopoli; successivamente, la Banca Popolare Italiana, ossia la famigerata Popolare di Lodi affondata dagli scandali su Fiorani e Fazio.  L’invidiabile solidità patrimoniale della popolare scaligera è stata messa al servizio di una strategia d’espansione che ha portato ottimi frutti nel breve periodo, ma che ha minato le basi di una banca non abituata a replicare il proprio modello sugli istituti acquisiti. Italease è stata la massima espressione di tale incapacità: una controllata che ha di fatto silurato il bilancio e una discreta fetta di reputazione della controllante. 

UNA VENTATA DI NOVITA’? - Il nuovo amministratore delegato, Pier Francesco Saviotti, è una vecchia conoscenza di un altro banchiere, molto cattolico, ricco di liquidi soprattutto altrui  e di cui può disporre grazie alla stima di certe curie: Giovanni Bazoli. Saviotti ha svolto la sua carriera nella vecchia Banca Commerciale Italiana, una volta ritenuto il migliore istituto bancario d’Italia, successivamente fuso nella Banca Intesa dove erano  già confluite la Banca Cattolica del Veneto, il Nuovo Banco Ambrosiano e la cattolicissima Cariplo. Dopo un paio d’anni quale responsabile dell’area crediti della ri-neonata Intesa, Saviotti era passato a Merrill Lynch. Dalla banca d’affari, il nostro è appena tornato nella galassia bazoliana per un motivo urgente: è stato nominato consigliere d’amministrazione di Carlo Tassara, con la prospettiva di esserne nominato presidente in tempi rapidi. Carlo Tassara SpA è la holding di Roman Zaleski, furbetto domestico personale di Giovanni Bazoli, attualmente in gravi difficoltà finanzarie.  Il finanziere polacco-bresciano, grazie anche al sostegno finanziario di Banca Intesa, ha sempre svolto una intensa attività sul mercato azionario; soprattutto, ha  accumulato negli anni quote strategiche in  banche e società industriali grandi clienti di Intesa, oltre al sei per cento circa della stessa Banca Intesa; dulcis in fundo, è il maggior azionista e vicepresidente di Mittel, holding bresciana che ha storicamente svolto la funzione di cassaforte per alcune partecipazioni strategiche e di cui Bazoli è tuttora presidente.

INSOLVENZA BAZOLIANA - La crisi di Borsa ha portato la finanziaria sull’orlo dell’insolvenza, ma tratttandosi di operazioni non propriamente ostili all’establishment, la Carlo Tassara è stata prontamente soccorsa dalle banche italiane, che hanno rimborsato gli istituti esteri creditori di Zaleski con i propri fondi; in questo modo è stato congelato ogni possibile sconquasso alla struttura proprietaria di parte della galassia bancaria nazionale. L’ingresso di Saviotti sembra essere stato un passo necessario per l’effettivo passaggio dle controllo dell’attività della Tassara SpA dalle mani di Zaleski a quelle di qualcuno più esplicitamente legato alle banche finanziatrici. Adesso, i talenti dell’ex D.G. di Comit sembrano invece essere necessari per il risanamento del nuovo malato della finanza “bianca”, ossia il Banco Popolare. Banca Intesa non sembra essere in questo momento in posizione favorevole per aprire il portafogli ed aiutare i colleghi veronesi, ma forse potrebbe non essere necessario, grazie alla rete di legami interni al mondo finanziario cattolico. Bazoli ha di fatto già messo UBI Banca sotto tutela, esautorandone il vertice bergamasco attraverso la selezione di un AD proveniente da Banca Intesa e dopo aver fatto loro salvare, pardon acquistare, la bresciana Banca Lombarda in cui la Mittel presieduta da Bazoli stesso, cattolico progressista bresciano, aveva peso e potere anche superiori alle partecipazioni azionarie. Chi conosce i rapporti fra bergamaschi e bresciani può immaginare quanto sia stato naturale ed apprezzato un tale connubio  quanto potere di persuasione debba aver avuto il banchiere, per convincere le gerarchie ecclesiastiche, vere proprietarie dell’istituto. Lo stesso schema, di influenza senza controllo formale, sembra delinearsi adesso per Banco Popolare, con la differenza che l’operazione per stabilizzare il Banco veronese rischia di essere decisamente più complessa.           

 Si tratta di un mio articolo per Giornalettismo

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