mercoledì, febbraio 11, 2009

La California va a cambiali

Lo stato della California comincerà a pagare stipendi e fornitori in cambiali, invece che in contanti. Il motivo è semplice: ha letteralmente finito i soldi e quindi, al posto del pagamento in contanti, tocca ricorrere a promesse di pagamento da incassarsi soltanto fra qualche mese. Stiamo parlando del maggiore Stato americano, che se fosse una nazione indipendente sarebbe l'ottava potenza economica mondiale.

La notizia è meno terribile di quanto possa sembrare a prima vista , ma rimane estremamente preoccupante. La ragione immediata della crisi è lo scontro in corso fra il governatore Arnold Schwarzenegger, repubblicano moderato, e il parlamento californiano, a maggioranza democratica di sinistra. Il congresso califroniano non vuole saperne di tagli alle spese, mentre il governatore non è favorevole ad un aumento generalizzato della tassazione, che sarebbe comunque molto difficile da realizzare, grazie alla particolare struttura della tassaizone, plasmata a colpi di referendum dalle periodiche rivolte fiscali di un elettorato stanco della famigerata autorefernzialità della classe politica californiana: molte imposte possono essere impiegate soltanto per coprire determinate voci di spesa e molte aliquote fiscali sono vincolate da formule prestabilite per referendum.

Il confronto è simile a quello che durante la Presidenza Clinton obbligò, di fatto, molti dipartimenti del Governo Federale a chiudere bottega per settimane (senza che i cittadini sentissero particolarmente la mancanza di molti dei burocrati in questione). La differenza sostanziale sta nel momento congiunturale.
La chiusura del governo federale avvenne per una diatriba riguardo ai programmi di espansione dello stato assistenziale che Clinton cercava d'imporre al Congresso ed ai tagli alla spesa pubblica ed alla burocrazia statale che il Congresso della "Rivoluzione Repubblicana" sveva in programma ed il presidente invece rifiutava di avallare; l'economia era allora ragionevolmente stabile ed il deficit pubblico sotto controllo ed in procinto di divenire, per un breve periodo, un surplus. La macchina statale californiana rischia invece di bloccarsi fra breve anche se il contrasto istituzionale vneisse risolto imemdiatamente: la recessione ha svuotato le casse statali, già provate da un decennio di finanza allegra durante il predominio dell'ala sinistra del Partito Democratico (coadiuvato dai pochi repubblicani arrivati al potere); i problemi sottostanti, già presenti ed ingigantiti dalla crisi economica, sono adesso enormi e il deficit dei conti pubblici veleggia verso una previsione di 42 miliardi di dollari.
Anche l'agenzia di rating Standard & Poor's si è accorta della gravità della situazione e ha ben pensato di tagliare il merito di credito del governo di Sacramento al livello più basso fra i 50 Stati dell'Unione, un "rating" simile a quello della scalcagnata Repubblica Italiana.

In Italia la soluzione del confronto istituzionale sarebbe molto semplice: il governo si limiterebbe a pagare lo stipendio ai ministeriali, fare qualche riverenza a sindacalisti ed agli amici degli amici; per tutti gli altri fornitori e creditori, inclusi i contribuenti, seguirebbe la prassi da sempre seguita dai gloriosi tempi delle strette di Ciampi: si imita il Marchese del Grillo nel suo immortale "non ti pago" , lasciando le fatture insolute per mesi, se non per anni. Negli USA, invece, dove l'arroganza del potere è per il momento più limitata e la giustizia non del tutto morta, tocca inventarsi i pagherò di Stato.


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