venerdì, maggio 08, 2009

Negli USA come in Italia, attenzione ai finti imprenditori

Il corporativismo è sempre in agguato.
La Camera di commercio USA non ha mai assegnato un premio a Ron Paul, il più duro difensore della libertà d'impresa in America. In cambio, lo ha fatto con Hillary Clinton ed Obama , che cercano da sempre di asservirli al potere. Non si tratta, per un italiano, di una gran sorpresa: gli industriali che si dilettano a far politica all'interno della Confindustria sono troppo spesso, anche se per fortuna non sempre, il tipo di padrone che ha ben poco dell'imprenditore, ma che invece si riconosce volentieri nel modello "corporativo" d'epoca fascista o sovietica, nel ruolo di subappaltatore dei voleri del governo, un ruolo in voga anche negli stati premoderni.
In un sistema capitalista, chi rischia rischia in proprio, tenendosi le ricompense della propria creatività o i dividendi del proprio capitale di rischio, ma sopportando le perdite in prima persona, in caso di fallimento.
Qui invece abbondano capi-azienda e "proprietari" che si connotano come affaristi, aristocratici mancati che in realtà campano volentieri delle briciole lanciate dalla tavola di un onnipotente Principe, pur di non dover nulla rischiare. Sempre meglio che lavorare, si direbbe.

Sarebbe ora che in Italia e negli USA i partiti di centrodestra riscoprissero questa differenza, una volta estremamente chiara nella mente dei liberali, capaci di scagliarsi contro le élites intente alla rendita per difendere i produttori, i veri imprenditori ed i veri capitalisti.

Hat tip: NetRightNation

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