lunedì, novembre 09, 2009

9 Novembre 2009: quello che abbiamo dimenticato

Il 9 Novembre 1989, qualcosa di meraviglioso è accaduto. In un momento sublime, le menzogne di cinquant'anni sono state travolte da un fiume in piena che fuggiva dal "paradiso dei lavoratori". Persino i comunisti più coriacei dovevano ammettere che qualcosa doveva essere successo; persino i "socialisti democratici", critici verso l'URSS, ma non verso l'economia di piano e la repressione che ne deriva, dovettero riflettere sulle contraddizioni del proprio credo. Ogni critica al socialismo era stata confermata, ogni confutazione si era realizzata; il fallimento del collettivismo, sia nella sua accezione sovietica che in quella socialdemocratica era palese ed evidente. Persino coloro che si chiamavano "comunisti" un anno dopo il crollo del muro discettavano di "rivoluzione liberale", senza ovviamente comprendere la natura dell'ossimoro che propugnavano. Per un attimo, è sembrato che finalmente il mondo si potesse liberare dell'allucinazione totalitaria e delle sue versioni fintamente "leggere", tanto diffuse in Occidente. Sembrava che avessimo imparato, che avessimo compreso il fondamento della lezione liberale e democratica: la libertà è superiore alla schiavitù e non si può imporre la libertà schiacciando gli individui che dovrebbero goderne, in nessun campo: interferire quando non vi è violenza dell'uomo sull'uomo porta, prima o poi, alla miseria ed alla tirannide, non importa quanto buone siano le intenzioni di coloro che intervengono.In questi vent'anni come nei tre secoli precedenti, appena la libertà si è fatta strada centinaia di milioni di persone hanno avuto l'opportunità di uscire dalla povertà e dalla servitù e l'hanno colta.

A vent'anni dalla caduta del Muro, la memoria si è affievolita. Il ricordo, fresco e penetrante, degli orrori del comunismo e, soprattutto, della miserie del "socialismo democratico" europeo stanno svanendo; le masse, spaventate, dimenticano il ruolo fondamentale dell'ordine liberale tornano all'atavismo collettivista, alla regressione verso il branco. La grande, immensa colpa dei liberali è quella di avere avuto fiducia nei propri simili, credendo che conversione di molti collettivisti fosse sostanziale, mentreabbimao avuto una semplice modifica formale delle parole d'ordine. Ci siamo seduti sugli allori, invece di ricordare a tutti quanto il regime nel quale viviamo non fosse totalitario, ma fosse ancora ampiamente improntato al collettivismo dirigista. Abbiamo lasciato che la sinistra accusasse di ogni nefandezza il "libero mercato", lasciando che prendessero ad esempio pratiche nelle quali era proprio l'assenza di libertà a creare i maggiori problemi; abbiamo lasciato che accusassero la libertà di aver creato la crisi finanziaria,che ha invece le proprie radici nel settore bancario tradizionale, quello che magari non parla inglese, ma che sicuramente non assomiglia per nulla ad un libero mercato, visto che prezzi e quantità della materia prima vengono decisi da un'autorità statale e che ilnumero ede ili comportamento dei partecipanti è minuziosamente regolato da burocrazie e politici. Non dobbiamo stupirci che in occidente il "libero mercato" venga criticato tanto aspramente: l'opinione pubblica ascolta ancora le sirene collettiviste,con le quali si sente a proprio agio ed inveisce verso un "liberismo" inventato, che funge soltanto da capro espiatorio per gli errori statali.
Dopo vent'anni, sembra chiaro che i liberali non possono accontentarsi di avere ragione, perché i socialisti hanno dalla loro un'arma potentissima: la paura , l'appello agli istinti più atavici e primitivi nascosti nell'inconscio umano. La bestia è collettivista e noi abbiamo commesso un gravissimo errore a dimenticarcelo. che invece derivano dalla sopravvivenza delle idee collettiviste e dirigiste. Siamo stati troppo compiacenti ed abbiamo dimenticato quanto radicate nei nostri istinti siano le tentazioni di nascondersi nel branco, di seguire la folla, nell'accettare la coercizione; tutti comportamenti ormai deleteri sia per il nostro benessere che per la nostra libertà, quando applicati ad una società estesa e non al proprio ristretto clan; comportamenti istintivi, d'altro canto, contro i quali avremmo dovuto, ogni singolo giorno, far valere la voce della ragione e della libertà, smascherando i finti filantropi e ricordando come esista, sempre, per ogni destinazione, un cammino diverso da quello della coercizione: non esiste soltanto la via della servitù , ma anche il cammino della llibertà. se vogliamo evitare il ritorno alla barbarie socialista, dobbiamo ricominciare a lottare, a reclamare indietro ogni centimetro, a contestare e confutare ogni menzogna, dobbiamo rifiutarci di scimmiottare le politiche di governo tipiche dei collettivisti . Dobbiamo cominciare dando il buon esempio: soprattutto a destra,dobbiamo liberarci della fascinazione per i facili metodi statalisti, colbertisti o corporativi che siano; altrimenti non importerà quanto buone siano le nostre intenzioni: staremo soltanto spanando la strada al ritorno della tirannide.

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