domenica, luglio 25, 2010

Perché Wal-Mart merita il Nobel

- In Bangladesh la condizione femminile migliora grazie al tanto vituperato “sfruttamento capitalista delle multinazionali”. E non è l’unico luogo comune di una certa visione anticapitalista che viene smentito.

Lungi dall’essere un motore di sfruttamento, è noto che le multinazionali tendono a pagare meglio delle aziende locali, a trasferire più competenze e a trattare la forza lavoro in maniera più umana. In Bangladesh, ad esempio, sono un vero e proprio motore di alfabetizzazione e miglioramento della condizione femminile: lo sviluppo dell’industria tessile sta fornendo alle donne in questa nazione musulmana una fonte di reddito indipendente, aiutandone l’emancipazione.

Si sta inoltre smentendo un altro dei luoghi comuni del pauperismo socialista, ossia che l’industrializzazione avverrebbe a scapito della scolarizzazione: nei villaggi dove prospera l’industria tessile le percentuali di scolarizzazione femminile aumentano di molto, nonostante un parziale calo fra le ragazze fra i 16 ed i 19 anni d’età, secondo gli studi di Ahmed Mushfiq Mobarak, accademico di Yale che sta conducendo un rigoroso studio empirico sull’argomento. I motivi non sono del tutto chiari, ma almeno due fattori certamente lo sono. In primo luogo, la maggiore disponibilità di reddito permette alle famiglie di mandare a scuola anche le figlie, di solito svantaggiate rispetto ai maschi; soprattutto, però, conta il vantaggio economico immediato: una operaia scolarizzata viene valorizzata e pagata di più e quindi esiste un forte incentivo finanziario.

Tabella_Walmart

Il terzo luogo comune che viene smentito è quello della necessità di un forte intervento governativo per “correggere” le storture dello sviluppo industriale. L’aumento della scolarizzazione non è merito di sforzi particolari del governo bengalese, ma dell’abilità di individui e famiglie di cogliere le opportunità offerte dallo sviluppo e dal capitalismo: sono i privati, e non lo stato, a promuovere lo sviluppo economico e sociale. Si tratta dell’ennesima dimostrazione del paradosso per cui il bene pubblico viene servito meglio dalla privata “avidità” che dall’interferenza di burocrati con le migliori intenzioni: Wal-Mart e gli altri grandi magazzini che sono i grandi promotori nella globalizzazione del settore tessile stanno dando un contributo involontario ma essenziale allo sviluppo bengalese, un contributo molto più efficiente di quello fornito da decenni di aiuti allo sviluppo della cooperazione internazionale, basato su metodi e sistemi pianificati e gestiti con metodi collettivisti.

E’ articolo di fede tra i media e le caste intellettuali occidentali che il capitalismo sia la fonte di tutti i mali e soprattutto di un aumento dello sfruttamento delle masse lavoratrici, rispetto ai “tempi felici” dell’era preindustriale; unica salvezza per i ceti disagiati sarebbero sempre stati i governi di tendenza collettivista, fossero socialisti o conservatori di stampo paternalistico. Questo approccio è divenuto moneta corrente grazie all’istruzione di stato, amministrata dalle stesse burocrazie che ne vengono esaltate, ed ha alterato la percezione della realtà storica da parte di intere generazioni. La storia economica offre innumerevoli esempi della fallacia di tale approccio; l’esperienza ed i dati in nostro possesso dimostrano ad esempio che, per quanto brutali fossero le condizioni degli operai nell’Inghilterra industriale, esse erano preferibili a quelle delle campagne nei decenni precedenti.

Sino ad ora è stato possibile appigliarsi agli argomenti anticapitalisti sostenendo la limitatezza degli studi storici e dei dati disponibili e la validità della vulgata tradizionale, ma ora studi come quello in Bangladesh forniscono evidenze difficili da confutare. L’impetuoso sviluppo industriale dei paesi emergenti permette, in un certo senso, una “replica della storia” in un contesto dove abbiamo risorse ed opportunità per effettuare studi rigorosi. I risultati, sinora, ribadiscono le potenzialità di un sistema di mercato e l’effetto positivo del capitalismo sulla libertà ed il progresso civile, oltre che economico. Rimane il difficile compito di rompere il muro di gomma dei pregiudizi e dei luoghi comuni.

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hat tip: Carpe Diem

lunedì, luglio 12, 2010

Somma zero o negativa

Concordo con JimMomo: sostituire Fini con Casini sarebbe peggio che A somma zero, sarebbe una perdita secca.
Ricordiamoci chi è Casini e di quanto è peggiore del resto della masnada di ex sinistri e centristri imbarcati nel PdL. I Cicchitto, i Bondi e i Bonaiuti sono dannosi loro malgrado, i Verdini sono problematici per il sospetto di abitudini socialiste quali il furto con destrezza; Gianfranco Fini, dal canto suo, sembra soffrire d'essere il secondo e non il delfino, ma vediamo ben poche discrepanze d'ordine ideologico che non siano tattiche: temiamo che le idee siano al servizio dell'ambizione e non viceversa.
Non crediamo che Berlusconi abbia bisogno di un politico che l'ha tradito con gusto, dopo averne pervertito il programma ed averne bloccato la direzione nell'azione di governo, quando ancora ne aveva una. Pierferdinando Casini e l'UdC assommano i difetti di Fini, dei colonnelli berlusconiani più ottusi e sospettabili di cleptocrazia ed un'abitudine al tradimento degna del Bossi annata 1994.

domenica, luglio 11, 2010

La vacanza obamiana

L'ex-Presidente G.W.Bush è stato a lungo preso in giro e criticato per le sue lunghe vacanze. Barack OBama viene osannato, anche se si comporta allo stesso modo: il presidente sta organizzando la terza vacanza dall'inizio dell'emergenza nel Golfo del Messico, dopo aver promesso di "non riposarsi" sino a quando il problema non sarebbe stato risolto. Attendiamo fiduciosi le feroci satire dei media cosiddetti progressisti.

Hat tip Gateway Pundit

giovedì, luglio 08, 2010

Baltic Dry contro Maersk

Il Baltic Dry index è l’indice dell’andamento dei noli, ossia dei prezzi pagati per il trasporto delle merci via mare. E’  storicamente un ottimo indicatore stato uno dei segnali premonitori del grande crollo e,  soprattutto, un indicatore sintetico molto efficace dell’andamento del commercio internazionale: una diminuzione delle esportazioni dall’Asia si riflette immediatamente sulle quotazioni dei prezzi per il trasporto merci. In questo periodo, l’indice ha smesso di correre insieme a quelli di Borsa, ma ha cominciato un ripido calo.  D’altro canto,  oggi il colosso dei trasporti marittimi Maersk ha migliorato le proprie previsioni per il 2010, così come...
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USA: chi è il razzista, il Michigan o l'Arizona?

Lo stato dell'Arizona ha reso l' immigrazione clandestina un reato penale e non più un illecito amministrativo, scatenando le ire dell'amministrazione Obama per quello che viene definito un atto di razzismo. Saremmo cuiriosi di sapere cosa ne pensa suddetta amministrazione riguardo alla brillante idea che ha auto il distratto scolastico di Canton: discriminare le assunzioni degli insegnanti in base alla razza, in modo da garantire una sorta di apartheid a rovescio. Un segnale fantastico da dare, all'interno di una scuola: i vostri insegnanti non vengono selezionati in base al merito, ma in base al colore della loro pelle; fatelo anche voi, in futuro, possibilmente sfruttando le ingiustizie subite alcune generazioni fa, e potrete anche voi sperar ein un trattamento di favore. Alla faccia della democrazia, della promozione del merito e della diversità.
Da notare che non si cerca di aiutare i poveri, o le minoranze in generale: come per altri programmi appoggiati dalla sinistra USA, si vogliono favorire le minoranze preferite, lasciando ai margini i bianchi poveri e quelle minoranze che non vengono percepite come poco aperte alle sirene assistenziali, quali ad esempio gli asiatici, colpevoli di lavorare duro, studiare e cercare d'integrarsi. Al confronto, la legge dell'Arizona sembra decisamente meno razzista: non fa alcun riferimento al colore della pelle, ma si limita a consentire agli agenti di polizia nello stato di chiedere i documenti a chi viene fermato.
I democratici americani sono semplicemente razzisti alla rovescia: vengono identificate alcune minoranze per le quali devono essere garantite delle quote, in base alla lealtà politica od alla mitologia che vorrebbero spacciarci come realtà. Sono passati purtroppo i bei tempi in cui i "progressisti" americani ascoltavano Martin Luther King, che predicava la "cecità al colore" e disprezzava i programmi di aiuti basati sul colore della pelle.  Adesso, esigono un privilegio basato sul colore della pelle, esattamente come i segregazionisti che Martin Luther King combatteva

mercoledì, luglio 07, 2010

Ancora meglio del Tea Party?

Perché la politica deve essere noiosa? A sinistra si abusa delle sagre di paese e dei concerti per propagandare un'allucinazione collettiva.
E' ora di controbattere, senza scendere al livello dei collettivisti. I Tea Party sono un inizio interessante, ma si potrebbe prendere ulteriore spunto dagli USA, dove viene organizzato da ormai 8 anni organizzato il party ATF: Alcool, Tabacco, & armi da fuoco, un deliberato sberleffo all'agenzia americana che vorrebbe regolamentar e se possibile estirpare tutte e tre le cose, senza preoccuparsi di cosa ne pensino i comuni mortali.
Facciamo incavolare gli adoratori dello stato-mamma assistenziale: la libertà è anche divertirsi in un poligono con alcool, carabine e stecche di Marlboro, per poi passare ad un ottimo pranzo e poi parlare di politica. Per una importazione italiana, bisognerebbe forse sostituire le armi da fuoco con qualcos'altro; dato l'enorme numero di divieti imposti dalla nostra casta politica a quello che essi ritengono il popolo bue, abbiamo soltanto l'imbarazzo della scelta.

L'assemblea degli sfrattati

Ottima definizione di un ipotetico terzo polo , data da Davide Giacalone

Più che un movimento politico, quello dei terzi, sembra un’assemblea degli sfrattati. Rutelli è stato eletto sindaco dalla sinistra, è stato candidato della sinistra contrapposto a Berlusconi, ha cofondato il partito della sinistra, ma, ad un certo punto, s’è scoperto una vocazione da terzo incomodo. Dice che, per soddisfarla, ha rinunciato alla poltrona. Non è che, per la precisione, sia stata l’assenza della medesima ad avergli solleticato lo spirito critico? Lo stesso Fini ha tutte le ragioni quando sostiene il diritto al dissenso e al mettere a confronto idee politiche diverse. Solo che, se entrasse in una macchina del tempo e potesse incontrare il sé stesso nel corso degli anni, potrebbe utilmente dibattere con sé medesimo, accusandosi da sé solo di estremismi contrapposti: dal duce (minuscolo, proto, minuscolissimo) più grande statista del secolo a male assoluto, dai maestri che non siano froci ai diritti degli omosessuali, dall’Europa nazione e la legge sull’immigrazione al venite, integriamoci e votate. Posto che, senza l’entusiasmo del neofita, tendo a condividere gli approdi e detestare le sponde da cui salpò, prima di aprire il dibattito si deve fare come per i vini: stabilire l’annata di riferimento.

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