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lunedì, febbraio 09, 2009

IT Holding alla bancarotta: produce per Ferré, Malo , Versace

La crisi fa la prima vittima quasi eccellente nel mondo della moda italiano . Itierre SpA , società operativa del gruppo IT Holding è stata posta in amministrazione controllata dalla propria capogruppo, IT Holding, quotata in Borsa a Milano.
Si tratta dell'ultimo capitolo per la società di Tonino Perna, che è proprietaria del marchio Ferré e produce anche per una serie di altri stilisti.

La profittabilità del gruppo è relativamente debole, con un profilo finanziario estremamente aggressivo e caratterizzato da elevato indebitamento, tanto che i bond della società erano stati declassati sino ad un rating di "C", anticamera del fallimento. Le obbligazioni della società quotavano venerdì intorno al 15 per cento del valore facciale, indicando la gravità della crisi.

Adesso Itierre entrerà nelle procedure della legge Marzano (la stessa impiegata per Parmalat) , seguita quasi certamente dalla capogruppo entro alcuni giorni.

(ANSA) - MILANO, 9 FEB - It Holding, societa' della moda quotata a Piazza
Affari, si arrende e dopo una lunga trattativa per uscire dalle difficolta' finanziarie con l'aiuto di un nuovoalleato, decide di chiedere l'ammissione all'amministrazione straordinaria per la controllata Ittierre. E' quanto annuncia lasocieta' in una nota. La decisione comportera' l'accelerazione del rimborso delle obbligazioni It Holding in scadenza nel 2012 e la stessa ItHolding ipotizza che il commissario di nomina ministeriale possa coinvolgere la capogruppo nelle procedure di amministrazione straordinaria. Il consiglio della societa' di Tonino Perna ha anche deliberato di richiedere a Borsa Italiana la esclusione delle azioni It Holding dal segmento Star.(ANSA).

lunedì, gennaio 05, 2009

Dolenti cose di casa

Brutte notizie per gli amanti dello stile Martha Stewart, classico borderline sul kitsch: Waterford Wedgwood, lo storico produttore di porcellane e altri articoli in vetro e porcellane, è ufficialmente in bancarotta. La sorpresa non è enorme: la società è nei guai da anni e arriva da cinque anni di perdite nonostante il boom nei mercato dei casalinghi di lusso, quindi la sua sopravvivenza in un periodo di crisi era tutt'altro che assicurata.
I precedenti proprietari avevano già investito 400 milioni per tentare di risollevarla, senza successo e d al momento non hanno grandi possibilità di insistere: l'azienda è di proprietà di Landsbanki, una delel banche islandesi fallite, e di Baugur, colosso del reailing inglese di origine islandese. Quando si dice la fortuna.

domenica, giugno 03, 2007

In Cina, finalmente, si può fallire. In Italia, si continua a preferire la mummificazione

Esiste almeno una nazione dove la possibilità di dichiarare fallimento è una gradita novità da un paio di giorni: la Repubblica Popolare Cinese.
Nella tradizione cinese, i debiti passavano di padre in figlio, senza possibilità di negoziazione. Sotto il regime maoista, vengono solitamente ignorati o risolti con una pallottola nella nuca del burocrate che li ha "permessi".

il capitalismo senza la bancarotta, sosteneva l'imprenditore Frank Borman, è come il Cristianesimo senza l'Inferno. Il fallimento è la sanzione definitiva della chiusura di un'avventura imprenditoriale, che permette di azzerare una gestione sballata e salvare il salvabile dell'azienda.

Noi italiani dovremmo saperne qualcosa: l'ossessione per la "macchia" fallimentare ha permesso anche troppo spesso la sopravvivenza di mostri aziendali ai quali lo Stato, e quindi i contribuenti di ogni reddito, hanno sacrificato miliardi di euro. I Cinesi hanno forse iniziato a comprendere: di quante Alitalia, di quante EFIM, di quante Cirio e Parmalat avremo bisogno nel Belpaese, prima di capire che a volte è meglio un taglio netto e ricominciare, anzichè ingessare tutto, imbalsamando e mummificando?
clipped from www.economist.com

THERE is a good chance that on June 1st, shortly after The Economist goes to press, at least one Chinese company will declare bankruptcy, or have bankruptcy thrust upon it. In most economies such an announcement would be cause for alarm. In China it is something of a triumph. After over a decade of contentious debate, China has finally enacted a law that allows worthless private companies to die.

Capitalism without bankruptcy is like Christianity without hell, observed Frank Borman, who watched the American airline he had once run go deservedly bust in the 1980s. Liquidations are not as nasty as they sound: assets that would otherwise be locked up in endless disputes can be recycled and put back to work. They can also reveal lies: because many Chinese companies are functionally dead but legally alive, their debts remain as receivables on the balance sheets of other Chinese companies, creating an accounting nightmare.


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