Se Marchionne e gli Agnelli vendono, siamo sicuri che sia il momento giusto per comprare?
Si sta finalmente delineando il piano Fiat - e include, di fatto, l’inizio dell’uscita del settore auto , tramite uno spin-off della divisione auto che nascerebbe dalla fusione tra Fiat e General Motors Europe. Al di là dei termini tecnici e della nebbia mediatica, il significato è chiaro: la FIAT e la famiglia Agnelli vogliono tenersi il 100% dei gioielli di famiglia e scaricare sul mercato la parte malata, ossia il settore auto.
La sempre servizievole stampa italiana sostiene che lo spin-off avvenga soltanto per unirsi con General Motors Europe, ma per la dinastia industriale di Torino serve ben altro obbiettivo: la famiglia non ha nessuna intenzione d’investire un euro nel settore auto e la nascita del “colosso” darebbe loro una elegante via d’uscita ad una situazione che cominciava ad apparire senza speranza. L’analisi dell’ AD di Fiat sul settore auto è assolutamente ragionevole: nel mondo non vi è spazio per produttori sotto una certa soglia dimensionale, che FIAT al momento non possiede; va quindi fusa o venduta per garantirne la sopravvivenza, data la mancanza di risorse per acquisizioni e il trend del settore. E’ grazie all’abilità di Marchionne ed all’abile sfruttamento del momento di panico fra i politici che il gruppo si è trasformato da cacciatore a preda. Negli ultimi anni, l’obiettivo prioritario era quello di risanare Fiat Auto quanto bastava per disfarsene, vendendola ad un concorrente o entrando in una joint-venture; il mercato in salita garantiva la presenza di compratori di un’azienda anche solo marginalmente profittevole. Marchionne, preparando l’azienda per l’aggregazione o la vendita, è stato estremamente abile nel risanamento, senza modificare l’obiettivo finale, tenuto sempre quanto più possibile in sordina: rinnovando la gamma e semplificando la struttura manageriale ha ottenuto risultati economici e gestionali ben al di sopra delle aspettative. La crisi ha però sparigliato le carte e fatto piombare il settore auto nella crisi più nera, facendo scomparire i potenziali acquirenti e moltiplicando marchi e impianti in vendita.
IL CONIGLIO DAL CILINDRO - Un dirigente meno audace e con meno faccia tosta avrebbe rinunciato e si sarebbe accontentato di succhiare alla tetta degli aiuti di Stato in attesa di tempi migliori; Marchionne ha estratto il coniglio dal cilindro: diventare compratore di aziende decotte, ma possibili percettrici di aiuti pubblici. In questa maniera la scala produttiva e la ristrutturazione vengono pagate dai governi, solitamente disponibili a pagare profumatamente pur di evitare l’imbarazzo politico della perdita di occupazione in un settore prestigioso quale l’automobile. A spese della politica e dei creditori, si crea un nuovo gruppo che sarebbe “troppo grande per fallire” e godrebbe quindi di una garanzia implicita di breve termine a spese dei contribuenti europei ed italiani, lasciando a Marchionne il tempo per inseguire il suo sogno. Fra un paio d’anni, si vedrà se i frutti dello scippo ai danni di creditori e contribuenti sarà stato investito saggiamente o avrà generato il primo carrozzone di Stato in salsa multilaterale, ma gli Agnelli non hanno intenzione di aspettare tanto: anche in assenza di un compratore, la quota sarebbe comunque diluita e più facilmente alienabile tramite derivati, soprattutto se l’ondata di entusiasmo mediatico permettesse di quotare in Borsa proprio il pezzo di gran lunga più problematico del gruppo Fiat, tenendosi in pancia e sotto controllo altre attività, come i camion di Iveco e le macchine agricole di CNH, al momento meno brillanti, ma dalla redditività più solida nel lungo periodo. In questo modo, la holding della famiglia Agnelli non dovrebbe investire capitali freschi nel gruppo, capitali che verrebbero forniti dai piccoli risparmiatori.
CAVEAT EMPTOR - A chi volesse acquistare, pensando che il gruppo FIAT voglia fare un favore agli investitori dopo questo rimbalzo del gruppo, consiglio di riflettere sulla storia della smania di quotazione dei gruppi di Private Equity: fedeli alla propria reputazione di abili investitori, si sono venduti sul mercato al picco della bolla . FIAT SpA e Exor sembrano scommesse migliori, perché più allineate agli interessi degli azionisti di comando, almeno per il momento.
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