Il lato positivo del piano Obama per General Motors è che è pronto a lasciar fare al mercato quello che avrebbe fatto anni fa, se non fosse stato per la diffusa tendenza a intralciarne il funzionamento: farla incamminare verso l'amministrazione controllata e la ristrutturazione, come sarebbe dovuto accadere anni fa. Se questo non è accaduto non è certo per colpa del "capitalismo selvaggio", ma soprattutto grazie all'eredità di decenni di blocco della concorrenza, incoraggiato e sanzionato dal governo.
Da un lato, abbiamo avuto l'oligopolio collusivo del cartello dei produttori di auto, indebolitosi soltanto negli ultimi anni; dall'altro, abbiamo soprattutto il monopolio sindacale, cresciuto prima in simbiosi e poi in relazione parassitaria con il governo e con la grande industria, di cui ha condiviso le spoglie e le pratiche anticoncorrenziali, sino a spezzarne la fibra.
Giova sempre ricordare che il settore automobilistico è in crisi principalmente perché produce macchine che non si vendono, ma che tale crisi viene ingigantita enormemente dal fatto che buona parte dell'enorme debito di General Motors e Ford è stato acceso per finanziare le obbligazioni di carattere assistenziale a cui sono state obbligate dai contratti firmati con i sindacati, dietro "moral suasion" del governo: le due case automobilistiche si sono indebitate per decine di miliardi, che hanno versato in fondi pensione e sanitari gestiti direttamente dal sindacato.
Capitalismo selvaggio, davvero: esattamente come quello che ha dovuto sopportare FIAT, che infatti sta per valorizzare le proprie qualità nell'alleanza con Chrysler : nell'appropriazione di fondi pubblici non li batte nessuno.
Hat tip: Seeking Alpha
martedì, marzo 31, 2009
Libero mercato e monopoli: il caso di Fiat e General Motors
Posted by J.C. Falkenberg at 10:23 AM
Labels: Chrysler , Fiat , General Motors
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