Previti potrebbe essere innocente. Potrebbe avere ragione e diritto al proprio seggio. Potrebbe essere un perseguitato politico a cui viene tolta l'immunità parlamentare. Quello che non può essere, per colpa di questa legge elettorale, è un martire riportato in Parlamento a furor di popolo.
Stavolta devo dissentire dal Pensatore, secondo cui Previti dovrebbe accettare la decisione della propria rimozione dal Parlamento per ragioni di opportunità e non perché abbia torto nella sostanza: infatti il popolo lo avrebbe votato e, quindi, la sua decadenza da parlamentare sarebbe implicitamente antidemocratica.
si tratta di una posizione che purtroppo mi sembra non solo vagamente illiberale, ma anche non particolarmente democratica.
Da un punto di vista liberale, il fatto che la legge elettorale sia una porcata o che non sia democratica non inficia il risultato, purché riduca lo spazio per l'esercizio di un potere dispotico da parte del governo o di altre branche dello stato.
Tuttavia, per un liberale le forme istituzionali sono estremamente rilevanti: Previti, quindi, dovrebbe lottare fino alla fine, se fosse convinto di essere dalla parte della ragione, ma dovrebbe accettare il risultato finale, se ottenuto dopo "regolare processo".
Da un punto di vista del puro principio democratico, poi, l'attuale legge elettorale non consente certo di affermare che un certo numero di elettori desiderasse avere Previti fra i propri rappresentanti: la presentazione di liste bloccate impedisce di comprendere quanto un deputato sia tale per volontà popolare e quanto per volontà dell'apparato di partito. Verrebbe quindi a mancare la mistica approvazione da parte della "volontà generale" (per chi se lo chiedesse, da bravo liberale sono un estimatore del "governo misto" e sono vagamente scettico del valore assoluto del principio democratico, come di ogni altro principio totalizzante e totalitario) ed a che titolo, quindi, un singolo parlamentare, diverso dal capo della coalizione, potrebbe farsene scudo?
Stavolta devo dissentire dal Pensatore, secondo cui Previti dovrebbe accettare la decisione della propria rimozione dal Parlamento per ragioni di opportunità e non perché abbia torto nella sostanza: infatti il popolo lo avrebbe votato e, quindi, la sua decadenza da parlamentare sarebbe implicitamente antidemocratica.
si tratta di una posizione che purtroppo mi sembra non solo vagamente illiberale, ma anche non particolarmente democratica.
Da un punto di vista liberale, il fatto che la legge elettorale sia una porcata o che non sia democratica non inficia il risultato, purché riduca lo spazio per l'esercizio di un potere dispotico da parte del governo o di altre branche dello stato.
Tuttavia, per un liberale le forme istituzionali sono estremamente rilevanti: Previti, quindi, dovrebbe lottare fino alla fine, se fosse convinto di essere dalla parte della ragione, ma dovrebbe accettare il risultato finale, se ottenuto dopo "regolare processo".
Da un punto di vista del puro principio democratico, poi, l'attuale legge elettorale non consente certo di affermare che un certo numero di elettori desiderasse avere Previti fra i propri rappresentanti: la presentazione di liste bloccate impedisce di comprendere quanto un deputato sia tale per volontà popolare e quanto per volontà dell'apparato di partito. Verrebbe quindi a mancare la mistica approvazione da parte della "volontà generale" (per chi se lo chiedesse, da bravo liberale sono un estimatore del "governo misto" e sono vagamente scettico del valore assoluto del principio democratico, come di ogni altro principio totalizzante e totalitario) ed a che titolo, quindi, un singolo parlamentare, diverso dal capo della coalizione, potrebbe farsene scudo?
tag: Politica, Italia, Previti