mercoledì, gennaio 27, 2010

This time is different: otto secoli di follie finanziarie

This Time is Different è il titolo dell'ultima fatica di Kenneth Rogoff e Carmen Reinhardt. E' un libro essenziale per chiunque voglia mettere in prospettiva la crisi attuale. Si tratta di un lavoro empirico, molto asciutto nella prosa, senza voli pindarici o fughe in avanti nell'interpretazione, ma molto denso di dati e sintetico nella descrizione degli eventi. Copre in maniera dettagliata tre secoli di crisi finanziarie e fornisce una base quantitativa per episodi che si spingono fino al quattordicesimo secolo. Non indulge in valutazioni di merito od ideologiche dei fatti, anche se ovviamente analizza compiutamente le correlazioni fra i dati e gli eventi, alla ricerca delle regolarità che possono permetterci di identificare i sintomi di una crisi impellente.

Se la storia economica fosse insegnata meglio nelle facoltà di economia avremmo forse meno illusioni volontaristiche sulla nostra possibilità di controllare perfettamente gli eventi; sono queste illusioni che ci regalano non soltanto bolle, e crisi, ma soprattutto vedremmo in maniera più razionale la vera bolla: l'illusione del socialismo e dell'economia resa perfetta dalla pianificazione dall'alto, un'illusione alla base delle "soluzioni" che seminano i germi di ulteriori crisi. Il titolo stesso del libro è un avvertimento contro il perfettismo costruzionista; si tratta infatti della citazione di un vecchio proverbio di Wall Street: "Vi sono quattro parole che hanno fatto più danni ai mercati di quanti ne faccia una guerra. Queste parole sono: questa volta è diverso"

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martedì, gennaio 26, 2010

S&P rivede al ribasso l’outlook sul merito di credito del Giappone

Ancora brutte notizie sul fronte del debito pubblico mondiale: l’agenzia di rating S&P ha rivisto a negativo l’Outlook del Giappone, anche se al momento rimane AA. La motivazione è data dalle riduzione della flessibilità fiscale del gigante asiatico , causata dai trend demografici e dal rifiuto di ristrutturare l’economia

Il Giappone è stato un esempio della futilità d’impiego di tecniche pseudo-keynesiane in presenza di una crisi finanziaria: i pacchetti di stimolo hanno generato enormi deficit ed un debito pubblico esploso ben oltre il 200% , ma non hanno portato ad una ripresa duratura. Le banche sono sempre state aiutate, ma non sono mai state costrette alla drastica ristrutturazione che avrebbe permesso loro di ripartire con bilanci ripuliti, anche se a costo di perdite per i creditori; l’economia è ancora divisa fra un settore dedicato all’export caratterizzato da una elevata efficienza ed un settore interno protetto, sussidiato e inefficiente. Si tratta di una scelta tutta poiltica, che ha minimizzato i costi nel breve periodo, ma ha condannato il Giappone ad un lento declino, di cui stiamo soltanto ora vedendo i risultati.

Il deterioramento rischia adeso di accelerare, a causa del venir meno dell’imponente risparmio interno, che aveva permesso di finanziare a costi bassissimi i deficit statali: per la prima volta, i fondi pensione giapponesi sono diventati venditori netti di titoli di stato, per far fronte alle necessità del numero sempre crescente di pensionati. Il tempo sta per scadere.


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Quanto contagiosa è la Grecia?

Poco, secondo alcuni analisti. Il successo nel collocamento di un nuovo titolo di stato, dovrebbe rafforzare l’ottimismo, almeno a sentire i giornali. Siamo sicuri?

Ieri è avvenuto il collocamento del nuovo bond quinquennale della repubblica ellenica, con una domanda di quattro volte superiore all’offerta iniziale. La stampa si è affrettata a definire l’operazione come un successo e a suggerire l’allontanamento di una incipiente crisi di bilancio. E’ invece possibile che ci troviamo soltanto alla fine dell’inizio.

Innanzitutto, vale ricordare come il rendimento offerto sia di tutto rispetto: al 6.25% , si tratta di un rendimento triplo rispetto a quello tedesco. Non solo: si tratta anche di circa mezzo punto in più di quanto rendessero i titoli di stato greco già presenti sul mercato. Ancora più interessante è il fatto che rendesse decisamente di più del CDS della stessa scadenza: un investitore avrebbe potuto comprare il bond e contemporaneamente assicurarsi contro il fallimento della Grecia, guadagnando lo 0.6% annuale senza alcun rischio. Il governo greco ha insomma concesso al mercato un rendimento privo di rischio pur di fare cassa ed assicurare il successo dell’emissione. In un altro segnale di stress, la curva dei CDS non si è soltanto invertita, ma comincia a vedere quotazioni anche su scadenze molto brevi quali il contratto a sei mesi, scadenze per le quali si tende normalmente a non acquistare protezione se non in momenti di particolare tensione.

Alphaville ha pubbilcato recentemente uno studio di Deutsche Bank da quale si evincerebbe un livello modesto di contagio del malessere greco rispetto al resto d’Europa. Sfortunatamente questa è più una fotografia dell’esistente che una garanzia che questo contagio non avvenga in futuro: il mercato del debito sovrano del Portogallo sta cominciando a sperimentare tensioni analoghe a quello greco alcune settimane fa.

A seguito del successo del collocamento, seppure a caro prezzo, i CDS sulle nazioni più deboli dell’area euro sono oggi in fase di ritracciamento. Rimangono tuttavia aperti i problemi affrontati altrove:

Nel 2010, il governo greco dovrà coprire un programma di debito pubblico pari a 54 miliardi di euro, contro i 66 miliardi del 2009. Il test decisivo sarà in primavera, con quasi 20 miliardi di euro in scadenza tra aprile e maggio. E non è il solo governo impegnato a piazzare propria carta: i governi europei quest’anno dovranno emettere 2200 miliardi di euro, 393 dei quali italiani.

Al solo governo greco servirà quindi un’altra decina di successi come quello attuale per assicurarsi fondi in maniera stabile, pagando un prezzo che rischia di rivelarsi estremamente elevato sia per la repubblica ellenica che per gli altri PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) , che potrebbero vedersi costretti ad aumentare i rendimenti offerti in fase d’asta, con evidenti ricadute negative per i propri bilanci.


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lunedì, gennaio 25, 2010

Falsi federalismi

Ennesimo scandalo siciliano :

Raffaele Lombardo ha lavorato sino a notte fonda, fiancheggiato dai suoi "saggi". E alla fine ha sentenziato: alla Sicilia servono quei nove supermanager. Altri nove? Sì, altri nove. Non bastavano i 2.111 dirigenti che hanno consegnato alla Regione il record della burocrazia italiana.

Uno ogni 5,6 dipendenti. In Lombardia ce ne solo 300, uno ogni dodici impiegati. Per non parlare dello Stato, dove il rapporto è di uno a cinquanta. Ma nella pletora isolana di burocrati graduati, ha stabilito la giunta Lombardo, non ci sono le professionalità richieste. Ci vogliono gli "esterni". E pazienza se, con le loro indennità oscillanti da 150 a 250 mila euro i prescelti graveranno per un milione mezzo di euro sul bilancio colabrodo dell'ente. Idonei e arruolati.


Uno scandalo, dicevamo, ed il nostro socio propone una soluzione radicale. Personalmente, non credo che sia necessario togliere autonomia, ma al contrario estenderla anche alle entrate, oltre che alle spese. E' sufficiente togliere le risorse non provenienti dal territorio dalla responsabilità regionale: a Palermo come a Trento possono fare quel che pare a loro con i denari raccolti dai propri cittadini ed elettori, ma soltanto con quelli. In generale, il federalismo, quello vero, deve essere inestricabilmente legato al semplice concetto per cui chi paga poi decide. Altrimenti si tratta di mero assistenzialismo, carità nascosta nei sussidi: il livello di governo che raccoglie determinate risorse le spende, senza eccezioni e si presenta agli elettori a rispondere dell'uso del denaro raccolto.
In questa maniera, vengono meno le possibilità di sprechi di denaro non appartenente al corpo votante che ha eletto un determinato livello di governo. Se i siciliani - o gli altoatesini, che ricevono sussidi anche maggiori - volessero continuare a farsi spennare, liberissimi. Perlomeno, in questo caso le responsabilità sarebbero chiare.

Vi manco già?



Bush comincia a non sembrarci un caso più unico che raro. L'abbiamo criticato per essere un socialcristiano più che un vero repubblicano, ma dobbiamo ammettere che il suo successore è peggio. D'altronde, fra un finto conservatore liberale che gioca a fare il socialdemocratico ed un vero socialdemocratico, era inevitabile che il popolo americano scegliesse l'originale anziché la brutta copia. Mal gliene incolse, ovviamente; la fine che rischia di attendere gli USA è ben visibile, in Europa e nei romanzi di Ayn Rand.

giovedì, gennaio 21, 2010

E questo lo chiamate capitalismo?

Morgan stanley paga il 62% delle proprie entrate in stipendi e bonus, mentre la banca affronta una perdita. IN un'azienda normale gli azionisti starebbero già chiedendo la testa del management. In una banca, questo non è possibile, vista l'acquiescenza del vero azionista di maggioranza: la banca centrale e le autorità di vigilanza, che controllano di fatto il processo di selezione ed approvazione del management, senza contare il prezzo e il quantitativo della materia prima per l'attività bancaria , ossia i tassi di interesse e la liquidità. Sentirete giustamente parlare dell'avidità dei banchieri e del capitalismo; non è invece colpa del "mercato": è colpa di chi impedisce agli azionisti, ossia al mercato, di correggere gli errori di coloro che vengono protetti da quegli stessi politici e burocrati che hanno bloccato e bloccano il corretto funzionamento del mercato, al quale attribuiscono però le conseguenze dei propri precedenti errori ; ricordatevelo, quando sentirete le proposte di correggere gil "eccessi" tramite maggiori regolamentazioni, ossia la stessa strada che ci ha già portato a questa crisi. Da quando ripetere gli stessi errori aiuta a risolverli?

Hat tip: DealBook Blog

lunedì, gennaio 18, 2010

Quando Pasolini parlava come Flores D'Arcais

Bel post di Zamax su Pasolini ed il mito comunista . Per chiunque ancora sostiene che non esiste a sinistra il mito della superiorità antropologica, ecco Pasolini scrivere, nel 1974, in termini analoghi ai nazisti quando parlavano di ebrei o ai comunisti che parlavano di borghesi e kulaki. Pasolini era troppo colto e troppo scrittore di pregio per elaborare pienamente il concetto e darsi alla pura invettiva, come avavano fatto i comunisti russi una generazione prima e come stavano facendo quelli cinesi in quegli anni, definendo gli avversari "insetti, pidocchi, cimici, batteri" e sterminandoli di conseguenza.
Immaginiamo comunque le conseguenze, se i "superiori" avessero potuto fare di noi "inferiori" ciò che preferivano. Dal Corriere della Sera del 1974:


Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario – in un compatto “insieme” di dirigenti, base e votanti – e il resto dell’Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un “Paese separato”, un’isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità.




Anche in Campania il PdL sbanda a sinistra. Faremo la fine della DC?

In Campania il Pdl candida Caldoro, socialista. Non ex-socialista: ancora tale. Non posso che concordare con Camelot, aggiungendo un paio di riflessioni:

Se in Campania il candidato del Pdl dovesse essere davvero Stefano Caldoro, per me sarebbe un problema votarlo: è un uomo di sinistra, un socialista; e la mia preferenza l’ho sempre e solo accordata a persone di centrodestra.

Votare Caldoro, per me, sarebbe come votare Pier Luigi Bersani: un atto contro natura (per l’ex socialista Valium Feltri, invece, sarebbe una cosa più che accettabile).

Il caso Polverini, sindacalista e socialista di destra, si ripete quindi in Campania. Due riflessioni si impongono: la prima è che questa volta Fini ed i finiani non c'entrano; la peste socialista ha sfortunatamente contagiato l'intero partito e per discutere di questo problema dobbiamo dimenticarci l'opinione sul presidente della Camera.

La seconda è molto più seria. Siamo ancora un partito di centrodestra? Temo si stia avverando lo scenario pessimista adombrato su questo blog da anni: la destra, in nome di un facile successo, si è di nuovo fatta ammaliare dalle sirene socialiste, diventando un serbatoio di voti per la carriera politica di troppi trombati a sinistra e devastando le proprie prospettive di lungo termine. Accadde nel dopoguerra, quando la DC faceva dichiaratamente il pieno di voti a destra per attuare politiche di sinistra, deleterie per la propria base e mortali per l'Italia, che sopravvisse nonostante l'esperimento cattosocialista soltanto grazie a chi si rifiutò ostinatamente di aderirvi. La storia si ripete, in farsa, in questi anni.
Sarebbe ora di crescere una classe dirigente liberale e conservatrice, invece di affidarci a collettivisti di vario genere, bravissimi a spendere voti e danaro di destra per programmi di sinistra, lasciandoci cornuti e mazziati, per rimanere in tema campano. Altrimenti aspettiamoci, per l'ennesima volta, la disintegrazione del panorama politico a destra e una risalita dell'astensione o delle frange estreme: perché votare PdL , quando diventa indistinguibile dal PD? Solo perché abbiamo qualche chierichetto in più?

Viva Piñera ! Il Cile torna a casa. Noi, invece?

In Cile, finisce l'era democristiano-socialista e si torna ad una destra liberale, per la prima volta dalla fine del regime di Pinochet. Ricorda qualcosa? Ci provammo anche noi nel 1994, ma siamo solo riusciti a tornare a Fanfani.

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Sebastián Piñera vence a Eduardo Frei con un 51,61% contra un 48,38%

Si conferma l'esito del primo turno alle presidenziali del Cile, una nuova maggioranza di centrodestra alle redini di Santiago, finisce così l'epoca della concertacion tra socialisti e democristiani succedutasi agli anni della dittatura Pinochet.
La piattaforma programmatica del nuovo presidente Sebastiàn Pineram, un imprenditore prestato alla politica, è una piattafora liberale.
Il fatto, dopo l'asseverazione popolare del golpe anti Zelaya in Honduras da parte del Gen. Micheletti, un golpe alla fine nel risultato delle urne giudicato dalla gente un male minore in confronto alla concreta possibilità di una riforma forzosa in senso social-comunista prossima ad essere imposta da Zelaya, segna una svolta nel cambio di clima politico all'interno del continente sud-americano.
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HT Roark, The Right Nation

venerdì, gennaio 15, 2010

Dalle stelle alle stalle: il seggio senatoriale di Kennedy ai repubblicani?

Il Partito democratico rischierebbero di perdere il seggio senatoriale di Ted Kennedy, considerato più che sicuro. La magia di Obama è già terminata?
La morte di Ted Kennedy ha costretto a tenere una elezione suppletiva, che sino a pochi giorni fa era considerata poco più che una formalità Il Massachussets è infatti uno degli stati più a sinistra degli USA, definito scherzosamente "la Repubblica Popolare del Massachussets". E' anche il feudo politico della famiglia Kennedy, veri re senza corona di Boston e dintorni. Nell'anno di Obama, i repubblicani non sembravano avere alcuna speranza di recuperare gli svantaggi storici nello stato. Eppure, l'impossibile sta per avvenire: Secondo i nuovi sondaggi, il repubblicano Brown sarebbe in testa.
Una vittoria dei repubblicani infliggerebbe un colpo devastante al partito democratico, alla vigilia di una elezione di midterm dove il partito del presidente rischia già di trovarsi in difficioltà: i piani di riforma sanitaria sono estremamente impopolari, la gestione clientelare delle manovre di stimolo ed una serie di scandali hanno azzerato la credibilità dei leader parlamentari, mentre anche la reputazione di Obama sta venendo rapidamente intaccata, nonostante la fedeltà canina di gran parte dei mezzi di informazione. La situazione è ababstanza seria da far considerare l'ipotesi di un intervento diretto del Presidente a sostegno della democratica Martha Coakley durante gli ultimi giorni della campagna elettorale. Continuiamo a credere che una vittoria democratica sia il risultato più probabile, ma una sconfitta di misura in un seggio dato per perso sarebbe comunque una mezza vittoria, almeno dal punto di vista tattico.

Un'ultima nota: in caso di morte di un senatore, gran parte degli Stati dell'Unione prevedono cheil governatore dello stato nomini un sostituto che porti a temrine il mandato, senza tenere elezioni. Questa ocnsuetudine è stata recentemente modificata in Massachussets dagli stessi democratici, per impedire che l'allora governatore repubblicano Mitt Romney potesse nominare un compagno di partito ad un seggio rimasto vacante. Questa innovazione si sta ritorcendo contro i propri stessi creatori: una lezione da meditare, per chi considera il fine più importante dei mezzi.


Se non l'aveva capito lui

Figuriamoci se lo possiamo -o vogliamo - capire noi, cosa fosse Il socialismo:

"Interno notte. E’ il 15 luglio 1996 e sono quasi le tre del mattino. Bettino è accanto a Luca e sta ammaliando un bivacco di attenti ragazzotti. Da ore. Discorsi pazzeschi che spaziano dai più incredibili retroscena sul terrorismo a improbabili affreschi sulla guerra d’Africa, e in quel momento non c’è altro luogo al mondo dove valga la pena di essere. Si parla anche di socialismo, ovviamente. Il socialismo di qua, il socialismo di là. Perché il socialismo, del resto il socialismo. “Che poi il socialismo – scandisce Bettino, e ci mette in mezzo un pausa delle sue, lunga, ma lunga – che cazzo sia, non l’ha ancora capito nessuno”. Risate timide. Poi isteriche. I ragazzotti stramazzano dal ridere e Bettino li guarda come se gli stessero facendo un affronto, ma poi sorride, comincia a ridere anche lui, forte, ma un po’ di lato, perchè si vergogna."


Filippo Facci via toscanoirriverente via Cormorano

giovedì, gennaio 14, 2010

No, I sindacalisti no

Con tuta la stima per Fini, qui si concorda con The Right Nation, Freedomland e molti altri amici: candidare una sindacalista del taglio della Polverini è un errore clamoroso. Personalmente credo che puzzi di peronismo , ossia dell'inveterata abitudine di certa destra a rincorrere la sinistra, perché da lì arrivano e lì vogliono tornare. Per citare il padre di Riccardo, non ho mai votato comunista e sono felice di non votare nel Lazio, così non dovrò farlo. Mi intristisce l'idea che sia stato proprio Gianfranco Fini ad avallare una candidatura del genere: è curioso che uno che sostiene di essere passato a destra grazie a John Wayne e ai conservatori americani, si ritrovi a proteggere una delle eredità del "fascismo di sinistra" , quasi agli antipodi rispetto ad una vera cultura conservatrice. Non riesco ad infuriarmi, perché sono ben cosciente del fatto che il resto della classe politica che monopolizza la rappresentanza della destra italiana è solo marginalmente più liberale di Renata Polverini e che in Europa la situazione non è molto migliore, salvo alcune rare eccezioni. Ben venga il Tea Party, dunque, ma non fermiamoci alla compagna Renata

mercoledì, gennaio 13, 2010

Dopo! Ossia, niente solita minestra

More about Dopo!Quando si parla di crisi e di possibili vie d'uscita, il menu è decisamente monotono. Per chi si è stancato della solita razione di più stato, più tasse e un ritorno alla repressione economica e finanziaria del dopoguerra o dei Ventennio, ossia la dieta standard proposta a sinistra e troppo spesso anche a destra, esiste un'alternativa: quella liberale, il sempre disprezzato motore dello sviluppo e della libertà, l'unico sistema che ha permesso alla nostra civiltà di sopravvivere e prosperare nonostante gli attacchi dei reazionari di destra e di sinistra, felici di tornare alla legge del branco, ammantata di nomi nobili quali "socialismo" e simila.
L'Istituto Bruno Leoni ha pubblicato Dopo! Come ripartire dopo la crisi (Piercamillo Falasca) ,anche in versione eBook.
Si tratta di una collezione d'idee, un "vocabolario" delle riforme possibili e necessarie; una serie di proposte chiare, a costo zero o quasi zero, che che ci permettano di uscire dalla crisi senza creare le basi per crearne di maggiori in futuro e aumentando la libertà d'agire, e di conseguenza le basi per le libertà civili in generale. Una valida alternativa pratica a coloro che sostengono la facile via della servitù come via per il progresso, senza volersi rendere conto delle proprie contraddizioni.

Hat tip Camelot

martedì, gennaio 12, 2010

Stimolo? Quale stimolo?

Il dibattito sull'efficacia delle misure di "stimolo economico" è sicuramente complesso e difficilmente risolvibile in maniera netta, anche perché risulta problematico persino accordarsi su quali sarebbero le caratteristiche di uno stimolo "di successo". Ciò che è sicuro è che non esiste la certezza che funzioni sempre e comunque, nonostante la martellante propaganda degli statalisti sia nostrani che d'oltreoceano. Un esempio dello scarso effetto tangibile viene dalla AP, agenzia ritenuta spesso filogovernativa: uno studio effettuato ha trovato che la situazione occupazionale nei distretti che hanno goduto maggiormente di finanziamenti governativi non è migliore di quella delle aree che non ne hanno goduto. Mentre i benefici sono incerti, è certo invece il conto da pagare nei prossimi anni, tutto a spese del contribuente e dei lavoratori delle aziende non sussidiate dai politici.

Hat tip: Coordination Problem

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