martedì, dicembre 30, 2008

Anche il no-profit vuole il suo bailout

L'assalto alla diligenza continua: adeso anche le fondazioni non-profit vogliono nua fetta del bottino, pardon, dei soldi dei futuri contribuenti gentilmente messi a disposizione dal governo Federale. La tesi? Semplice: nel momento in cui si stampano miliardi di dollari , non è ora di salvare l'anima artistica degli States e non soltanto l'economia nazionale?
Vista l'utilità che avranno i sussidi, soprattutto al settore automobilistico ed a quello bancario, qualche miliardo potrebbero anche darglielo: se dobbiamo andare all'Inferno, è gradevole farlo in maniera esteticamente gradevole.


Lynne Munson on The Corner on National Review Online: "There’s a lot of begging going on. Now that the banks and auto industry have their booty, America’s non-profits are angling for what they believe is their share.

Yesterday’s Washington Post carried a plea on behalf of arts institutions from Kennedy Center president Michael Kaiser. Kaiser’s unsubtle message basically asked “Where’s ours?” But what it lacked in suspense it made up for in melodrama. “As we print billions of dollars in bailout money,” Kaiser crooned, “isn't it time to ensure that we are saving our soul as well as our economy?”"

Krugman il raffinato

Paul Krugman rientra nella top ten delle citazioni celebri del 2008, secondo il New York Times

10. (tie) “There are no atheists in foxholes and there are no libertarians in financial crises.” — Krugman, in an interview with Bill Maher on HBO’s “Real Time,” broadcast Sept. 19.


Il Nobel giusto per il motivo sbagliato dovrebbe smetterla di applicare i propri standard morali ed i propri sogni bagnati agli altri: esistono atei nelle trincee, esistono - eccome - libertari durante le crisi finanziarie. Popper non divenne totalitario negli anni 40, Hayek e Mises non divennero socialisti durante la crisi del '29. Non tutti, insomma, sono vigliacchi o ipocriti.

I "libertari" per come li definisce Krugman sono proprio quelli che meglio le hanno descritte, diagnosticate e di cui hanno prescritto cure dolorose, ma utili; di solito, fra l'odio dei socialdemocratici di vario colore, che preferiscono dimenticarsene e prescrivere rimedi spesso peggiori del male.

Tralasciamo il resto della top ten, squallida quanto la decima posizione.

Fonte: | The Big Picture

Gaza: per chi tifano egiziani e ANP ?

Il presidente Napolitano ha tenuto colloqui con "le parti in conflitto" : Mubarak, Mussa, Abu Mazen. Il fatto che non si citino colloqui con gli israeliani è segno che vi sono già stati, o non interessa il punto di vista dello stato ebraico, considerato alal stregua di Hamas? Consola almeno che Napolitano non abbia interloquito con i terroristi islamici, ma con gli esponenti arabi che in questo momento più si rallegrano, sotto sotto, dell'offensiva israeliana.
Il presidente palestinese Abu Mazen forse sogna di vedersi riconsegnata l'enclave che gli era sfuggita di mano l'anno scorso, senza rischiare una guerra civile; gli egiziani probabilmente si rallegrano nel vedere indebolito un gruppo terrorista che non amano per nulla e pericoloso anche per loro; non si spiegherebbe facilmente, altrimenti, la decisione di schierare un contingente di diecimila uomini per "portare aiuti umanitari" ad un regime teoricamente alleato: le truppe paiono più interessate ad evitare che i tagliagole di Hamas tracimino in Egitto insieme a profughi palestinesi a cui nessun regime arabo vuole neppure pensare.

Per la cronaca: le agenzie italiane parlano di centinaia di morti, senza distinguere fra civili e miliziani. Ad osservare i numeri e prendendo le definizioni meno favorevoli ad Israele, le vittime civili accertate a ieri sembrano essere meno di cinquanta. Una tragedia, in ogni caso, ma non la mattanza indiscriminata che viene descritta su certi media italiani.

lunedì, dicembre 29, 2008

Deutsche, il bond della vergogna

Crossposto da Giornalettismo. Mi scuso per lo stile improvvisato della prima parte.

Le banche e i patti fra gentiluomini che regolano un mercato sul cui sfondo si staglia il deus ex machina di tutte le crisi: il governo. Un bancomat sempre disponibile.

Reputazione o profitto immediato? L’equilibrio , quando si parla di banche, è meno scontato di quanto sembri. Nel pieno della crisi finanziaria, in mezzo al clamore affinché il sistema bancario ritorni ad una pratica “da gentiluomini” di un passato largamente immaginario, Deutsche Bank ha scelto la via del risparmio di breve periodo, causando un terremoto nel mercato del debito bancario a lungo termine, pregiudicandone l’equilibrio e precludendo la possibilità di raccolta di capitali privati. D’altronde, perché trattare equamente un investitore, quando c’è il governo da impiegare come Bancomat?

Il 17 Dicembre, Deutsche Bank ha annunciato che non avrebbe richiamato un proprio titolo subordinato Lower Tier 2. Il titolo in questione appartiene ad una categoria particolare di emissioni obbligazionarie, che secondo la definizione di capitale della banca ai fini della vigilanza regolamentare non conta come puro debito, ma in parte come capitale proprio. Il motivo per cui questo avviene è duplice: da un lato, in caso di un ipotetica liquidazione essi verrebbero rimborsati soltanto dopo aver rimborsato tutti gli altri titoli obbligazionari; in aggiunta, a seconda della propria classe di subordinazione, contengono clausole che danno facoltà alla banca di modificare le condizioni del prestito in senso ad essa favorevole nel caso si verificassero alcuni tipi di eventi sfavorevoli dal punto di vista economico: l’emittente può ritardare od eliminare il pagamento della cedola, ad esempio, o posticipare il rimborso del capitale investito. Per la categoria più vicina al capitale azionario, il cosiddetto Tier 1, la banca ha, in caso di difficoltà che portino ad azzerare i dividendi, il diritto di ridurre il capitale nominale, di non aver più l’obbligo di restituire il capitale o di pagare la cedola promessa, se non dopo il ritorno all’utile e prima della distribuzione di dividendi agli azionisti.

Perché un investitore in obbligazioni dovrebbe mai comprare debito con questo profilo di rischio, ma una cedola più simile a quella di una normale obbligazione che ai ritorni attesi da un titolo azionario? Qui sta il trucco. Il mercato dei subordinati si basava su di un “accordo fra gentiluomini”. Pur essendo un titolo Tier1 irredimibile ed un Tier 2 a scadenza molto lunga, in modo da qualificarsi come capitale, nel titolo sono incorporate delle cosiddette opzioni call: l’emittente ha il diritto, ma non l’obbligo, di ripagare il titolo ad una scadenza precedente alla data naturale; nel caso non lo faccia, la cedola aumenta in maniera notevole. Le banche che hanno emesso subordinati hanno sempre implicitamente fatto capire che i loro titoli sarebbero sempre stati richiamati in anticipo, sia che questo fosse conveniente dal punto di vista meramente finanziario, sia che non lo fosse. Il vantaggio per la banca che emette è che ,pur avendo scadenze teoriche molto lunghe, i titoli venivano prezzati come se la data di “call” fosse quella di scadenza, riducendo così drasticamente i costi di raccolta e la liquidità del mercato era tale che ogni banca riteneva semplice poter rifinanziare i subordinati in scadenza. Con la crisi finanziaria, il rendimento richiesto per il rischio subordinato è aumentato in maniera drammatica, a causa dell’aumento di probabilità che i dividendi bancari vengano tagliati e, quindi, le banche potessero penalizzare gli strumenti subordinati ritardando o azzerando il pagamento delle cedole, come già avvenuto in alcune occasioni. Il disincentivo dato dall’aumento cedola in caso di mancato richiamo è di fatto annullato dall’entità della cedola che un nuovo bond dovrebbe pagare; di conseguenza, l’unica cosa rimasta ad evitare un disastro in termini di valutazioni e di incertezza nel rimborso dei titoli è il rischio alla reputazione di un emittente. Per questo motivo, gli istituti in difficoltà o quelli piccoli, che emettono debito subordinato di rado e non avrebbero in questo momento alcuna speranza di collocarlo, non si sono preoccupati della reputazione: il Credito Valtellinese è stato il primo a non richiamare in anticipo un proprio subordinato, causando perdite rilevanti agli investitori che possedevano il bond e contavano sul suo rimborso al nominale nel giro di pochi giorni e non in cinque ulteriori anni.

Si è sempre pensato che le grandi banche, che non sono state tagliate fuori dal mercato dei capitali privati, avessero ancora ogni possibile incentivo a richiamare il proprio debito, in modo da mantenere la fiducia negli investitori. La mossa di Deutsche dimostra che anche le banche maggiori hanno deciso che un risparmio valeva di più della reputazione di fronte agli acquirenti di debito subordinato. E la reputazione ne ha sofferto: numerosi investitori istituzionali hanno messo bene in chiaro l’indignazione per quanto avvenuto e la loro intenzione di non comprarsi un titolo Deutsche Bank - o lavorare con loro - per parecchio tempo.Quanto accaduto ieri potrà quindi sembrare un particolare tecnico, ma ha risvolti potenzialmente disastrosi per gli investitori e per quello che rivela riguardo alla visione del mondo di una delle maggiori banche europee. Perché Deutsche ha preso questa decisione? Probabilmente, per tre motivi. Il primo è che potrebbe aver ritenuto che il mercato sia in uno stato talmente disastroso da non poter assorbire un nuovo bond subordinato, da impiegare per rimpiazzare quello appena scaduto. Il che vorrebbe dire che Deutsche è talmente a corto di capitali da dover eseguire immediatamente una transazione di questo tipo. Il secondo motivo, è che il management di Deutsche ipotizza che la maggior parte delle grandi banche la seguirà in questa scelta, salvando il proprio conto economico a scapito delle convenzioni del mercato e che quindi, fra poco, gli investitori dovranno semplicemente adeguarsi al nuovo standard. I clienti, diceva Peter Cohen di Lehman, hanno la memoria corta.

Il terzo motivo è che le azioni governative sul piano della liquidità e della involuzione contabile hanno reso meno necessario, per i banchieri, il rispetto delle regole di mercato. A chi servono questi irritanti investitori privati, quando il Ministero è pronto a fornire capitale azionario e di debito per decine di miliardi, oppure a permettere di ritoccare le norme contabili per ignorare il declino dei corsi del proprio patrimonio, in cambio di un piccolo inchino? I banchieri sono abituati ad andare a letto con i politici. Il settore bancario è di solito quello maggiormente protetto, regolamentato e di conseguenza politicizzato in una economia, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. Pensiamo davvero che il denaro dei contribuenti, regalato da burocrati a banchieri parastatali, verrà impiegato con maggiore attenzione di quello privato ? Questa vicenda è soltanto l’ennesima dimostrazione di quanto sta accadendo, di quanto l’intervento statale abbia prima gonfiato una bolla, iniettando liquidità e permettendo che la regolamentazione delle banche implicasse una garanzia statale; di quanto adesso, nel tentativo di risolvere la crisi derivata dallo scoppio della bolla tramite una dose ancora maggiore di denaro e dirigismo, stia spazzando via i timidi tentativi d’introdurre una seppur minima disciplina di mercato al settore bancario.

Monte Paschi, Antonveneta e i burattini

Pezzo interessante di Dario Ferri su Monte Paschi ed il venticello della crisi della finanza (ex) rossa su Giornalettismo.
In un certo senso, la voragine provocata da Antonveneta non dispiaceva al management: si tratta di una pillola avvelenata che scoraggia molti potenziali acquirenti. Chi doveva impedire tale distruzione di valore, ossia la Fondazione, si è comportato come troppi altri azionisti bancari: interessandosi ai dividendi e, per tutto il resto, fidandosi del management e della capacità di Bankitalia di preselezionarlo tramite regolamentazione e salvare le terga e l'investimento dei suddetti azionisti in caso di bisogno. Chi è causa del suo mal pianga se stesso - e le vittime innocenti che provoca.

Menzione smaccatamente campanilista

Il blogging può essere un utilissimo strumento di informazione sul territorio, invece che un esercizio di onanismo mentale (come avviene nel caso del sottoscritto) : Terra d'Adda, dedicato a Villa D'Adda e dintorni ne costituisce un esempio.

Sock It To The Holidays!

hat tip: The Big Picture

Strabismi partenopei

A Napoli, l'unica cosa che funziona è l'erogazione di fondi statali. Lo dice il Sole24Ore, non gli antropologicamente inferiori fogli di destra...


Hat tip: DestraLab

Asia, derivati di copertura in calo?

Un piccolo puzzle dall'Asia: la domanda per prodotti di copertura dalle fluttuazioni di cambi e commodities sarebbe in calo proprio mentre la volatilità sui mercati è in aumento e quindi tali prodotti sarebbero sempr epiù utili per proteggere il bilancio delel aziende strutturalmente esposte a tali fluttuazioni.
Credo che il puzzle si spieghi in realtà con la distorsione del mercato dovuta all bolla: da un lato, i volumi elevati dei prodotti derivati nel passato recente sono stati gonfiati dalla costruzione e vendita di prodotti strutturati complessi, che avevano più a che fare con scommesse speculative che con esigenze di copertura; dall'altro, tali prodotti, opachi, poco capiti e soggetti a commissioni molto elevate, hanno creato una atmosfera di scetticismo da parte di clienti che vi hanno perso molto più del previsto e che hanno citato in giudizio, con molta pubblicità, le banche che le hanno costruite.

(Fonte: WSJ.com)

IndyMac verso il salvataggio?

Secondo quanto riporta il New York Times (via Calculated Risk) IndyMAc tarebbe per essere acquisita da un consorzio di private equity. IndMac è una delle banche finite sotto l'amministrazione del FDIC, il fondo americano per la garanzia dei depositi. Il deal è interessante perché costituirebbe il primo acquisto, da aprte dei fondi di private equity, al di fuori del perimetro della regolamentaizone finanziaria, di una banca americana soggetta alla regolamentazione federale e dimostrerebbe l'esistenza di un prezzo di equilibrio di mercato al di fuori degli interventi statali.

martedì, dicembre 23, 2008

Vendite di case? Quali vendite?

Il dato sulle vendite di immobili negli USA non è brutto. E' orrendo, anche riispetto alle aspettative che erano per un calo del 3.3% - siamo a meno 8.6%. I dati sull'attività manifatturiera sono pegigori delle aspettative e profondamente negativi, ma in questo fine d'anno, nesusno vuole infierie e gil indici risalgono.


Calculated Risk: Existing Home Sale Decline Sharply in November

Luci spente in Cina?

Le statistiche cinesi sono spesso poco affidabili, ma il numero di indicatori che puntano ad una brusca decelerazione delal crescita stanno aumentando, sino a far temere ad alcuni un declino di lungo periodo sia per la nazione asiatica che per l'economia globale. Ancora più temiible del calo delle riserve valutarie è quello della produzione di energia elettrica: il calo del 9% in Novembre non è compatibile con una semplice decelerazione fisiologica della crescita, ma indicherebbe un vero e proprio crollo della produzione industriale ed il passaggio a tassi di crescita decisamente inferiori a quelli degli ultimi anni.
Buona parte della crescita cinese è reale, ma una fraizone rilevante è sicuramente frutto della bolla speculativa derivante dalla politica monetaria americana e dal "dumping valutario" cinese implicito nello schema di "finanziamento alla vendita" macroeconomico sostenuto da una decina d'anni.

Al fine di mantenere stabile la crescita occupazionale ed evitare quindi tensioni sociali, il regime cinese ha avuto la necessità di gonfiare l'industria manifatturiera tramite le esportazioni. Uno dei metodi impiegati è stato il diktat alla banca centrale cinese per mantenere lo yuan ad un tasos di cambio sottovalutato rispetto al dollaro, causando una crescita esponenziale delle riserve valutarie cinesi.
La modalità d'impiego di tali riserve è stata funzionale all'obiettivo di mantenere elevate i volumi delle esportazioni: la disponibilità cinese a finanziare il debito statunitense ha agito come uno oschema di credito al consumo a livello nazionale, spingendo i tassi d0interesse negli USA al di sotto del livello di equilibrio, stimolando così la domanda di merci - normalmente cinesi.
Questo fattore è evaporato negli ultimi mesi, togliendo di fatto il terreno sotto ai piedi di una parte dell'industria manifatturiera cinese. Chi di dumping ferisce, di dumping rischia, se non di perire, almeno di soffrire.

Hat tip: naked capitalism

lunedì, dicembre 22, 2008

Madoff, pagheranno caro, pagheranno tutto?

Il fango dell'affare Madoff raggiunge due grandi società di revisione, KPMG e PWC, che percependo laute commissioni avrebbero dovuto analizzare i bilanci e le operazioni dei feeder funds, ossia i fondi che investivano quasi esclusivamente nelle attività di Madoff.
Come hanno fatto a non accorgersi delle numerose anomalie, rilasciando invece anno dopo anno una piena certificazione dei bilanci e delle pratiche di investimento?
La consolazione è che, per quanto in maniera tardiva ed insoddisfacente, il mercato funziona: almeno loro pagheranno e pagheranno caro, in termini sia monetari che di reputazione, come già accaduto in passato. L'estremo è costituito da Arthur Andersen, che fu costretta al fallimento dal fallout dell'affare Enron.

Le agenzie governative, invece, non pagheranno mai per i propri errori : in teoria dovevano essere i feroci ed occhiuti cani di guardia di una società di intermediazione regolarmente domiciliatta negli U.S.A. e non in un Paradiso Fiscale; in teoria, avevano ricevuto denunce su Madoff a partire dal 1999; in teoria, ci si sarebbe dovuti insospettire di una società che gestiva decine di miliardi di dollari non avrebbe dovuto farsi certificare i bilanci da una società di revisione con un organico di sole tre persone.
In pratica, nulla è mai accaduto. Riflettiamoci, prima di sostenere che la soluzione a tutti i nostri mali è, semplicemente, un guinzaglio più corto ai mercati.


In Madoff’s Wake, Scrutiny of Accounting Firms - NYTimes.com

domenica, dicembre 21, 2008

Keynes aveva torto?

Aumentare al dimensione dello Stato ci porterà fuori dalla crisi? Qualcuno sostiene di no.
Personalmente,credo che potrebbe dare un sollievo di breve periodo, che cesserà molto rapidamente. L'unico effetto positivo sarebbero gli investimenti in aree sinora neglette, ma sarà probabilmente controbilanciato dal maggiore debito e soprattutto dai danni che saranno causati in nome dell'abbandono della prudenza fiscale.

venerdì, dicembre 19, 2008

al credit suisse chi rompe paga e i cocci sono suoi.

Sembra un contrappasso dantesco: quest'anno i bonus dei banchieri del Credit Suisse non verranno pagati in contanti, ma con quote di un veicolo in cui la banca ha scaricato 5 miliardi di titoli tossici. Nel caso salgano di valore, ben per loro; altrimenti, i bonus saranno di fatto quasi nulli. Chi rompe paga e i cocci sono, questa volta, tutti loro.

giovedì, dicembre 18, 2008

USA, l'assistenzialismo è ancora minoritario

Nonostante i toni apocalittici nei media e la campagna di stampa a favore dell'"inevitabile" e "bellissimo" intervento governativo, gli americani sembrano essere ancora scettici all'idea di importare il socialismo negli USA e adottare le magnifiche sorti progressive che tanto bene hanno fatto all'Europa (e ad altre nazioni più o meno collettiviste) nelle ultime due generazioni. I sondaggi mostrano una tenace opposizione all'idea di spendere ulteriore denaro per salvare manager, sindacalisti, creditori ed azionisti di aziende i cui problemi sono noti da tempo e la cui sopravvivenza nella forma attuale è ormai impossibile.

I sondaggi non sono il modo di condurre la politica in una democrazia liberale, ma il segnale è positivo: l'oppio statalista non ha ancora riportato gli americani all'Età del bronzo.

Washington Post, Dec. 16:

55 percent of those polled oppose the latest plan that Chrysler, Ford and General Motors executives pitched to Congress last week, on par with public opposition to earlier, pricier efforts. [...]

[T]hose who strongly oppose the measure greatly outnumber those who are strongly supportive.
Associated Press, Dec. 12:
Just 39 percent said it would be right to spend billions in loans to keep GM, Ford and Chrysler in business, according to a poll by the nonpartisan Pew Research Center. Just 45 percent of Democrats and 31 percent of Republicans supported the idea.

In a separate Marist College poll, 48 percent said they oppose federal loans for the struggling automakers while 41 percent approved.
hat tip: Reason

mercoledì, dicembre 17, 2008

Biodiesel, 7 miliardi e non sentirli

E' in arrivo un bailout anche per l'industria dei biocarbranti?  Il Biofuels , in America come in quasi tutto il resto del mondo (con la parziale eccezione brasiliana), il settore consuma denaro del contribuente quanto mais e granaglie che potrebbero essere meglio utlitizzate - come cibo, ad esempio.Negli USA, i soli sussidi diretti contano per circa sette miliardi di dollari e il settore non è ancora riuscito a mostrare, in aggregato, un solo dollaro di profitti, oltre ad avere una resa energetica marginale.

La decenza non ha fermato l'esercito di intraprendenti lobbisti che mantengono prosperi  i manager e i dipendenti delle aziende del settore, senza parlare degli agricoltori che vendono il proprio prodotto a prezzi gonfiati alle raffinerie di etanolo: comincia a circolare la richiesta di poter attingere ai fondi statali per il "salvataggio" delle imprese in difficoltà, in aggiunta ai sussidi "ordinari", con la tenue giustificazione della natura "verde" dei posti di lavoro garantiti dall'industria dell'etanolo; è dubbio, ai nostri occhi, quanto un impianto petrolchimico sia esattamente una industria verde, né quanto bene all'ambiente possa fare lo spreco di denaro pubblico per sussidiare un carburante la cui efficienza, anche dal punto di vista delle emissioni, è quantomeno dubbia.

Continua insomma l'assalto alla diligenza del bilancio pubblico, com'era prevedibile. Gli americani impareranno presto quanto sia difficile avere "solo un pochino" di statalismo.


Hit & Run > Reason Magazine

Ancora su Madoff

L'intera storia di Madoff è quella dell'impiego di persone ben introdotte in comunità più o meno chiuse, come alcuni circoli israeliti od alcune élites locali per raccogliere capitali tramite il passaparola, approfittando proprio della fiducia ispirata da certi legami di clan e casta. E' una storia vecchia come il mondo
Capisco come si possa fregare, in questo modo, un anziano imprenditore od una ereditiera forse ingenua; non è per nulla accettabile che avvenga lo stesso per gruppi finanziari che percepiscono laute commissioni dai propri clienti proprio per controllare, in teoria,  la qualità degli investimenti!

Serviva proprio un Nobel

La nuova, brillante idea di Stiglitz: regolamentare ulteriormente i mercati. Peccato sia vecchia di almeno due generazioni, abbia prodotto una burocrazia elefantiaca, abbia instillato un senso di falsa sicurezza negli investitori per quanto riguarda tutto quello con scritto "banca" sulla facciata. E ci ha regalato Parmalat, Cirio, adesso Madoff.

Dopo settant'anni, avevamo quasi capito che il collettivismo non funziona, perché prevede che gli uomini diventino improvvisamente angeli impegnati a costruire il paradiso; l'effetto è di trasformare la terra in un Inferno.

Prima o poi il pubblico potrebbe persino realizzare che realizzerà quello che alcuni già sostengono da decenni: che anche nel campo della "regolamentazione" democratica, le migliori intenzioni sono spesso la causa dei peggiori abusi e delle negligenze più disastrose.
Il resto del pezzo apparso su Newsweek è un lucido esempio di delirio costruttivista e collettivista.


“Markets can’t rule themselves” says Joseph Stiglitz. We need “better regulation,” he says. Now there’s a novel idea. The SEC was set up by the Roosevelt administration 70 years ago. They were actually watching over Bernie Madoff’s company...and actually did a review of it in 2005 and 2007. Somehow, these ace regulators didn’t notice the biggest Ponzi scheme in world history...a scheme approximately 5,000 times bigger than the scheme of the eponymous Ponzi himself.

Better regulation? We know how to get more regulation. But what we don’t know is how to get better regulation. We don’t even know what it means. There were thousands of regulators on the job in New York City. Not one of them seems to have caught on to any of the great scams that were going on. Even when they were so obvious even we poor scribblers here at The Daily Reckoning warned about them for years. We said sub-prime would be a disaster. We told the world that hedge funds were a rip-off. We whined about high executive salaries and bonuses. We explained how the profits going to the financial industry were an aberration. We laughed at the pretentious nonsense of the investment engineers, the pious complicity of the rating agencies, and the reckless greed of the mortgage lenders. Housing...finance...private equity...hedge funds...the dollar – what did we miss? And a subscription to The Daily Reckoning is free!

Newsweek presses onward in its delusions:

“More government is the solution” says Brazil’s President Lula da Silva. The solution to what? We would like to know what problem – that was not caused by government itself – has ever been solved by government. We can’t think of any. But so the magazine lurches on...from one bit of claptap to another...from mass delusion to popular fantasy...from farce to dada.

Fed: Non possiamo immaginare, ma purtroppo sappiamo dove andrà a finire

L'entrata della Fed nell'era della stampa di moneta a ruota libera è sicuramente degna di una citazione di Blade Runner: è qualcosa che noi umani non avremmo potuto immaginarci. Più precisamente, non avremmo mai dovuto volerci immaginare che dopo un secolo di credito artificialmente gonfiato, gestito, regolamentato e minuziosamente ispezionato da un'armata di burocrati, saremmo finiti nello stesso pantano dei giapponesi vent'anni fa, sorbendoci per di più le lamentele sul "capitalismo selvaggio".

Non potevamo immaginare tutto questo, ma è anche troppo facile immaginare dove andremo a finire: non si stampa moneta a ruota libera senza provocare, prima o poi, inflazione, a meno che non crediate in un miracolo per il quale Bernanke e Trichet riusciranno a chiudere i rubinetti esattamente al momento giusto e, soprattutto, a convincere i politici a smettere di spendere denaro che non hanno. Si accettano scommesse.

Hat tip: Phastidio

Il miglior commento sinora sull'affaire Madoff

""Se una banca gestisce il tuo conto corrente e poi ti impedisce di ritirare i tuoi soldi allora è una "crisi di liquidità", ma se Madoff fa lo stesso, allora è una frode. Forse dovrebbe chiedere anche lui un bailout, un bel salvataggio a spese del contribuente"

If a bank takes your deposit and is unable to pay up when you want to withdraw the money then it’s called a ‘bank run’ but if Madoff does the same thing then it’s called ‘fraud’? Maybe he should ask for a taxpayer bailout.— Posted by Farlowe
Commento da DealBook

martedì, dicembre 16, 2008

Bear Stearns, un salvataggio superfluo?

Il New York Times si chiede il motivo della disparità di trattamento fra Lehman e Bear Stearns, implicando che le autorità avrebbe dovuto salvare anche Lehman. Ci si dovrebbe chiedere, invece, perché non abbia lasciato fare per una volta al mercato anche nel caso di BEar Stearns.

La Fed ha concesso finanziamenti e garanzie per 28 miliardi di dollari a J.P.Morgan pur di salvare Bear Stearns, ma ha rifiutato di farlo per salvare Lehman, che era in trattative per vendersi a Barclays . Eppure, dagli ultimi documenti emerge come subito dopo il fallimento abbia concesso liquidità per 138 miliardi, seppure a brevissimo termine, ad una delle sussidiarie di Lehman.
SI noti che il prestito a brevissimo termine al Lehman, prima o dopo il fallimento, è molto più vicino alla mission "originale" della Federal Reserve che il finanziamento da 28 miliardi al veicolo in cui sono confluiti gli asset tossici di Bear Stearns. La giustificazione addotta per entrambi i prestiti è la medesima: evitare che l'insolvenza di una banca d'affari attivissima nella compravendita di derivati scatenasse una reazione a catena che destabilizzasse il sistema bancario americano.
Il motivo addotto può essere valido o meno , ma un risultato è chiaro: la Fed sta perdendo miliardi sul deal di Bear Stearns, mentre il contribuente non ha perso un dollaro su Lehman, il cui fallimento ha creato problemi persino maggiori di Bear Stearns, ma che non ha avuto certo l'effetto devastante che si temeva. Le procedure per smontare e liquidare ordinatamente le attività di intermediazione in derivati hanno retto alla prova, anche se ovviamente la lezione ha evidenziato la necessità di una ulteriore evoluzione.

Il mercato, insomma, ha dimostrato poter sopportare fallimenti anche giganteschi e di aver evoluto meccanismi, sicuramente molto migliorabili, per gestire la liquidazione di uno degli intermediari principali, confutando la necessità delle condizioni di favore concesse a J.P.Morgan. Il dubbio, quindi , non dovrebbe essere sul motivo per cui Lehman non è stata aiutata, ma sul motivo per cui la Fed abbia gettato soldi e reputazione nell'inutile salvataggio di Bear Stearns.

Fonte: DealBook - New York Times

sabato, dicembre 13, 2008

Rinvio Gelmini, un altro autogol

L'ennesimo esempio di come quello che dovrebbe essere il governo del Grande Fratello, censore occhiuto e maestro di propaganda, non riesca neppure ad evitare la propaganda ai propri danni e a trasformare un'ipotesi di riforma lodata anche da tradizionali avversari di Berlusconi in un boomerang tutto mediatico.

"Ricapitolando: due mesi fa il governo vara la riforma Gelmini che prevede, tra le altre cose, l'introduzione del maestro unico per 24 ore la settimana e l'opzione per le famiglie di richiedere diversi modelli orari (il cosìdetto tempo pieno); oggi, lo stesso governo, nel preparare i regolamenti attuativi della legge ribadisce il concetto: maestro unico per 24 ore più modelli orari diversificati secondo le esigenze delle famiglie italiane. Fischi prima, applausi ora. Scusate: ma cos'è cambiato? Perchè oggi fan tutti festa e ieri si disperavano in piazza?"


DAW
ha almeno parzialmente ragione, ma in politica l'apparenza a volta conta più della sostanza e l'apparenza deriva dal filtro dai media.
Il passo indietro sulla riforma scolastica è una sconfitta politica reale a causa della pessima capcaità di comunicazione di questo governo e della sua goffaggine nell'arena della tattica politica.
In primo luogo, rimandare un atto dopo una protesta di piazza verrà sempre letto come un cedimento alla piazza, non importa quale sia il provvedimento; in secondo luogo, il pubblico nonconosce la legge, conosce la versione che il governo ne dà in conferenza stampa, o quella riportata dai media. Non importa quindi che il maestro unico fosse soltanto una delle alternative previste, almeno inizialmente; il pubblico non lo sapeva sino all'altro ieri - e questo è anche colpa del governo. Un aggiustamento poco importante è divenuto un autogol rilevante, grazie ad un errore di tattica.

Se il governo non è capace di spiegarsi - o a verificare come i giornalisti riportano ciò che dichiara - è sin troppo facile far passare qualsiasi atto come una sconfitta del governo od una sua prevaricazione, soprattutto per per quei due terzi di giornalisti che devono il posto ad una nomina da sinistra.

Che il Caimano, in fondo, non sia affatto il Grande Fratello, ma soltanto il Grande Comunicatore?

venerdì, dicembre 12, 2008

nemmeno le macchinine per voi

Leggendo le dichiarazioni di certi politici, si deve sperare che stiano semplicemente in completa malafede e che mentano sapendo di mentire.L'alternativa è troppo sconfortante: ignoranza completa o stupidità permanente. Dovrebbero tornare a giocare con le macchinine.

Secondo Dana Perino, portavoce dell'amministrazione Bush, il salvataggio di General Motors e Chrysler sarebbe essenziale per evitare di perdere un milione di posti di lavoro, a rischio in caso di amministrazione controllata.

Tralasciamo la tristezza di dover ascoltare il portavoce di un'amministrazione liberista e conservatrice parlare come se si fosse iscrtitta all'Internazionale socialista; da almeno tre anni è evidente quanto qesta Casa Bianca sia reaganiana soltanto a parole e democristiana nei fatti. Nel merito, la dichiarazione è quantomeno esagerata, in quanto implica che il Chapter 11 equivarrebbe al licenziamento in massa di gran parte della forza lavoro non solo delle aziende automobilistiche vere e proprie, ma anche delle aziende dell'indotto dell'auto.
Si confonde insomma la protezione dalle richieste dei creditori e la sospensione dei pagamenti di interessi con la liquidazione integrale e la chiusura definitiva di un'azienda.
Le conseguenze più probabili per le maestranze di GM e Chrysler non riguarderanno il numero di occupati, ma la revisione dei contratti blindati che i sindacati dell'auto hanno imposto anni orsono ai big di Detroit. Il collasso dell'auto, infatti, è dovuto ad un connubio di cattivo management, stupidità degli investitori, arroganza intellettuale e connivenza totale del sindacato, che ha barattato il futuro dell'azienda ed il proprio silenzio in cambio di contratti molto vantaggiosi per i propri iscritti: salari multipli della media, benefici sanitari e pensionistici estesi ai familiari, ma soprattutto il diritto di veto alla chiusura di ogni impianto e di ogni singola linea produttiva da parte delle sezioni locali del sindacato. Una serie d contratti tanto vantaggiosi quanto onerosi, che hanno affondato Detroit per avidità e miopia, in maniera speculare ai difetti del top management.

E' ora che i responsabili, manager, sindacalisti e azionisti, paghino i propri errori. Non porterà a milioni di disoccupati, la contrario degli aumenti di tasse necessari a finanziare il bailout. Un bailout, dulcis in fundo, inutile per risollevare la competitività americana: in una spirale della morte simile a quella che avviene nelle guerre commerciali, anche gli europei si preparano a regalare soldi ai manager dell'auto continentale.

mercoledì, dicembre 10, 2008

La vita imita l'arte - a rovescio

Ebbene sì: il governatore dell'Illinois, Rod Blagojevich, si è distinto per la sua campagna contro videogiochi come Grand Theft Auto, per il linguagggio volgare e l'abitudine a dipingere politici e burocrati come inefficienti e corrotti.
Simpatico esempio di ipocrisia, visto che Blagojevich è appena stato arrestato per aver messo in vendita la carica di senatore dell'Illinois (sì, il seggio di Obama).


Reason Magazine

martedì, dicembre 09, 2008

Schizofrenie da intervento statale

E così Obama si prepara a portare gli USA nel Paradiso delle Partecipazioni Statali, laddove Fanfani portò l'Italia del Miracolo economico: in quello che in un paio di lustri, sembrava un confortevole inferno; potremmo anche evitare di sottilizzare e goderci lo spettacolo, se non fosse per due piccoli particolari.
Il primo è che, se si vuole fare i socialisti, si potrebbe anche esssere onesti e smetterla con certa retorica: non si può sostenere che "non è compito del govenro gestire le aziende" , salvo poi garantirne la sopravvivenza e imponendo loro uno "zar" dotato di potere di vita e di morte sul settore.

Il secondo, più fondamentale: il capitalismo potrebbe non piacervi, ma siamo sicuri di voler dare in gestione il futuro della superpotenza mondiale a gente come Blagojevich? Noi italiani abbiamo consegnato il nostro a Fanfani, Pajetta, Gava e Cirino Pomicino.
Qualcuno avrebbe il coraggio di affermare che ci è andata meglio che lasciarlo nelle mani dei "borghesi"?

Wolter Obama o Barack Bassolino?

he Right Nation ha battuto sul tempo ( e non solo quello) il simpatico...


Arrestato dall'FBI il governatore dell'Illinois (lo stato di Obama), strettissimo alleato di Obama, con l'accusa di aver cercato di “vendere” al miglior offerente il seggio lasciato libero da Obama. Qualcuno ha detto Obama?

Incredibilmente, persino i media italiani se ne accorgono. Si sono lasciati sfuggire il mentore terrorista condannato e mai pentito, il parroco razzista e apologeta dei macellai dell'11 Settembre, il finanziatore mazzettaro e galeotto, ma il problema di avere un Bassolino come alleato lo capiscono persino i nostri veltronomani e razzingeriani giornalisti nostrani.
Peccato che sia lo scandalo minore, fra tutti quelli che Barack Hussein non si è accorto durante la sua scalata al potere.

BP, il fascino discreto della sacrestia

Innocenzi se ne va e arriva Saviotti. Un toccasana per una banca in difficoltà, che così salverà il salvabile. Ma in questo modo il Banco Popolare si lega definitivamente a filo doppio con Bazoli.

Cosa è successo a Verona, dove uno degli enfant prodige della finanza italiana è stato defenestrato a favore di colui che sta già supervisionando la sistemazione di un’altra grossa grana per la finanza “bianca“? In tempi di crisi, si sa, chi ha il contante è re. Meglio ancora, in tempi di crisi e di collettivismo imperante, chi ha contanti ed entrature, sta meglio dei re.  Ne fa fede quello che è appena avvenuto, dove nei giorni scorsi sembrerebbe essersi svolto un felpato regolamento di conti fra due grandi frequentatori di sacrestie, approfittando delle difficoltà del vertice scaligero.

SHOPPING TOSSICO - Sino ad alcuni anni fa, il Banco Popolare era, insieme alla ex Popolare di Bergamo (ora vacca da mungere per UBI Banca) , uno degli istituti più curiali, più solidi e soprattutto più liquidi dello stivale: a fronte di masse ingenti di depositi, non ha mai avuto politiche creditizie aggressive, preferendo avere riserve liquide rapidamente disponibili.  La reputazione di Verona ha portato (ed è stata aiutata) ad essere la banca presso cui l’Opus Dei teneva i propri conti correnti e la propria liquidità. I problemi di Banco Popolare (ben documentati  su Giornalettismo) nascono con la strategia di crescere prendendosi  carico di altre realtà bancarie forse altrettanto impegnate in pie opere di bene cristiane, ma  ben più precarie sul fronte patrimoniale: prima la Banca Popolare di Novara, vero e proprio buco nero ai tempi di Tangentopoli; successivamente, la Banca Popolare Italiana, ossia la famigerata Popolare di Lodi affondata dagli scandali su Fiorani e Fazio.  L’invidiabile solidità patrimoniale della popolare scaligera è stata messa al servizio di una strategia d’espansione che ha portato ottimi frutti nel breve periodo, ma che ha minato le basi di una banca non abituata a replicare il proprio modello sugli istituti acquisiti. Italease è stata la massima espressione di tale incapacità: una controllata che ha di fatto silurato il bilancio e una discreta fetta di reputazione della controllante. 

UNA VENTATA DI NOVITA’? - Il nuovo amministratore delegato, Pier Francesco Saviotti, è una vecchia conoscenza di un altro banchiere, molto cattolico, ricco di liquidi soprattutto altrui  e di cui può disporre grazie alla stima di certe curie: Giovanni Bazoli. Saviotti ha svolto la sua carriera nella vecchia Banca Commerciale Italiana, una volta ritenuto il migliore istituto bancario d’Italia, successivamente fuso nella Banca Intesa dove erano  già confluite la Banca Cattolica del Veneto, il Nuovo Banco Ambrosiano e la cattolicissima Cariplo. Dopo un paio d’anni quale responsabile dell’area crediti della ri-neonata Intesa, Saviotti era passato a Merrill Lynch. Dalla banca d’affari, il nostro è appena tornato nella galassia bazoliana per un motivo urgente: è stato nominato consigliere d’amministrazione di Carlo Tassara, con la prospettiva di esserne nominato presidente in tempi rapidi. Carlo Tassara SpA è la holding di Roman Zaleski, furbetto domestico personale di Giovanni Bazoli, attualmente in gravi difficoltà finanzarie.  Il finanziere polacco-bresciano, grazie anche al sostegno finanziario di Banca Intesa, ha sempre svolto una intensa attività sul mercato azionario; soprattutto, ha  accumulato negli anni quote strategiche in  banche e società industriali grandi clienti di Intesa, oltre al sei per cento circa della stessa Banca Intesa; dulcis in fundo, è il maggior azionista e vicepresidente di Mittel, holding bresciana che ha storicamente svolto la funzione di cassaforte per alcune partecipazioni strategiche e di cui Bazoli è tuttora presidente.

INSOLVENZA BAZOLIANA - La crisi di Borsa ha portato la finanziaria sull’orlo dell’insolvenza, ma tratttandosi di operazioni non propriamente ostili all’establishment, la Carlo Tassara è stata prontamente soccorsa dalle banche italiane, che hanno rimborsato gli istituti esteri creditori di Zaleski con i propri fondi; in questo modo è stato congelato ogni possibile sconquasso alla struttura proprietaria di parte della galassia bancaria nazionale. L’ingresso di Saviotti sembra essere stato un passo necessario per l’effettivo passaggio dle controllo dell’attività della Tassara SpA dalle mani di Zaleski a quelle di qualcuno più esplicitamente legato alle banche finanziatrici. Adesso, i talenti dell’ex D.G. di Comit sembrano invece essere necessari per il risanamento del nuovo malato della finanza “bianca”, ossia il Banco Popolare. Banca Intesa non sembra essere in questo momento in posizione favorevole per aprire il portafogli ed aiutare i colleghi veronesi, ma forse potrebbe non essere necessario, grazie alla rete di legami interni al mondo finanziario cattolico. Bazoli ha di fatto già messo UBI Banca sotto tutela, esautorandone il vertice bergamasco attraverso la selezione di un AD proveniente da Banca Intesa e dopo aver fatto loro salvare, pardon acquistare, la bresciana Banca Lombarda in cui la Mittel presieduta da Bazoli stesso, cattolico progressista bresciano, aveva peso e potere anche superiori alle partecipazioni azionarie. Chi conosce i rapporti fra bergamaschi e bresciani può immaginare quanto sia stato naturale ed apprezzato un tale connubio  quanto potere di persuasione debba aver avuto il banchiere, per convincere le gerarchie ecclesiastiche, vere proprietarie dell’istituto. Lo stesso schema, di influenza senza controllo formale, sembra delinearsi adesso per Banco Popolare, con la differenza che l’operazione per stabilizzare il Banco veronese rischia di essere decisamente più complessa.           

 Si tratta di un mio articolo per Giornalettismo

Giacalone dixit (bene)

"con lo spettacolo di Mani Pulite, per il modo e l’intento con cui lo si è condotto, non si è insegnato che la politica la fanno le persone per bene, ma che all’inquisizione scappano i furbi e gli amici degli amici. S’è fatta pedagogia negativa e s’è insegnato che la politica è solo arte dell’appropriazione, del vantaggio personale. La scena, a destra e sinistra, è colma di personaggini che a quel criterio si sono ispirati."

Davide Giacalone

Capitalismo malato vittima del collettivismo

Non saprei se chiamarlo capitalismo, il malato di cui parla Phastidio. Se fosse capitalismo, il consiglio di amministrazione non starebbe resistendo a John Thain: ne starebbe firmando il licenziamento. Allo steso modo, dovrebbero andarsene Bob Lutz e Rick Wagoner. Purtroppo, quello che sembrano essere in crisi non è il capitalismo, ma il senso di responsabilità e quello della decenza.
Si tratta di due cose che si perdono in fretta quando si smette di pensare a come guadagnare e si comincia a pensare di aver diritto a prendersi i soldi altrui, in ogni caso. Siamo di fronte una malattia che si contrae tanto più facilmente quanto più si bazzicano socialisti e politicanti di vario genere, tutti felicissimi di affondare le mani nelle tasche altrui, volenti o nolenti, per il "bene comune", una malattia che non ha molto a che fare con il capitalismo in sé. La controprova sta nel fatto che in Italia questa mentalità e questi vizi sembrano ancor più diffusi che negli USA - e l'Italia è nazione ben poco capitalista.

lunedì, dicembre 08, 2008

Maestri liberali, asini collettivisti

Dice bene Vittorio Macioce , sul Giornale:


Ecco, il liberalismo è stata una moda di stagione. Gli orfani del Novecento hanno schiumato rabbia sorda e muta. Se c’è una cosa che post-fascisti, post-comunisti e post-democristiani odiano è il liberalismo. Un odio assoluto e totalitario. È questa la verità, cari maestri. Tutti questi odiano il liberalismo perché disprezzano l’uomo. Rileggetevi il monologo del Santo Inquisitore dei Fratelli Karamazov, quando dice: gli uomini non vogliono la libertà, ma il pane. La libertà, rimprovera il vecchio al Cristo muto, fa paura. Lui, l’inquisitore, è tornato. Voi fatevi sentire.

Non posso che sottoscrivere al 100%. Dei maestri liberali (e libertari) se ne ricorderànno i nostri pseudo-intellettuali di lotta e di sottogoverno , quando (non se, quando) i socialisti falliranno, di nuovo, come hanno sempre fallito.

Se ne dimenticheranno tutti, appena si tratterà di rapinare di nuovo coloro divenuti prosperi grazie ai principi liberali, e ancora, di trovare un capro espiatorio per gli errori dei collettivisti.

Hat tip: The Right Nation, via Tocqueville

Libertà o licenza?

Secondo A Conservative Mind

Su Libero e sul suo blg, martedì 18 novembre:

«A ben guardare la casa delle libertà, quella vera, dove ognuno fa quello che gli pare, è il Partito democratico».
Sul Riformista, Arturo Parisi:
«Ho paura che il Pd sia la vera casa delle libertà».


A mio parere, esiste una profonda differenza fra libertà e licenza. Il PD non mi sembra la Casa delle libertà mi sembra il casino dove ci si prendono alcune libertà con certe signorine di facili costumi.

La sinistra prima occupa e poi protesta

Conosciamo tutti la favola del lupo e dell'agnello. La Casta Italiana, felicemente progressista e collettivista, anche se divisa in rossa o bianca, ne ha fatta una ragione di vita: accusa il caimano, ma ha già divorato le istituzioni in maniera degna del peggiore alligatore.
Non sappiamo quanto Berlinguer, sbattuto in prima pagina dalla De Gregorio, sarebbe contento della mutazione genetica comunista: ai suoi tempi, il PCI era popolato moralisti con le mani lorde di sangue altrui; adesso, invece, da ipocriti che prima occupano ogni strapuntino di sottopotere con la scusa della "questione morale" e poi sbraitano agitando la "superiorità antropologica" pur di mantenerlo.

La sinistra potrebbe cambiare, o potrebbe definitivamente compromessa da questi scandali. Una cosa invece sarà molto più difficile da cambiare: il danno permanente fatto alla psiche dei "progressisti italiani", che potranno magari abbandonare il PCI/PD, ma non potranno mai abbandonare il proprio complesso di superiorità, la sindrome da popolo eletto, da razza superiore che gli è stata inculcata in questi decenni. Il mezzo diventa un fine: il lavaggio del cervello a fine di egemonia culturale è diventato un tratto caratteriale che il Partito non riesce più a controllare e che rischia di farlgi perdere il gregge ed il fedele branco di intellettuali da guardia. Di Pietro ringrazia, Berlinguer, forse, un po' meno


Il quotidiano Libero del 7 febbraio del 2008 pubblica a pagina 11 una mappa del potere all'interno della Rai tv. L'analisi sui posti occupati dal Pd, definiti con il colore rosso, è inquietante: «Il rosso vince, il blu perde e il verde galleggia». Nell'inchiesta si ricorda che «i rossi occupano il 60% delle caselle».La situazione ai vertici dirigenziali dell'azienda è questa: «Su 36 posizioni, 21 sono occupate dal centrosinistra, 13 dal centrodestra e 2 da tecnici». La situazione «precipita» quando si vanno a vedere le posizioni relative all'area editoriale e staff della Rai: «Su 165 posizioni, 95 sono colorate di rosso, 62 di blu e 7 di verde». Ma il Pd lavora anche di fantasia. Basta guardare il governo ombra, composto da 84 persone tra collaboratori di partito, ministri e sottosegretari. Tanti rispetto ai 60 membri del governo Berlusconi. Veltroni è stato costretto a nominare i sottosegretari per accontentare tutti. Si è anche inventato anche il responsabile delle iniziative di massa. E bravi gli eredi di Berlinguer.


Hat tip:Hurricane_53

domenica, dicembre 07, 2008

La soluzione di Bernanke: più droga per tutti

Bernanke identifica correttamente l'origine della crisi attuale, nella bolla creditizia degli ultimi anni: l'eccesso di liquidità creato dalla Fed, che ha permesso alle banche commerciali, protette e implicitamente garantite dalla Fed, di prestare e prendere ulteriormente a prestito a condizioni eccessivamente favorevoli. Finché tutto andava bene , si sono intascati dividendi e capital gains; se le cose fossero andate male, ehi,ci sono i polli alla Fed e al Tesoro. E' esattamente quello che è avvenuto.

La soluzione proposta è per questo demenziale, anche se perfetta per Bernanke e soci: fornire ancora più liquidità e protezione da parte della Fed. Una garanzia che la bolla si riproporrà a breve, con gli stessi difetti e gli stessi problemi. La liquidità verrà male impiegata, esattamente ocme la regolamentazione, per quanto oppressiva verrà aggirata e la garanzia statale abusata.

Insomma, spariamoci ancora un'altra dose in vena e i nostri problemi scompariranno - fino a quando l'effetto della magica polverina non sarà passato, di nuovo.

Hat tip: Reason

Il microcredito funziona quando non è elemosina

Ulteriori studi a favore del micro-credito, nella sua versione più "capitalistica" : ai poveri non vengono elargiti sussidi mascherati da prestiti, ma veri microprestiti al 12% di interesse al mese. Il risultato? Buono per le tasche di chi presta ottimo, per chi prende a prestito: minore disoccupazione, posti di lavoro migliore, meno problemi di alimentazione e frequenza scolatsica per i figli.mi

Hat tip: Marginal Revolution

martedì, dicembre 02, 2008

pigs in the sky 2

Avevamo il sospetto che Sky Italia fosse vagamente di sinistra, vista la copertura entusiastica di ogni tema rifondarolo; il sospetto si è tramutato in certezza dopo aver visto l'ultimo spot a difesa dell' iva agevolata per le tv satellitari.

Un punto che avevo trascurato nell'ultimo post, pensando fosse ben noto: il provvedimento che riduce l'Iva per gli abbonamenti digitali è una misura temporanea di sostegno , introdotta nel 1993 con durata limitata nel tempo. E' stata prorogata fino al 2007 ed al momento, il sussidio esiste non in forza di un provvedimento governativo, ma perché il Parlamento non si è ancora curato di abolirlo formalmente.
Per cosa, allora, Sky fa la guerra in una maniera tanto violenta? Per denaro, ovviamente; ogni sistema è buono per distrarre i clienti dai propri aumenti di prezzo; inclinazione dei propri gioirnalisti, come avvenuto in numerose altre occasioni.
L'Italia e la Cina sono le uniche due nazioni dove Muirdoch non abbia cercato di creare un canale di news che lasciasse spazio a liberali conservatori, nonostante l'enorme successo otttenuto da questa formula in altri mercati e contro ogni aspettativa: nell'Italia e nella Cina postcomuniste e neocollettiviste, una casta mediatica di tendenze socialiste hanno reso impossibile il progetto. Persino Silvio Berlusconi, il temuto Kaimano, lascia che gli ex filoterroristi di Lotta Continua spadroneggino nel suo impero mediatico, salvo poi stupirsi delle coltellate alle spalle provenienti dai propri canali.

Si capisce quindi perché il PD abbia reagito in maniera tanto drastica e perché l'intero estabilishment mediatico si sia improvvisamente convertito alla causa digitale: è conveniente dimenticare come anche Prodi nel 2007 avesse racccomandato l'estinzione del privilegio; molto meglio cavalcare la protesta aziendale, usando una volta di più le reti Sky come volano propagandistico. Per il resto del mondo dell'informazione, ovviamente, si tratta di difesa del principio che i compagni vanno difesi sempre e comunque, mentre gli altri devono affogare.
Dovremmo ricordarcelo a destra, la prossima volta che chiederanno par condicio: il nostro premier-Videla ha chiuso una rete TV e ha varato una legge che colpiva i giornali di destra più che quelli a sinistra; i nostri intellettuali non hanno alzato un dito per i loro colleghi o per commentare l'avvenuto, ma guai, invece, a chi tocca il Compagno Rupert.

lunedì, dicembre 01, 2008

Romania come Lombardia

Secondo i media italiani, in Romania la sinistra ha vinto le elezioni.
Voglio conoscere lo spacciatore del cretino che ha scritto questa perla per Repubblica : osservando i dati, infatti, si nota come i due maggiori partiti del centrodestra abbiano addirittura incrementato i propri consensi.
La "vittoria" è una illusione ottica, dovuta al mancato apparentamento fra i due maggiori partiti liberalconservatori, che in questa tornata elettorale non si presentano uniti.
Non sembra una illusione molto difficile da sconfiggere, ma per chi si è bevuto per quasi un secolo le favole sulla superiorità marxista, leninista, stalinista di fronte ad ogni genere di confutazione, non credo basterebbero le pillole di Matrix ed il coniglio bianco: Padre Pio è l'unico fenomeno d'isteria di massa vagamente comparabile.


Una curiosità: le percentuali attuali sembrano quelle del centrodestra italiano in Lombardia od in Veneto, dove Lega e PdL si spartiscono ben oltre la metà dei voti e dove il piccolo spazio che le zecche riescono a ritagliarsi è limitato ai casi in cui i partner del centrodestra siano in disaccordo, mentre in ogni altro momento la sinistra assiste impotente : se queste sono le vittorie della sinistra, ne gradirei ancora.


Hat tip: The Right Nation

Pigs in the Sky

La
contraddizione fra realtà e propaganda, nel "caso" Sky, è stridente : da quando il TG3 difende aziende capitaliste in regime di monopolio che forniscono un servizio non certo essenziale e che protestano per la revoca di un privilegio?

E il PD è ancora più contraddittorio: cavalca la protesta con la bava alla bocca, parlando di conflitto di interessi, quando la stessa Mediaset ne avrà un aggravio; parla di furto alle famiglie, quando ha appena bollato come "elemosina" una cifra dieci volte maggiore. Piccole cifre entrambe, ma forse ai democratici fare la spesa interessa meno che guardarsi la TV ed inveire conro il nano pelato?



Da due giorni Sky Tg 24 conduce una martellante campagna contro l'intenzione del governo di aumentare dal 10 al 20 per cento l'iva sugli abbonamenti alla tv satellitare. Lo si può capire, nessuna azienda festeggia l'aggravio di tasse sui suoi prodotti[...].

[...]

Quello che invece stupisce fino ad essere esilarante è il fatto che il Tg3 batta sulla stessa notizia con foga addirittura maggiore della stessa Sky: l'aumento dell'Iva per le famiglie "parabolate" è diventato una specie di ossessione per l'ex TeleKabul e poi a ricasco per tutta la sinistra.
[...]

Ma la cosa più incredibile è che questa difesa in armi di 4 milioni di famiglie che si troveranno 4 euro in più al mese sul conto televisivo arriva dopo settimane in cui, Tg3, l'Unità, e di nuovo tutti i vertici del Pd hanno sputato contro i 40 euro al mese che il governo intende dare alle famiglie più povere. Quei 40 euro per Veltroni & Co. sono una vergognosa elemosina, una carità pelosa, un ricordo osceno delle vecchie tessere annonarie di mussoliniana memoria. Invece 4 euro in più alle famiglie munite di parabola e magari di schermo al plasma sono un ignominioso salasso, un tradimento delle promesse elettorali.

Ovviamente la sinistra fa i conti con le proprie tasche prima che con quelle dei cittadini: 40 euro, per chi ci compra due etti di pata negra nella boutique alimentare sotto casa al centro di Roma o Milano, sono in effetti "un elemosina". E non si pensa che con quei 40 euro in un discount di periferia ci si riempie il carrello. Mentre aumentare l'Iva a Sky (e a Mediaset) non è un modo come un altro per finanziare quel genere di misure, ma solo e sempre la vendetta del Caimano.


Hat tip: L'occidentale, Daw

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