lunedì, novembre 30, 2009

CHi parla

Phastidio sintetizza in maniera interssante quanto sta avvenendo fra Dubai e la Grecia, oltre a dare un esempio di qualcosa che qui si sostiene da anni: per uscire dalla crisi è indispensabile apprendere di nuovo che il rischio esiste sempre, dove c'è rendimento - ed il rischio di fallimento e ristrutturazione c'è sempre. Cercare di azzerare il rischio tramite il binomio regolamentazione + bailout è una illusione statalista, destinata al fallimento; l'unico modo per disciplinare i banchieri è ripristinare la paura delle conseguenze di una decisione sbagliata.
Ogni alternativa è illusoria, vista la presenza di una fiorente industria specializzata nell'aggirare ogni regolamentazione, per quanto draconiana o bizantina, lasciando alle banche i soli vantaggi dei salvataggi. Per banchieri e speculatori, sarebbe invece impossibile evitare l'ira dei propri investitori, se le perdite derivanti dai propri errori venissero pagate in prima persona.
Non sarei così certo che Dopo Dubai i mercati parlano a Dublino affinché Roma intenda. O meglio, non credo che Roma sia la nazione più a rischio. L'Italia è in una sgradevole situazione debitoria, ma relativamente stabile. Al contrario di nazioni come Grecia e Spagna, il cui squilibri sono potenzialmente devastanti, oppure dei giganti anglosassoni, che stanno per scoprire i dolori dell'assenza di equilibrio fiscale.

martedì, novembre 24, 2009

Un sogno condiviso

E' quello che ho in comune con Gianmario: il sogno futuro di un ritorno al passato. Quello di un PdL tornato finalmente liberale, senza le guerre fra Fini e Berlusocni e con un programma elettorale degno dei suoi elettori e dei suoi padri nobili. Su Libertiamo , da leggere tutto.

L'effetto serra e l'autocensura ipocrita del New York TImes

Il New York Times rinuncia al giornalismo d'inchiesta e si appella alla privacy quando le notizie non concordano con la propria linea politica. Ricorda un certo quotidiano italiano di nostra conoscenza.

Sullo scandalo che potremmo chiamare Climategate ha già ben scritto Carlo Stagnaro (via The Right Nation): una brutta storia di dati manipolati, propagand aspacciata per verità scientifica e tentativi di censura delle opinioni dissenzienti che mettono a rischio la credibilità dei sostenitori del riscaldamento globale. Per non comportarsi come gli ecoallarmisti, ricordiamo che nulla di quanto emerso finora confuta l'ipotesi di un effetto serra diorgiine totalmente umana; prova soltanto che i media si sbagliano quando definiscono "verità scientifica" l'ipotesi, che non è ancora stata provata; prova che gli ambientalisti scettici hanno tutto il diritto di sostenere le proprie opinioni e che non è stato scientificamente provato che si sbaglino.

Quello che vorremmo far notare è l'atteggiamento di uno dei quotidiani più schierati a favore dei catastrofisti e dell'aumento dell'intervento governativo nel settore ambientale: il New York Times. Posto di fronte a una fuga di notizie che mette in pessima luce il moportamento antiscientifico di alcuni celebri "esperti", il quotidiano ha deciso di non pubblicare assolutamente nulla. Il motivo è che le mail "non contengono dichiarazioni che avrebbero dovuto essere rese pubbliche". Ricordiamo che il New York Times non ha mai avuto alcuna remora nel pubblicare documenti email private del medesimo tipo, non ché documenti governativi top secret, giustificandosi - giustamente o meno - con la necessità che il pubblico dovesse sapere, in linea con le migliori tradizioni del giornalismo d'inchiesta. E' desolante notare come di fronte ad una rivelazione, per di più già pubblicata altrove, scomoda per la linea politica ddel quotidiano, l'autocensura venga dichiarata valida e legittima. Chi avesse ancora dei dubbi sull'imparzialità della Gray Lady non può che trarne le dovute conclusioni.

Zaiate

In un'intervista a Repubblica il ministro dell'Agricoltura Zaia difende l'operato di Tremonti nella gestione dei conti statali e respinge le accuse di favoritismo verso la Lega. "Tremonti si è trovato davanti una situazione raccapricciante. La sua linea di rigore non ha alternative in questa situazione di crisi", ha detto.
Tocca essere d'accordo con Zaia. Il problema è che il ministro dell'Agricoltura, in teoria abolito dieci anni fa, non è in accordo con se stesso: un giorno difende il rigore, il giorno prima invece sbraita per difendere gli agricoltori che campano a spese di sussidi europei e nazionali che minano tale rigore e costano decine di miliardi di euro alle tasche del Tesoro e direttamente al consumatore, grazie ai maggiori prezzi garantiti dalle normative, alle barriere alle importazioni dai paesi poveri e alle posizioni antiscientifiche e deliranti sugli OGM.

lunedì, novembre 23, 2009

Facebook e i falsi invalidi

Ad una donna canadese in malattia per "depressione cronica" è stato revocato l'assegno di l'invalidità "per colpa" di Facebook. O almeno così ha titolato il New York Times. Un caso di intrusione nella privacy da parte di un oscuro Grande Fratello? Oppure, più prosaicamente, un nuovo modo per scoprire falsi invalidi? Per quanto possa sembrare inquietante, ricordiamoci che le fotografie su Facebook sono comunque private, a meno che si scelga di renderle pubbliche. E insospettisce il fatto che una persona in malattia da un anno per depressione posti numerose foto di lei stessa in vacanza e in giro per party.

Accattoni. Davvero.

Malvinando:

Ce ne sarà stato almeno uno che abbia declinato l’invito, semmai con una scusa, tanto per non sembrar scortese? Non se ne ha notizia. Tutti dal Papa, ieri, in Cappella Sistina, tirati a lucido e col vestito serio. Come una dozzina di giorni fa, per la Giornata dello Spettacolo, al Quirinale.
In quell’occasione, “davanti a tutto quel genuflettersi e inchinarsi di attori e attrici, di artisti e commedianti, di registi e teatranti, di cantanti e cantautori”, a Sandro Bondi scappò detto: “Artisti, che accattoni!” (Il Foglio, 13.11.2009). Chiunque può azzeccarne una, di tanto in tanto.

Stato usuraio

Lo Stato usuraio (HT NeoLib):

"Sempre pronto ad ergersi come paladino dei poveri e dei deboli, è proprio lo Stato però che nei fatti finisce con l'applicare tassi usurai ai suoi poveri sudditi; al solito, quel che viene proibito ai comuni mortali - pena la galera - diventa invece come per magia legale quando a compiere gli stessi atti sono gli sgherri del fisco. E' successo così a Vibo Valentia che per il mancato pagamento di una tassa Irpef di 1.800 euro, scaturita da un conguaglio e mai notificata al contribuente, sia scattata una richiesta di 3.600 euro, senza che peraltro sia stato inviato il dovuto avviso di pagamento per lettera raccomandata come prescritto, e senza quindi che venisse indicato il responsabile del procedimento. L'ignara vittima, nel tentativo di informarsi su quanto accaduto, ha fatto trascorrere ulteriori giorni senza pagare quanto richiesto, così che oggi per chiudere la pratica sarebbero necessari 4.600 euro, roba da far impallidire per l'appunto i piu' terribili usurai. Con una sostanziale differenza: che l'usuraio chiede il conto in virtù di un accordo volontario, per quanto indotto da esigenze spesso improcrastinabili, lo Stato invece fa della coercizione la sua sola ragion d'essere."

domenica, novembre 22, 2009

Brunetta-Tremonti: bersaglio gusto, motivi sbagliati

Brunetta attacca (di nuovo) Tremonti . Purtroppo, esiste il sospetto che il ministro valtellinese venga attaccato per i motivi sbagliati e che unsuo ridimensionamento non porterebbe quindi ad un avanzamento del(piccolo) programma liberale del governo, ma di un semplice ed illiberale aumento di spesa statale.
L'insoddisfazione nel governo deriverebbe infatti dai veti posti alle richieste di spesa dei ministeri; si tratta di una politica che invece ha aiutato e sta aiutando l'Italia a non avere problemi eccessivi con il proprio immane debito pubblico. Uso il condizionale, perché Brunetta si limita a parlare di semplice "opposizione" alle riforme, ma si tratta di un artificio retorico da parte del ministro della Funzione pubblica. IL Ministero del Tesoro ha poteri di veto soltanto quando si tratta di sborsare fondi e reperire risorse aggiuntive, ossia infilare le mani nel portafoglio dei contribuenti. Nel caso riforme e provvedimenti non abbiano alcun aggravio di spesa,non vediamo come il ministero dell'Economia potrebbe vietare alcunché agli altri ministeri. Sembra quindi legittimo il dubbio che si parli di "investimenti" e "riforme" intendendo "spesa" e "tasse".
La giustificazione secondo la quale il ministro del Tesoro dovrebbe allentare i cordoni della borsa per facilitare l'introduzione di riforme strutturali od investimenti imprescindibili non sembra particolarmente valida. Molte delle riforme necessarie non richiedono maggiori spese, dato che sono probabilmente a costo nullo o talmente ridotto da essere reperite mediante qualche sano taglio alla spesa; nuovi fondi potrebbero addirittura ridurre l'urgenza di modificare pratiche inefficienti e costose. La parziale eccezione, dal mio punto di vista, è costituita dalle spese per difesa e da quelle per le forze dell'ordine, includendo in senso lato anche protezione civile e vigili del fuoco. Su questi capitoli siamo colpevolmente in ritardo; in questo blog si ritiene lo stato un male necessario, ma pare ovvio che, data la sua esistenza, gradiremmo che i suoi compiti essenziali venissero svolti decentemente, prima di spendere denaro in campi che neppure lo statalista più incallito potrebbe definire come più importanti dell'ordine pubblico. Gli investimenti necessari per i piani di sviluppo delle infrastrutture possono essere finanziati tramite accordi con soggetti privati; si tratta di una strada che probabilmente garantirebbe minori costi e sicuramente maggior trasparenza, sia per quanto riguarda tempi e modi di spesa sia per la validità dei progetti.
Brunetta ha invece ragione quando critica il conservatorismo di cui si è fatto araldo Tremonti, ma non spende una parola per definirlo meglio: il vero delitto è quello che è stato definito "l'imbalsamazione del Paese" , uno sbandamento statalista e nostalgico verso quel modello corporativo che ci ha regalato il mostro del parastato, ha strangolato il miracolo economico nella culla e ci ha portati ad un passo dal fallimento in stile argentino. Forse Brunetta non ne parla per solidarietà generazionale e storica: questo "ancièn regime" che tanti danni ha procurato è eredità condivisa fascista, socialista e democristiana. Il modello a cui TRemonti sembra talvolta voler tornare ha devastato l'italia, non appena è divenuto dominante; la vicenda imbarazzante dei Tremonti-bond, gli interventi a favore di Alitalia e FIAT, il progetto della Banca del Sud sono tutte iniziative deleterie per lo sviluppo economico del paese, utili soltanto per fare demagogia spicciola sulla pelle delle future generazioni. Ci piacerebbe vedere Giulio Tremonti sostituito da qualcuno in grado di coniugare il suo rigore dal lato delle spese con una visione della società e degli individui più a tono con un governo che si ostina a definirsi "liberale" . Di questo, purtroppo, non si sente parlare.

venerdì, novembre 13, 2009

Controstimolo e contro-bolla

Dave Rosenberg e' uno dei più' ascoltati analisti di Wall Street e nella sua ultima newsletter commenta il comportamento del settore pubblico ed i suoi effetti economici.
In sintesi, Rosenberg sostiene che il consumatore americano abbia modificato in maniera semi-permanente le proprie abitudini di spesa, riportandole verso le medie di lungo periodo. Ad esempio, secondo il tesoriere di Wal-Mart, colosso dei supermarket e microcosmo dei consumi USA, i clienti hanno "resettato i loro modelli di spesa", ripartendo da zero e rivedendo le proprie abitudini. I provvedimenti di "stimolo" dell'amministrazione Obama non possono scalfire questo aggiustamento, necessario nel medio termine per la stabilita' macroeconomica USA. I programmi di incentivo al consumo stanno soltanto distorcendo i comportamenti individuali e ritardando sviluppi desiderabili, senza tuttavia riuscire in pieno nel loro obbiettivo, quello di gonfiare i consumi nel breve periodo.
la conseguenza e', secondo Rosenberg, che gli sforzi inflattivi della Casa Bianca non avranno successo e la Fed sara' costretta a tassi zero sino al 2011.

Personalmente, questo mi lascia con due timori.
Il primo e' che la politica Fed attuale sta gia' ricreando la bolla di liquidita' che ra scoppiata nel 2007, di cui era corresponsabile. Un altro anno di liquidita' artificiale, unita ad un'economia reale anemica e di banche che non si fidano di prestare, ma preferiscono investire in titoli di stato ed azioni, e' una sicura ricetta per una sbornia speculativa i cui postumi saranno ancora peggiori della precedente. Allo stesso modo, il governo centrale continua a indebitarsi per sostenere un'economia che necessita di certezze sulle prospettive di crescita di lungo periodo e non di consumi drogati.

Il secondo elemento preoccupante e' che la "cura" prevista includera` quasi certamente massicce dosi d'intervento statale, ossia la stessa manovra che tanto ha contribuito a portarci al punto in cui siamo.

Warrenn Buffett ha spesso sostenuto che "scommettere contro l'economia USA e' sempre una pessima idea". Questa tesi e' sicuramente valida, ma presuppone un sistema economico di mercato, dove il fallimento elimini rapidamente gli insuccessi e il successo venga premiato. La continua espansione del ruolo delle burocrazie governative sta invece mettendo in pericolo tale assunto, snaturando il modello. L'amministrazione Obama sembra spesso ritenere che l'espansione della mano pubblica sia un bene in se' , in linea con gli istinti e la storia del Presidente in carica, tutta interna al settore delle ONG assistenziali totalmente finanziate da denaro dei contribuenti.
Se questo modus operandi verra' limitato ed i processi di mercato verranno finalmente lasciati liberi di agire, Buffet avra' ragione e gli USA emergeranno più' forti di prima dalla recessione. Altrimenti, il risultato e' incerto: la spinta statalista sta inceppando l'ordine che Buffett ammira e portando gli USA a somigliare all'Italia. Un'economia contro cui, spesso, non e' stato tanto male scommettere.

martedì, novembre 10, 2009

Obamacare, la riforma sbagliata per i motivi sbagliati

I difetti della sanità americana si possono risolvere più rapidamente senza ricorrere ad una riforma è inutilmente statalista e devastante per il bilancio statale e per la libertà individuale.
Su Zuppa di Porro trovate un ottimo riassunto su alcuni dei luoghi comuni riguardo alla riforma sanitaria Obama. Vale la pena di aggiungere un elemento importante: gli obbiettivi della riforma sarebbero stati raggiungibili semplicemente eliminando alcune regolamentazioni e, soprattutto, una distorsione del codice fiscale, senza imbarcarsi in una costosa avventura burocratica ed in una massiccia interferenza governativa nelle scelte individuali.

Una parte consistente dei non assicurati, ad esempio, è costituita da persone che non hanno assicurazione soltanto temporaneamente; si tratta soprattutto di coloro che stanno cambiando lavoro. La perdita dell'assicurazione in caso di disoccupazione deriva dal fatto che la stragrande maggioranza delle polizze sanitarie non sono individuali, ma legate ad un piano definito dal datore di lavoro e spesso gestito in coabitazione con il sindacato. Il codice fiscale permette al datore di lavoro di non pagare tasse sui contributi ai piani sanitari aziendali, mentre non esistono agevolazioni per i premi versati da chi sottoscrive assicurazioni sanitarie individuali. Il lavoratore che volesse ricevere in busta paga quanto versato dall'azienda e poi assicurarsi individualmente, mantenendo la copertura anche in caso di licenziamento, dovrebbe quindi prima pagare le tasse su quell'importo, rimanendo con meno denaro per pagare l'assicurazione.
L'abrogazione di questo vantaggio fiscale, oppure la sua estensione a tutti i tipi di polizze sanitarie ridurrebbe istantaneamente il numero di non assicurati, da un terzo alla metà.
Altre proposte sono relative alla rimozione dei vincoli legali e dettati dall'ordine dei medici, che hanno di fatto permesso a dottori, ospedali e cliniche di stabilire cartelli e monopoli locali in numerose città americane, oltre che dalla rimozione del divieto di vendere assicurazioni di portata nazionale e non soltanto locale.
Se per queste ultime ipotesi di riforma può esistere un margine di controversia, la modifica del codice fiscale non parrebbe avere alcuna conseguenza negativa possibile. Non si tratta di una misura complessa, né costosa, dato che il governo esenta già i premi versati. John McCain, il candidato repubblicano alla Presidenza nel 2008, aveva già proposto un piano del genere. In questo caso, il problema principale è tutto politico: i sindacati preferiscono il sistema attuale, che da' loro potere, prestigio e accesso alla gestione dei fondi sanitari aziendali. La dirigenza democratica e l'amministrazione presidenziale hanno sempre dichiarato di volere minimizzare lìimpatto sulla libertà di scelta ed il bilancio statale, ma poi non hanno neppure preso in considerazione le ipotesi di riforma meno stataliste. Ancora una volta, sorge il dubbio che per Obama l'aumento dell'assistenzialismo e della dipendenza dal governo siano proprio uno dei lati positivi della riforma: un bene in sé, non dei mali necessari.

E’ passata alla camera usa la riforma sanitaria americana. Ora tocca al senato.
1. Finalmente ogni americano avrà il diritto alla salute. Falso. Ricordate che nella migliore delle ipotesi ci saranno sei milioni di immigrati che non avranno diritto ad un bel niente.
2. Meglio dei 47 milioni di poveracci che oggi sono fuori da ogni assistenza. Conviene ricordare al vostro interlocutore che ci sono già oggi vari programmi di sostegno ai più deboli. Medicare per i tutti gli over 65 e il Medicaid per famiglie a reddito basso e disabili: coprono 75 milioni di amnericani.
3. Prima non c’era solidarietà pubblica. In Italia la spesa sanitaria pro capite è di 2686 (dollari a parità di potere di acquisto) rispetto ai 3280 (solo pubblici) spesi in america. Insomma riescono ad essere più spendaccioni anche di noi. Il che non è necessariamente una cosa buona, come è facile capire. E’ semplicemente un fatto.
4. Se passa la riforma Obama lo Stato offrirà polizze in concorrenza con i privati, così da calmierare i prezzi. Bene, perfetto. L’abbiamo già vista questa storia. Vi ricordate Freddie e Fannie hanno offerto mutui a tassi competitivi. Sono fallite e hanno alimenato la bolla subprime. Ma certo le loro intenzioni originali erano davvero buone: dare un a casa in proprieatà a tutti gli americani. Attenzione dunque a questa follia americana di mettere in concorrenzxa stato e mercato. per poi far pagare il fallimento dello Stato sul primo, ma a distanza di anni.
5. Generosi con la cure plastiche, ma con l’aborto no. parlatene con i nostri salottieri progressisti. Le polizze di Obama coprono molto, ma non l’aborto (di qualsiasi tipo). Sulla vicenda c’è stato uno scontro furibondo che ha visto vincere la Chiesa. Se una polizza sanitaria di tipo pubblico dovesse coprire l’interruzione di gravidanza, verrebbero subito meno i sussidi pubblici. Insomma Obama progressista, ma non troppo.
6. Ma molti non vogliono alcuna assicurazione. L’economista Feldstein calcola che nei prossimi dieci anni ci saranno ancora 30 milioni di non coperti. Molti degli attuali no coperti infatti semplicemente non vogliono essere tutelati. Da domani pagheranno le multe previste per coloro che non si assicurano obbligatoriamente: costano meno di una polizza. E secondo la nuovo riforma potranno assicurarsi solo al momento di un’eventuale malattia. Come dire mi assicuro l’auto solo quando faccio un incidente e prima pago una piccola multa. Mica male.
Prime riflessioni su una riforma che è stata universalmente salutata come un grande passo avanti. Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, diceva qualcuno.

Cosa sono 16 miliardi fra amici?

Fannie Mae e Freddie Mac continuano a stupire. Il contribuente, soprattutto. Dopo circa 100 miliardi di perdite nell'ultimo anno, Fannie Mae ne perde altri diciannove questo trimestre e chiede l'ennesima ricapitalizzazione al Tesoro, questa volta per 15 miliardi. Dobbiamo ammettere almeno l'onestà della nuova dirigenza, che ha smesso di fingere che questi saranno gli ultimi dollari del contribuente che verranno bruciati sull'altare dell'allucinazione immobiliare.

La storia di Fannie Mae e Freddie Mac, definite GSE, è tristemente nota: si tratta di aziende che in Italia sarebbero state definite parastatali anche nei momenti migliori, un ibrido pubblico-privato che sembrava prendere il peggio di entrambi i mondi: due istituzioni il cui azionariato era privato, , ma che godevano di uno status nebuloso e di una garanzia "implicita", mai formalizzata ma spesso ribadita da parte del ministero del Tesoro e il cui consiglio di amministrazione era però di fatto deciso dai politici in Congresso. Il ruolo istituzionale dei due colossi era di fatto quello di sfruttare la garanzia implicita per finanziarsi a tassi fuori mercato ed impiegare tale liquidità per acquistare mutui, acquistandoli dalle banche che li erogavano; il risultato netto era un gigantesco sussidio all'acquisto della prima casa, un elemento che ha giocato un ruolo non secondario nella nascita della bolla immobiliare americana: perché preoccuparsi della qualità dei debitori, quando un ente statale si prendeva carico dei mutui erogati? Lo schema sembrava a costo zero: il debito delle due società non rientrava nei conti del debito pubblico americano.

La crisi immobiliare ha dimostrato la fondatezza delle numerose critiche a questo sistema. Quando i valori immobiliari hanno cominciato a scendere, la due società sono entrate in crisi ed il governo americano si è trovato costretto ad onorare la propria garanzia e a renderla implicita. Le due società hanno già bruciato 121 miliardi di capitale, 51 dei quali erogati dal Tesoro soltanto nell'ultimo anno. La spinta dell'amministrazione Obama per attutire la crisi del mercato immobiliare ha portato ad una ulteriore distorsione del sistema: le GSE erogano al momento i tre quarti dei nuovi mutui, di nuovo a tassi inferiori a quelli di mercato. Il risultato sono tassi di insolvenza in salita e nuove perdite. Anche la venerabile FHA, la Federal Housing Administration, è stata impiegata in questo schema ed ha accumulato, secondo alcune fonti, un passivo superiore ai 50 miliardi di dollari. Il resto del sistema bancario non è ovviamente in grado di operare in maniera atuonoma e si limita spesso ad agire da semplice cinghia di trasmissione: i tassi offerti sono troppo bassi per poter essere remunerativi per un operatore non finanziato dal governo. Non sapremmo come chiamare un sistema di questo genere, ma "libero mercato" non è certo il termine adatto per per un sistema del genere, nel quale prezzi e quantità del servizio offerto sono di fatto decisi da agenzie parastatali, che lavorano in perdita e finanziano il disavanzo con denaro del contribuente. A questo punto non stupisce neppure più molto il fatto che l'amministrazione Obama cerchi di risolvere una crisi da eccesso di debito, generato da un'interferenza governativa, con ulteriore debito ed una distorsione ancora più massiccia dello stesso genere , continuando nel contempo a parlare di un "capitalismo senza vincoli" introvabile nel settore.


lunedì, novembre 09, 2009

La memoria

Invece di ascoltare le reminiscenze di chi nel 1989 ha perso, ma non vuole ammetterlo, guardate ed ascoltate qualcuno ch eha avuto i coraggio di opporsi all'abominio totalitario e a chiamarlo col nome che meritava.


Hat tip: The Right Nation

Morti viventi (finanziari) a confronto: in Giappone la aziende, negli USA tocca alle famiglie.

La crisi giapponese degli anni'90 è stata caratterizzata dalla presenza delle zombie corporations; negli USA, assistiamo al fenomeno degli "zombie households", ossia delle famiglie ridotte a zombie da un malinteso "supporto pubblico" .

Le zombie corporations erano le aziende insolventi tenute a galla da prestiti di favore del sistema bancario, generosamente sussidiato tramite tassi a zero. Il supporto ad aziende decotte ha ritardato la ristrutturazione del sistema, continuato ad affondare in aziende senza speranza risorse scarse come credito e lavoratori abili, che sarebbero stati meglio impiegati dalle aziende sane; le aziende profittevoli ed i settori all'avanguardia sono stati invece costretti invece a subire la concorrenza degli zombie, di fatto sussidiati dl governo tramite le banche, oltre che a subire l'onta di pagare tasse impiegate per favorire i propri stessi concorrenti. L'Italia ha subito una dinamica analoga negli anni'70 , quando ingenti risorse pubbliche vennero investite nel salvataggio di aziende decotte e nella creazione di un impero economico parastatale mantenuto a spese delle aziende sane e delle tasche del contribuente.

Il rifiuto di accettare la realtà economica e la necessità di lasciar fallire chi ha sbagliato, ripulendo il sistema, rischia di gettare le famiglie USA in un circolo vizioso analogo a quello del settore aziendale giapponese. Annaly Capital Management evidenzia come i dati che evidenziano lo stress finanziario delle famiglie americane siano fuori da ogni norma storica. I livelli d'indebitamento sono stati eccessivi e il mercato del lavoro e quello immobiliare sono cambiati in maniera drastica; l'eccesso di debito, non può che essere eliminato tramite una politica che accetti un elevato grado di ristrutturazione del debito, anche tramite bancarotte personali delle famiglie che hanno imprudentemente impiegato le proprie abitazioni come "bancomat" per troppo tempo. In questo momento, il debito immobiliare sta inceppando anche uno dei grandi meccanismi di aggiustamento della forza lavoro negli USA, ossia la mobilità interna. Chi potrebbe trovare lavoro in un altro stato spesso non può trasferirsi: la propria casa vale meno dei debiti dovuti su di essa, mentre le case nello stato di destinazione sono spesso troppo care, a causa degli incentivi governativi che gonfiano sia la domanda che, soprattutto, le aspettative dei proprietari attuali, con il risultato di ridurre lo stock offerto.

Deviazioni standard dalla media

Hat tip: PragCap .
Crossposted from Macromonitor

Cuba festeggia il Muro con il pestaggio dei blogger

A vent'anni dalla caduta del Muro, la memoria si è affievolita. Il ricordo, fresco e penetrante, degli orrori del comunismo e, soprattutto, della miserie del "socialismo democratico" europeo stanno svanendo; le masse, spaventate, tornano all'atavismo collettivista, alla regressione verso il branco, sacrificando tutto alla falsa sicurezza del guinzaglio. Giova ricordare, a questo punto, cosa accade nei luoghi dove il socialismo vive e lotta insieme a noi: nella Cuba “più diversa e più libera” amata da Gianni Minà

"Dite a Gianni Minà, colui che si è autodefinito “l’artista che ha affermato la televisione e il suo linguaggio”, che la bloggera che tanto detesta, quella che ha la colpa di non vedere e di non raccontare al Mondo diffidente “le conquiste sociali che rendono Cuba diversa, più libera”, è stata brutalmente sequestrata e picchiata da agenti della Sicurezza dello Stato. “Mi hanno tolto i vestiti, mi hanno messo le gambe verso l’alto e la testa in giù per caricarmi in macchina”, ha raccontato Yoani Sanchez, curatrice del blog Generacion Y. “Con un ginocchio mi facevano forza contro il petto e io gli stringevo i testicoli. Poi mi hanno picchiato in testa.

Gli energumeni del civilissimo e democraticissimo governo dei fratelli Castro le avrebbero anche detto “fino a qui sei arrivata. Non farai più niente”. Insomma, un avvertimento molto chiaro in perfetto stile mafioso. Ma siamo sicuri che anche stavolta il prode amico dei dittatori ribadirà che si tratta di squallide mistificazioni, di episodi riconducibili a quellosforzo palese per controbattere il vento di simpatia nei riguardi di Cuba che spira nel continente latinoamericano e anche nella parte progressista degli Stati Uniti”. Ne siamo certi.

"

Non illudetevi: non succede solo perché ci sono compagni che sbagliano. Succede perché è l'inevitabile dinamica del potere totalitario, il risultato finale del piano inclinato su cui ci si pone quando si comincia a parlare di "giustizia sociale" e di scarificare l'individuo al "bene comune". Lo sapevano benissimo i socialisti pre-marxiani e lo stesso Marx, anche se i suoi epigoni s'illudono o ci illudono che non succederà di nuovo.

Hat tip: DAW

9 Novembre 2009: quello che abbiamo dimenticato

Il 9 Novembre 1989, qualcosa di meraviglioso è accaduto. In un momento sublime, le menzogne di cinquant'anni sono state travolte da un fiume in piena che fuggiva dal "paradiso dei lavoratori". Persino i comunisti più coriacei dovevano ammettere che qualcosa doveva essere successo; persino i "socialisti democratici", critici verso l'URSS, ma non verso l'economia di piano e la repressione che ne deriva, dovettero riflettere sulle contraddizioni del proprio credo. Ogni critica al socialismo era stata confermata, ogni confutazione si era realizzata; il fallimento del collettivismo, sia nella sua accezione sovietica che in quella socialdemocratica era palese ed evidente. Persino coloro che si chiamavano "comunisti" un anno dopo il crollo del muro discettavano di "rivoluzione liberale", senza ovviamente comprendere la natura dell'ossimoro che propugnavano. Per un attimo, è sembrato che finalmente il mondo si potesse liberare dell'allucinazione totalitaria e delle sue versioni fintamente "leggere", tanto diffuse in Occidente. Sembrava che avessimo imparato, che avessimo compreso il fondamento della lezione liberale e democratica: la libertà è superiore alla schiavitù e non si può imporre la libertà schiacciando gli individui che dovrebbero goderne, in nessun campo: interferire quando non vi è violenza dell'uomo sull'uomo porta, prima o poi, alla miseria ed alla tirannide, non importa quanto buone siano le intenzioni di coloro che intervengono.In questi vent'anni come nei tre secoli precedenti, appena la libertà si è fatta strada centinaia di milioni di persone hanno avuto l'opportunità di uscire dalla povertà e dalla servitù e l'hanno colta.

A vent'anni dalla caduta del Muro, la memoria si è affievolita. Il ricordo, fresco e penetrante, degli orrori del comunismo e, soprattutto, della miserie del "socialismo democratico" europeo stanno svanendo; le masse, spaventate, dimenticano il ruolo fondamentale dell'ordine liberale tornano all'atavismo collettivista, alla regressione verso il branco. La grande, immensa colpa dei liberali è quella di avere avuto fiducia nei propri simili, credendo che conversione di molti collettivisti fosse sostanziale, mentreabbimao avuto una semplice modifica formale delle parole d'ordine. Ci siamo seduti sugli allori, invece di ricordare a tutti quanto il regime nel quale viviamo non fosse totalitario, ma fosse ancora ampiamente improntato al collettivismo dirigista. Abbiamo lasciato che la sinistra accusasse di ogni nefandezza il "libero mercato", lasciando che prendessero ad esempio pratiche nelle quali era proprio l'assenza di libertà a creare i maggiori problemi; abbiamo lasciato che accusassero la libertà di aver creato la crisi finanziaria,che ha invece le proprie radici nel settore bancario tradizionale, quello che magari non parla inglese, ma che sicuramente non assomiglia per nulla ad un libero mercato, visto che prezzi e quantità della materia prima vengono decisi da un'autorità statale e che ilnumero ede ili comportamento dei partecipanti è minuziosamente regolato da burocrazie e politici. Non dobbiamo stupirci che in occidente il "libero mercato" venga criticato tanto aspramente: l'opinione pubblica ascolta ancora le sirene collettiviste,con le quali si sente a proprio agio ed inveisce verso un "liberismo" inventato, che funge soltanto da capro espiatorio per gli errori statali.
Dopo vent'anni, sembra chiaro che i liberali non possono accontentarsi di avere ragione, perché i socialisti hanno dalla loro un'arma potentissima: la paura , l'appello agli istinti più atavici e primitivi nascosti nell'inconscio umano. La bestia è collettivista e noi abbiamo commesso un gravissimo errore a dimenticarcelo. che invece derivano dalla sopravvivenza delle idee collettiviste e dirigiste. Siamo stati troppo compiacenti ed abbiamo dimenticato quanto radicate nei nostri istinti siano le tentazioni di nascondersi nel branco, di seguire la folla, nell'accettare la coercizione; tutti comportamenti ormai deleteri sia per il nostro benessere che per la nostra libertà, quando applicati ad una società estesa e non al proprio ristretto clan; comportamenti istintivi, d'altro canto, contro i quali avremmo dovuto, ogni singolo giorno, far valere la voce della ragione e della libertà, smascherando i finti filantropi e ricordando come esista, sempre, per ogni destinazione, un cammino diverso da quello della coercizione: non esiste soltanto la via della servitù , ma anche il cammino della llibertà. se vogliamo evitare il ritorno alla barbarie socialista, dobbiamo ricominciare a lottare, a reclamare indietro ogni centimetro, a contestare e confutare ogni menzogna, dobbiamo rifiutarci di scimmiottare le politiche di governo tipiche dei collettivisti . Dobbiamo cominciare dando il buon esempio: soprattutto a destra,dobbiamo liberarci della fascinazione per i facili metodi statalisti, colbertisti o corporativi che siano; altrimenti non importerà quanto buone siano le nostre intenzioni: staremo soltanto spanando la strada al ritorno della tirannide.

domenica, novembre 08, 2009

Michael Moore dall'Annunziata: la fiera dell'assurdo

Lucia Annunziata oggi intervista Michael Moore. Per mezz'ora,  si fanno al regista americano le stesse domande che si porrebbero al presidente della Camera, ad un ambasciatore o ad un rispettato esperto d'economia e politica internazionali.
 Al pubblico di Raitre, ovviamente, viene presentato come un guru in possesso di una conoscenza perfetta delle condizioni degli USA e dei rapporti fra Italia ed USA. Peccato che Michael Moore sia un incrocio fra Di Pietro e Nanni Moretti, senza i (pochi) pregi di entrambi, ma con buona parte dei loro difetti: un regista di mezza tacca, che produce documentari infarciti di propaganda e falsità. Lucia Annunziata, un vero mastino e di norma una brava giornalista, ha improvvisamente un punto cieco e si mette in ginocchio di fronte ad un incompetente, che si diverte a definire gli avversari della riforma sanitaria come dei razzisti nostalgici della schiavitù, pronti ad uccidere  Obama in nome della supremazia razziale. L'unico momento in cui l'Annunziata si adombra è quello in cui Michael Moore fa notare che FIAT non ha  esattamente una grande reputazione negli USA; Marchionne o non Marchionne, i dati sull'affidabilità sono quelli che sono. E' un vero peccato che Moore non applichi gli stessi standard di rigore, quando si diverte a trinciare giudizi su ciò che non conosce e non vuole conoscere. 

Il canone RAI serve anche a questo: lasciare campo libero ai pregiudizi di un'altrimenti valida giornalista, prestandole l'autorità dell'imprimatur governativo e i soldi di ogni contribuente.

venerdì, novembre 06, 2009

Strumenti di pace

La nave MV Francop, fermata dalla marina israeliana, trasportava alcune dozzine di container che si sono rivelati pieni di armi, sia di piccolo che di grande calibro. La nave era diretta in Siria e i container sono partiti da un porto iraniano. I servizi israeliani ipotizzano che la destinazione finale fossero gli arsenali di Hezbollah, in Libano. Sarebbe interessante conoscere l'opinone dell'aspirante ministro degli esteri europeo Massimo D'Alema, vista la sua ferma convinzione che Hezbollah e l'Iran non abbiano mai avuto intenzioni bellicose e che siano sinceri nel promettere la pace - dopo la distruzione di Israele, ovviamente. Ci manca soltanto che li definisca "una costola della sinistra" e saremo a posto.

D'Alema, un vicolo cieco

La candidatura di D'Alema alla posizione di "Ministro degli esteri" europeo non mi ha mai convinto particolarmente. JimMomo chiasrisce bene perché si tratti di una pessima idea, soprattutto per Belrlusconi. Il numero di scelte miopi da parte dell'amato Silvio aumenta a vista d'occhio.



Sarebbe un'ingenuità sciagurata. D'Alema lo conosciamo. Se dovesse farcela, si scorderebbe presto dell'aiuto di Berlusconi e, complici la sua arroganza e la stampa 'amica', la storia diventerebbe quella del grande statista riconosciuto a livello europeo: era il candidato perfetto... chi altri, se non lui, avrebbe potuto essere designato per quella carica? Se viceversa, come probabile, non dovesse farcela, ciò proverebbe lo scarso peso dell'Italia in Europa.

Ma un eventuale successo contribuirebbe almeno a svelenire il clima interno sulla figura di Berlusconi, favorendo un dialogo costruttivo tra maggioranza e Pd su riforme e giustizia? Nient'affatto, perché il Pd nemmeno con Bersani (e D'Alema) al comando riuscirebbe tornare titolare della guida dell'opposizione reale, che rimarrebbe appaltata a la Repubblica, ai magistrati e a Di Pietro, che continuerebbero imperterriti a intorbidire il clima, per di più accusando D'Alema e il Pd di inciucio. Bersani passerebbe i prossimi anni a convincere la Repubblica che non c'è stato nessun inciucio e addio a ogni possibilità di dialogo.


[...]

Infine - ma per chi legge questo blog è scontato e non ho bisogno di dilungarmi - D'Alema a rappresentare la politica estera e di sicurezza dell'Ue sarebbe una iattura, a cominciare dai rapporti con Israele e il mondo arabo, e dall'approccio nei confronti del terrorismo islamico.

NY23: una lezione per la destra americana ed italiana

La vittoria repubblicana del 3 Novembre ha una rilevante eccezione, che suggerisce una lezione valida su entrambe le sponde dell’Atlantico: la destra vince quando è liberale a tutto tondo, non quando si contraddice diventando statalista sul piano etico.

I candidati del centrodestra hanno vinto in Virginia ed in New Jersey, ma hanno perso il seggio del 23mo collegio di New York. E’ vero che a New York il voto conservatore è stato diviso in due, con la candidata repubblicana ufficiale che, alla fine, si è ritirata appoggiando l’avversario democratico e spostando una componente non trascurabile di voti; l’establishment del partito si era tuttavia schierato dalla parte di Doug Hoffman, repubblicano che correva per il Conservative Party, ed il seggio NY23 è in teoria conservatore per un ampio margine. Virginia e New Jersey, al contrario, erano stati che avevano votato in massa per Barack Obama e dove i repubblicani non vincevano le elezioni statali da anni. La vittoria, insomma, era più probabile proprio dove il centrodestra americano è stato sconfitto.

Come fa notare Roger L. Simon , la differenza va probabilmente al di là delle differenze tattiche e contingenti nel voto. I candidati repubblicani vincitori hanno sottolineato un programma economico volto a ridurre spese e tasse, senza promettere agli elettori interventi sul piano etico. Hoffmann, al contrario, ha sì sottolineato il proprio liberalismo sul piano economico, ma lo ha accoppiato ad un forte interventismo etico, che vorrebbe legiferare su aborto ed omosessuali. Non solo, infatti, ha proiettato l’immagine di un politico disgustato dall’appoggio al piano di stimolo di Obama da parte della candidata ufficiale del GOP, Dede Scozzafava, ma è stato almeno altrettanto critico verso la sua tolleranza per l’idea dei matrimoni gay e per la possibilità di abortire per le donne. Il risultato è stata una sconfitta ampiamente evitabile. Con il suo comportamento, ha rinunciato ad una fetta rilevante dell’elettorato americano: quella fetta di individui (circa un quinto degli elettori) che non vogliono soltanto che lo stato tenga le mani fuori dalle loro tasche, ma anche il naso fuori dalle loro camere da letto.
Sono questi gli elettori che hanno contribuito in maniera determinante, quanto gli evangelici, alle vittorie del Partito Repubblicano negli ultimi trent’anni; sono anche il futuro, demograficamente parlando, del partito. Gli americani si sono insomma dimostrati favorevoli a candidati che promettano di tenere il governo fuori dalle vite dei cittadini sia nella sfera privata che in quella economica.

Non si intende con questo che i candidati socialmente conservatori debbano rinnegare le proprie scelte personali, oppure che queste non debbano essere rilevanti, tutt’altro; il neo-governatore della Virginia Bob McDonnell è un conservatore religioso a livello personale, ma ha vinto proprio perché ha puntato sui temi economici, senza polarizzare l’elettorato con un appello all’interventismo etico. Gli elettori preferiscono decidere direttamente quali siano i comportamenti eticamente accettabili, piuttosto che vederseli dettare tramite la coercizione legislativa. Ridurre la libertà, in ogni ambito, è, in sintesi, una scommessa molto pericolosa per i politici della destra americana: volendo escludere i “moderati”, i conservatori duri e puri sono in realtà divisi dal punto di vista etico e l’unico modo per mantenerne l’unità è quello di lasciare le scelte private al di fuori delle aule parlamentari (magari tramite referendum, come accaduto nel Maine). I fondamentalisti religiosi possono essere una componente estremamente organizzata, ma il loro voto non è più determinante di quello della numerosa e crescente componente libertaria.

In Italia, il PdL mostra da lungo tempo i medesimi sintomi che hanno procurato tanti guai al GOP: una deriva verso una visione corporativa e clericale della destra, schiacciata su di un proibizionismo etico mirante ad imporre per legge valori che andrebbero invece difesi, quotidianamente, da ognuno di noi. Non dobbiamo dare per scontato che una simile supplenza legislativa alla coscienza individuale sia gradita, neppure per gli italiani; si è potuto verificare il contrario in più occasioni. E’ tempo, anche per il PdL, di accettare il principio per cui il governo deve garantire le libertà dei cittadini in ogni ambito, senza volerne dettare minuziosamente i contenuti; probabilmente anche una maggioranza dei cattolici accetta che la persuasione e la pressione sociale funzionino meglio di una falsa virtù imposta per legge. Continuare sulla strada di un partito dedito a crociate moralistiche rischia di rinchiudere il PdL in un ghetto, impedendogli di cogliere il vero motivo della immensa popolarità del messaggio berlusconiano del 1994: una promessa di libertà, dopo due generazioni di Stato Etico.


Crossposted su Libertiamo

Anarchici e fondamentalisti: Guy Fawkes e la distruzione della storia

Nonostante sia un amante dei fumetti, mi rendo conto dei danni che possono provocare, soprattutto quando il suo autore li impiega come veicolo di propaganda. Un comportamento legittimo, ma deleterio quando il pubblico che li legge non è soltanto ignorante riguardo agli eventi descritti e spesso distorti, ma non è neppure più abituato al pensiero critico; prende quindi per buona la versione inventata dei fatti, senza neppure pensare a controllare la veridicità dei fatti descritti. E' vero che i fumetti sono soltanto opere di finzione; il dramma è che la maggior parte della cosiddetta "opinione pubblica" conosce la storia soltanto da quello che legge nelle opere di narrativa o che vede al cinema. Il risultato è che non conosce la storia, ma una sua versione propagandistica e falsa, che impedisce di prendere decisioni informate e che ha giocato un ruolo non minore nella diffusione delle ideologie collettiviste. Come è anche il caso del film "JFK", le menzogne storiche diventano una sorta di "conoscenza comune", dove nessuno contesta più una versione della storia falsata, quando non inventata di sana pianta, al fine di migliorare l'impianto narrativo o di vendicare i pregiudizi ideologici dell'autore. L'opinione pubblica si forma, di fatto, su di una menzogna, portando così a una percezione distorta della realtà. Temo che l'abominio postmodernista, la menzogna secondo la quale la realtà non esisterebbe, ma esisterebbero soltanto "narrative condivise", derivi buona parte della propria popolarità proprio dal desiderio di giustificare questo stato di cose, sia da parte degli intellettuali, che da parte delle "vittime" meno disposte ad ammettere le proprie responsabilità.
Questo non avviene soltanto, purtroppo, nella mente degli appartenenti alla cosiddetta sinistra: Fabristol sostiene che molti, troppi libertarian che hanno letto "V" stiano commettendo un tragico errore. Sono soltanto parzialmente d'accordo, ma sia il post che lo scambio di opinioni che ne segue è interessante.

Immaginatevi se il giorno dell’11 Settembre 2001 Mohammed Atta e i suoi compagni terroristi fossero stati arrestati dalla CIA. Fra 400 anni negli USA si festeggerebbe l’11 Settembre come un giorno di libertà dove 3500 persone scamparono alla morte orchestrata dai fanatici religiosi. E’ un parallelo a quello che successe 400 anni fa in Regno Unito, quando un fondamentalista cattolico di nome Guy Fawkes con altri congiurati cattolici cercò di far esplodere il Parlamento inglese a Londra, con migliaia di persone dentro, compresi molti cattolici. Qualcosa non funzionò, la CIA dell’epoca lo arrestò e fu bruciato vivo. Fawkes agì perché come cattolico veniva perseguitato nel Regno Unito. Il suo obiettivo era quello di restaurare il cattolicesimo di stato in un periodo di guerre di religioni che infiammavano l’Europa continentale. Fawkes era un neoconvertito. Apparteneva ad una famiglia nobiliare dello Yorkshire e dopo la conversione al cattolicesimo si arruolò come mercenario per conto della Spagna nella guerra delle Fiandre. Combattè per dieci anni a fianco dei cattolici fiamminghi e spagnoli e imparò ad usare gli esplosivi. Provate a sostituire Fiandre con Afghanistan e 11 Settembre con 5 Novembre.


I britannici festeggiano il 5 Novembre perché Guy Fawkes/Mohammed Atta fu arrestato e arso vivo, non perché Guy Fawkes voleva far esplodere il parlamento. Il problema arriva quando esce il fumetto di Alan Moore V per Vendetta, seguito dal film. Il fumetto così come il film ribaltano la situazione (prendendo spunto da molti anarchici dell’800) definendo Guy Fawkes un anarchico che voleva eliminare lo stato o perlomeno i simboli di uno stato oppressivo. Tuttora molti libertarian festeggiano Guy Fawkes perché pensano sia un anarchico che aveva come scopo l’abbattimento dello stato, quando invece l’obiettivo del terrorista Fawkes era quello di restaurare il cattolicesimo di stato e riportare il Regno Unito nell’orbita del papa re, e magari alla mercè della Spagna dove vigeva l’Inquisizione. In realtà questi libertarian festeggiano il fumetto di V per Vendetta non Guy Fawkes day.

mercoledì, novembre 04, 2009

FED: L'inizio della fine del denaro facile?

Secondo le minute del Federal Open Market Committe della Fed,la banca centrale h ridotto e ridurrà ancora gli acquisti di debito delle GSE. Si tratta dello strumento principe con il quale la Fed ha iniettato liquidità nel sistema e sostenuto l'erogazione di mutui negli USA. Se questo è l'inizio della fine del denaro facile per tutti, il mercato azionario non la prenderà bene: buona parte del rally di questi mesi non è derivato da un miglioramento dei fondamentali economici, ma dall'impiego della liquidità fornita gratuitamente dalle banche centrali e dalla disperata necessità da parte dei risparmiatori di prendersi rischi sempre maggiori pur di avere rendimenti accettabili, dopo che la politica dei tassi a zero ha depresso i tassi d'interesse a breve termine in tutte le maggiori economie. L'uscita dalla prima bolla è stata devastante e le politiche governative hanno prodotto questa seconda, piccola bolla. L'uscita da questa sarà, probabilmente, altrettanto dolorosa, ma non sappiamo ancora se torneremo ad un'eocnomia libera o se ritorneremo al solito mix di manipolazioni politiche ed incentivi distorti che rende da decenni il settore finanziario quello meno vicino ad un libero mercato che si possa avere in un reigme capitalistico.

martedì, novembre 03, 2009

Maraini si ubriaca con l'acqua

Carlo Stagnaro sbugiarda Dacia Maraini, che oggi se la prende con la "privatizzazione dell'acqua" che avrebbe ridotto la qualità e aumentato i prezzi. Peccato che nessuno voglia privatizzare un bel niente, purtroppo; che in Italia i prezzi siano irrisori e che siano fissati da enti politici e burocratici, non dai privati, che da noi non sono ancora di fatto in grado di gestire la fornitura dei servizi idrici. Proprio per questo, forse, abbiamo tanti problemi con la fornitura dell'acqua .

Crocifissi e mezzalune, dimostrazioni per assurdo

Come si è già arguito spesso e volentieri in questo blog, i cattolici dovrebbero smettere di affidarsi alla forza dello Stato e ignorare la forza della libertà: il giorno in cui si ritrovassero minoranza, saranno vittime delle stesse prevaricazioni governative che adesso applaudono. Non sarebbe meglio disarmare adesso quello Stato che prima o poi finirà per opprimere anche loro? La lezione di Antonio Rosmini è davvero andata completamente perduta? Fabristol illustra perfettamente e con ironia il problema


Anno 2060, una città d’Italia.

“Papà, oggi in aula hanno appeso la mezza luna dell’Islam. La professoressa Fathima Hussein dice che siccome l’80% della popolazione italiana è musulmana e che l’Islam è una tradizione consolidata da oltre 50 anni in Italia è giusto così. Dice anche che la mezza luna dell’Islam è un simbolo di laicità.”

“E tu cosa hai detto?”

“Cosa avrei dovuto dire da buon cattolico, papà?”

“Beh avresti dovuto dire che i muri delle istituzioni pubbliche non sono come gli angoli dove pisciano i cani per delimitare il territorio del branco più numeroso. E che quella della professoressa è una chiara violazione della laicità dello stato.”

“Ah.”

“Anzi ora chiamo il vescovo di Roma per protestare alla Corte Europea per i diritti dell’Uomo. Non si sa mai che gli ultimi 50.000 cattolici d’Italia riescano finalmente a far valere il loro diritto di minoranza ad essere rispettati. Che fine ha fatto la sana laicità, per dio!”

lunedì, novembre 02, 2009

La stampa estera che non piace a Repubblica


Quello che Repubblica non vi racconta: sulla prima pagina del Wall Street Journal online non ci finiamo solo e solamente per notizie negative. Oggi, ad esempio, c'era un bell'articolo sui progressi della lotta alla camorra. Da notare: lo snapshot si rifà al pomeriggio, mentre in mattinata la notizia era ancora più in evidenza.
Non credo che Repubblica ci scriverà ponderose articolesse, meditando sulla decadenza italiota e sulla mafiosità berlusconiana. Soprattutto, non credo ve ne parlerà mai: la stampa estera esiste soltanto quando critica, mai quando approva quanto avviene in Italia sotto un governo di centrodestra.

Il miglior paradiso fiscale? Il Delaware

Uno studio sui paradisi fiscali per aziende rivela che la giurisdizione migliore per le società in cerca di segretezza e di un fisco leggero non è il Liechtenstein o il Lussemburgo, ma uno stato americano: il Delaware.
Oltre ai paradisi fiscali per le persone fisiche, si discute spesso dei "paradisi " per aziende. Nel caso delle persone giuridiche, non si tratta soltanto di avere l'aliquota minore e della riservatezza nel trattamento dei dati finanziari e personali. Altrettanto rilevanti sono fattori quali il perimetro di tassazione ovvero la necessità di dichiarare e farsi tassare redditi non prodotti nello stato, oppure la necessità che il proprio quartier generale si trovi effettivamente nello stato dove si presenta la "dichiarazione dei redditi".

L'inglese Tax Justice Network e Christian Aid, una ONG , hanno compilato il 2009 Financial Secrecy Index, che ordina 60 giurisdizioni in base alla propria trasparenza, all'intrusività del fisco ed ai prerequisiti per domiciliarvi la propria società .
Il risultato è alquanto sorprendente: in testa si trova lo stato del Delaware, seguito da Lussemburgo e Svizzera. La top ten è la seguente:

(1) USA (Delaware); (2) Lussemburgo; (3) Svizzera; (4) Isole Cayman ; (5) Gran Bretagna (Londra); (6) Irlanda; (7) Bermuda; (8) Singapore; (9) Belgio; (10) Hong Kong.

Lo stato del Delaware è noto per la sua legislazione favorevole alle aziende, tanto da essere stato scelto da numerose grandi società USA come sede (formale) delle proprie attività. Stupisce che, nonostante la retorica del Presidente Obama, il piccolo stato da cui proviene il vicepresidente Biden riesca a battere la concorrenza di giusrisdizioni ben più conosciute. Oppure non dovremmo: le parole del Caro Leader vanno credute come vangelo e mai contestate, ogni ulteriore analisi è soltanto razzismo sotto un altro nome.

Hat tip: FT Alphaville

Socialismo ferroviario

Su Lavoce.info si parla della controliberalizzazione ferroviaria messa in atto dalla Lombardia: una società mista regione/ Trenitalia, per gestire in monopolio un servizio ferroviario regionale ch ecosta centinaia di milioni di euro in sussidi e che non riesce a soddisfare neppure gli standard minimi promessi dalle Ferrovie stesse. Eppure, dal 2011 il servizio potrebbe essere liberalizzato completamente e già dal 2006 la giunta lombarda aveva cercato d'introdurre gare d'appalto nella gestione delle linee. Purtroppo, anche il Veneto ha seguito lo stesso schema: invece di cogliere le opportunità della liberalizzazione suggerita dall'Unione Europea, ci si è accodati alla restaurazione del monopolio statale da parte dei socialisti di entrambi gli schieramenti. COmprensibile da parte dei sinistri, ma imperdonabile da parte di chi blatera di merito e poi reintroduce monopoli e mazzettifici. Cercasi destra liberale, insomma, ch enon si limiti alla retorica e realizzi che, se ocntinuano a scimmiottare gli ex-comunisti ed ex-democristiani di sinistra, prima o poi la gente voterà per l'originale, ossia il PD.
La nuova società unica giustamente definita "né sufficiente né necessaria". Sarebbe bastato definirla dannosa, ma alla Voce preferiscono sempre lasciarsi aperta la strada ad un po' di "programmazione" che fa tanto sinistra illuminata.


"UNA SOCIETÀ UNICA NON È SUFFICIENTE NÉ NECESSARIA

[...] esonerare dall’obbligo non significa proibire. Volendo, la Regione Lombardia avrebbe potuto comunque bandire qualche altra gara, almeno per saggiare meglio il terreno. Invece, in un recente incontro pubblico (2), il Direttore Generale di FNM, Giuseppe Biesuz ha sostenuto che con le tariffe vigenti in Lombardia nessun concorrente si presenterebbe e, quindi fare le gare risulterebbe in un’inutile perdita di tempo. Verrebbe da osservare che le gare bisognerebbe bandirle e bandirle senza trucchi per vedere se qualcuno si presenta oppure no. Chi dichiara poi che le attuali tariffe lombarde costringerebbero i potenziali concorrenti a perdere soldi o 1) pensa che i potenziali concorrenti abbiano necessariamente gli stessi costi di Trenitalia e di FNM; e/o 2) ignora che esistono (e ovviamente ne godrebbero anche gli eventuali nuovi entranti) i sussidi pubblici che coprono il 70% dei costi, cioè ciò che non viene coperto con le tariffe; e/o 3) ammette che la Newco sia condannata al fallimento in brevissimo tempo. Tutte cose difficili da sostenere, insieme o separatamente.
Per una gestione integrata delle ferrovie lombarde non serve una società ferroviaria unica ma una vera programmazione dei servizi da parte della Regione, che ha tutte le competenze (amministrative ed economiche) per ottenere un’offerta migliore e a costi più bassi. Non solo, ma la realizzazione dell’integrazione tariffaria esiste da molti anni in molte aree metropolitane europee, anche se esistono diversi gestori dei servizi: ad esempio a Parigi, dove convivono RER, RTP e SNCF con un unico titolo di viaggio; o a Londra, dove il Transport for London governa la rete di metropolitana pubblica più estesa del mondo, ottimi servizi di superficie affidati con gara a diverse compagnie private e integra servizi ferroviari, a loro volta affidati con gara ad altre compagnie private."


Per una panoramica sul settore, consigliamo anche i lavori dell'Istituto Bruno Leoni.
Hat tip: il Socio

Sei mesi per vedere il Kindle-killer fuori dagli USA?

Il gigante delle librerie americane, Barnes and Noble, starebbe pianificando di offrire il suo nuovo ebook reader anche fuori dagli USA. IL B&N Nook ha quelllo che ha Kindle - e qualcosa in più: oltre ad un secondo schermo touch, ha accesso ad una maggior selezione di titoli ad un prezzo inferiore a quello di Amazon, offreuna vasta selezione di titoli grauiti, dovrebbe essere in grado di leggere più formati rispetto a Kindle, non obbliga a rimanere legati alla sola Amazon e permette di leggere i propri libri anche su PC e smartphone. Le caratteristiche tecniche dello schermo dedicato alla lettura sono simili a quelle di Kindle: lo schermo non necessita di retroillluminazione ed ha una definizione ed un contrasto paragonabili a quelli della carta, rendendo l'esperienza simile a quella della lettura di un vero libro. La durata delle batterie dovrebbe essere simile a quella di Kindle: giorni interi. La funzione più importante, tuttavia, è quella che permette di condividere o prestare online i propri libri, per un periodo di tempo predeterminato.

Se le prove su strada confermassero i test, l'unico vantaggio rimasto al Kindle sarebbe la possibilità di scaricare gratuitamente libri direttamente dalla rete 3G in tutto il mondo, introdotta soltanto di recente; Nook è dotato di Wi-Fi, che in Europa non è purtroppo una valida alternativa, ma per ora non gestisce l'acquisto ed il download di nuovi titoli fuori dagli USA. Uno svantaggio che, a quanto pare, Barnes&Noble si prepara a colmare: TechCrunch ha scoperto che la catena starebbe cercando un "responsabile della struttura internazionale", che per ora non esiste. Adesso , la scelta per i topi di biblioteca come il sottoscritto è drammatica: aspettare sei mesi, o cedere e comprare prima Kindle e poi Nook?

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