Se volete avere un'idea di come sarebbe potuta finire l'Italia senza la rottura maggioritaria di Segni e dei radicali, o senza la discesa in campo di Berlusconi, guardate il Belgio: il sistema politico è ancorato da un sistema istituzionale iperproporzionale e iperparlamentare. Un assetto molto simile a quello della Prima Repubblica italiana, che ne ha riprodotto molti dei vizi: la debolezza della leadership si è coniugata ad uno stato sociale pesante ed all'invadenza oppressiva della mano pubblica, uno strapotere burocratico ed una resistenza al cambiamento della struttura economica per preservare l'esistente a scapito dei nuovi settori che hanno replicato il vecchio patto sociale italiano: alte tasse, spese per proteggere gli insider a spese degli outsider.
Il Belgio si è salvato grazie ad un maggiore livello di sviluppo, ad una minore corruzione, che hanno fatto guadagnare tempo, ma soprattutto allo sviluppo delle Fiandre, tenute ai margini del precedente sistema economico. Tuttavia, lo sviluppo a nord, coniugato con la crisi del sud francofono e prima dominante hanno favorito l'emergere dei movimenti autonomisti fiamminghi, accomodato attraverso una frammentazione lungo linee economico-linguistiche ed alla balcanizzazione culturale, anche grazie ad una esasperata e malintesa correttezza politica.
Stiamo adesso arrivando al limite del modello: dopo sei mesi di crisi di governo, La prospettiva di una disintegrazione del Belgio non è più una chimera. Persino nella frazione francofona del Partito socialista, il baluardo dell'Unità nazionale, il vice primo ministro Laurette Onkelinx ha dichiarato che "bisogna cominciare a prepararsi per la fine del Belgio". E' molto probabile che si tratti di una forzatura dialettica, per ricompattare i partiti e trovare finalmente una maggioranza stabile. E' tuttavia indicativo che una figura di primo livello di un partito da sempre graniticamente favorevole all'unità rompa un tabù del genere.
La situazione italiana dei primi anni'90 aveva ovvie differenze, ma anche caratteristiche comuni. Anche in Italia domina(va?) un assetto istituzionale assembleare, unito ad una cultura assistenzialista e corporativo-sindacalista condivisa da quasi tutti i partiti "storici" ed in buona parte anche dai nuovi partiti emergenti, come la Lega. La principale differenza è il peso demografico delle regioni coinvolte dal successo dei partiti separatisti: il Nord Italia che, nel 1992, vide la Lega sfondare era limitato alle regioni "pedemontane": Lombardia, Veneto, Friuli, Piemonte, Trentino, Liguria. il 38% della popolazione, laddove i fiamminghi in Belgio costituiscono la maggioranza degli elettori. D'altro canto, l'attività economica è concentrata nelle regioni pedemontane italiane in misura molto maggiore che nelle zone fiamminghe, anche perché include sia le aree industrializzate tradizionali sia quelle a più sviluppo.
E' possibile tuttavia chiedersi per un momento cosa sarebbe accaduto se Mariotto Segni, Marco Pannella e Silvio Berlusconi avessero giocato diversamente nei primi anni '90: l'Italia sarebbe stata un Belgio più povero e molto più problematico. Uno scenario che potrebbe far piacere soltanto ai Di Pietro, ai Cirino Pomicino ed ai Vendola di questo mondo, che nello sfortunato Belgio tengono ancora banco. E, forse, ai colonnelli di Bossi, molti dei quali potrebbero finalmente sfogare le proprie pulsioni stataliste e assistenzialiste senza timori di concorrenza.