Ron Paul è il candidato libertario che, a sorpresa, sta acquisendo un ruolo rilevante nella corsa alla nomination repubblicana. Di conseguenza, la stampa si è lanciata nel trovarne i punti deboli del candidato Paul, con un qualche risultato, in parte giustificato: le sue posizioni in tema di difesa e politica estera non sono certo allineate con quelle del partito e non particolarmente realistiche. La difesa è, il punto debole di una parte rilevante del movimento libertario, come ha bene illustrato Stefano Magni.
Mentre una critica alle posizioni di politica estera di Paul è più che legittima e probabilmente ben fondata, molto meno lo è l'accusa di essere un bigotto anti-gay, derivante dalle ormai famigerate newsletter scritte da suoi sostenitori.
Eppure, per il momento, non sembra che il suo appeal sia sceso particolarmente persino fra i gay.
La ragione, ipotizzata da David Weigel su Slate, farebbe ben sperare sula maturità dell'elettore americano : Ron Paul può amare o non amare i gay e, prima di scagliare la prima pietra, vorremmo vedere la reazione di molti politici progressisti ad una trappola come quella di Cohen; resta il fatto, innegabile, di aver lottato in Congresso perché possano vivere la propria vita, fino a quando non interferiscono con la libertà altrui. Ad esempio, Paul ha votato a favore dell'ammissione di gay dichiarati nell'esercito e contro una definizione a livello federale del matrimonio costruita in maniera tale da escludere la possibilità di unioni omosessuali.
La sua vicenda chiarisce, una volta di più, quanto la posizione liberale non solo sia probabilmente la più razionale, anche per chi non sia particolarmente appassionato alla causa, ma come non sia neppure la tomba elettorale per un candidato di destra. Gli unici che hanno da guadagnare dal perseguitare le persone sin dentro la propria camera da letto sono quei politici che debbono far dimenticare agli elettori liberali e conservatori le proprie idee socialiste.
Mentre una critica alle posizioni di politica estera di Paul è più che legittima e probabilmente ben fondata, molto meno lo è l'accusa di essere un bigotto anti-gay, derivante dalle ormai famigerate newsletter scritte da suoi sostenitori.
Eppure, per il momento, non sembra che il suo appeal sia sceso particolarmente persino fra i gay.
La ragione, ipotizzata da David Weigel su Slate, farebbe ben sperare sula maturità dell'elettore americano : Ron Paul può amare o non amare i gay e, prima di scagliare la prima pietra, vorremmo vedere la reazione di molti politici progressisti ad una trappola come quella di Cohen; resta il fatto, innegabile, di aver lottato in Congresso perché possano vivere la propria vita, fino a quando non interferiscono con la libertà altrui. Ad esempio, Paul ha votato a favore dell'ammissione di gay dichiarati nell'esercito e contro una definizione a livello federale del matrimonio costruita in maniera tale da escludere la possibilità di unioni omosessuali.
La sua vicenda chiarisce, una volta di più, quanto la posizione liberale non solo sia probabilmente la più razionale, anche per chi non sia particolarmente appassionato alla causa, ma come non sia neppure la tomba elettorale per un candidato di destra. Gli unici che hanno da guadagnare dal perseguitare le persone sin dentro la propria camera da letto sono quei politici che debbono far dimenticare agli elettori liberali e conservatori le proprie idee socialiste.