Ricordate il vecchio film "L'aereo più pazzo del mondo"? Durante il disastro, una delle hostess continua a ripetere "niente panico" fino a quando, di fronte all'anarchia, cambia improvvisamente, ma senza perdere l'aplomb "Niente panico, niente panico... OK, panico".
Abbiao ora due elementi per preoccuparci dell'arrivo di un simile momento anche per due dei tre malati più grandi d'Europa: Italia e Spagna. La Francia, per ora, continua a rifugiarsi in ragionamenti sin troppo simili al mantra italiano del 2009-2010, ossia "noi ne usciremo meglio di altri", anche se a giudicare da alcuni dati microeconomici e dalle proposte demenziali di Sakrozy sulla Tobin Tax potremmo essere portati a dubitarne.
Cominciamo dai dati sui depositi in Italia e Spagna: i deflussi cominciano a diventare rilevanti anche in Italia, mentre rimangono a livelli elevati in Spagna. In due mesi il sistema bancario spagnolo ha perso 32 miliardi di depositi, quello italiano 37 miliardi in un mese; consigliamo al riguardo attenta lettura dell'ottimo Phastidio. A parziale consolazione, si potrebbe ipotizzare che una parte di depositi si siano indirizzati verso BOT e Bonos emetti dai relativi governi. Sarebbe una ben magra consolazione per le banche, cannibalizzate agli stessi governi per cui stanno svenandosi per sostenere i risultati della aste di titoli di Stato e arginare così la salita dei costi di finanziamento dei rispettivi governi.
Rimanendo in Spagna, è interessante la manovra effettuata da Santander per riuscire a raggiungere i livelli di capitale richiesti dall'EBA. La banca spagnola ha sempre sostenuto di non avere bisogno di effettuare manovre straordinarie, ma che avrebbe ridotto le proprie quote di maggioranza in alcune consociate estere o venduto alcune partecipazioni in mercati minori. L'operazione non dev'essere andata del tutto come previsto, visto che si è trovata costretta a parcheggiare in extremis presso un'anomia istituzione compiacente il 4.41% del capitale di uno dei gioielli della corona, la propria consociata brasiliana. La quota è al servizio di un prestito convertibile detenuto dal fondo sovrano del Qatar, che scambierà il bond con azioni al più tardi nel 2013. Di conseguenza il "parcheggiatore" non si assume quasi alcun rischio; ci si deve invece chiedere il perché di tanta fretta da parte di Santander, che pur avendo di fatto un compratore sicuro si trova costretto a pagare ampie commissioni per rendere spostare capitale da un cono del bilancio ad un altro solo per soddisfare l'autorità di regolamentazione. Evidentemente, la situazione non è tanto rosea e tranquilla quanto dichiarato dal gigante bancario. Sospettiamo che l'attività di acquirente di ultima istanza dei titoli di Stato spagnoli emessi alle ultime aste cominci ad assumere un certo peso nella gestione di una delle poche realtà multinazionali iberiche, anche perché il coinvolgimento di Santander è sempre più cruciale per il buon risultato delle aste: nelle ultime due occasioni, una banca rimasta anonima avrebbe acquistato gran parte dei Bonos offerti, garantendo un ottimo risultato nonostante i bassi rendimenti pagati dal Tesoro spagnolo rispetto a quelli prevalenti sul mercato al momento dell'emissione. Ci si dovrebbe chiedere, fra parentesi, per quanto tempo le autorità di vigilanza inglesi, brasiliane o americane guarderanno favorevolmente all'impiego di utili (o depositi) generati nei rispettivi mercati per sostenere il governo di Madrid.
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lunedì, gennaio 09, 2012
Santander e depositi: crepe in Spagna e Italia
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