Il Portogallo ha appena collocato 1 miliardo di euro in BOT biennali ad uno sconosciuto benefattore. L'operazione è avvenuta sul mercato dei cosiddetti "private placement" , non sul mercato pubblico; di conseguenza non sono disponibili informazioni sui tassi pagati e sull'identità dell'acquirente. Alphaville suppone, in maniera estremamente ragionevole, che la struttura dell'operazione suggerisca una banca centrale e non un hedge fund. La mossa potrebbe essere un geniale colpo di mano oppure un azzardo dettato dalla disperazione: il mercato dei piazzamenti privati offre maggiori capacità di personalizzare le operazioni secondo i gusti degli investitori, ma questo vantaggio viene pagato caro, sia in termini di facilità di rifinanziamento di queste operazioni sia, spesso, in termini di rendimenti. Questo fa sì che soltanto nazioni con una gestione del debito molto sofisticata (come l'Italia) oppure con problemi decisamente seri vi facciano ricorso, invece di passare dal tradizionale, liquido ed efficiente meccanismo delle aste.
Quello che è certo è che le autorità monetarie stanno dando fondo all'arsenale per impedire ulteriori peggioramenti della situazione: la BCE compra direttamente titoli periferici, oltre a fornire liquidità a chiunque altro voglia farlo.
Anche il Giappone sta facendo la sua parte, almeno a parole, dichiarando di voler sottoscrivere un quinto delle emissioni del fondo europeo che sta organizzando il "salvataggio" irlandese. Oltre a guadagnare punti dal punto di vista politico, l'investimento aiuterebbe a deprimere il valore dello yen e a rafforzare l'euro: un ottimo risultato dal punto di vista mercantilista che ispira la politica finanziaria giapponese, ma anche una mossa che perpetua la spirale di manipolazioni valutarie che è una delle radici profonde della crisi.
Quello che è certo è che le autorità monetarie stanno dando fondo all'arsenale per impedire ulteriori peggioramenti della situazione: la BCE compra direttamente titoli periferici, oltre a fornire liquidità a chiunque altro voglia farlo.
Anche il Giappone sta facendo la sua parte, almeno a parole, dichiarando di voler sottoscrivere un quinto delle emissioni del fondo europeo che sta organizzando il "salvataggio" irlandese. Oltre a guadagnare punti dal punto di vista politico, l'investimento aiuterebbe a deprimere il valore dello yen e a rafforzare l'euro: un ottimo risultato dal punto di vista mercantilista che ispira la politica finanziaria giapponese, ma anche una mossa che perpetua la spirale di manipolazioni valutarie che è una delle radici profonde della crisi.