La Rete può davvero portare ad una rivoluzione nella comunicazione politica, nei contenuti oltre che nel puro contenitore, oppure verrà colonizzata dai "vecchi media"? Internet, negli USA, si sta consacrando mezzo primario di comunicazione politica, a pari dignità con TV e carta stampata. Questo successo nasconde tuttavia il rischio della conquista, da parte del vecchio establishment giornalistico, di una fonte di informazione che sembrava poter sfuggire all'egemonia collettivista nei media.
Hillary Clinton non è andata in televisione per annunciare la propria candidatura come pretendente del Partito democratico alla Presidenza USA; lo ha fatto tramite il proprio sito Internet: articolo e soprattutto un video per annunciare la nuova avventura.
Quasi in contemporanea, John F.Harris, il direttore della pagina politica del Washington Post, ed una pletora di commentatori politici escono da posizioni di prestigio e potere nei quotidiani, in radio e televisione, per partecipare all'avventura di The Politico, quotidiano esclusivamente politico e,per la prima volta, centrato sulla versione online - anche se vi saranno una edizione cartacea nei giornidi sedute parlamentari ed un accordo con CBS per l'impiego del materialiein TV.
Non possiamo che essere felici, ma rimane un dubbio: Saranno insomma i ragazzi in pigiama, i "citizen journalist" ad avere la prima fila nel nuovo contesto, oppure le vecchie volpi, la vecchia casta giornalistica ideologicamente modificata, si limiterà a traslocare dalla carta stampata e dalla televisione verso Internet? Il rischio a mio parere è forte, ma è e persino maggiore in Europa rispetto agli USA.
Da un lato, la migrazione di nomi celebri è una prestigiosa conferma ed aumenta esponenzialmente la credibilità di Internet. D'altro canto, uno spostamento in massa rischia di riproporre sul nuovo medium anche le dinamiche di potere, i tic e le propensioni all'autocensura emerse nel campo dei media tradizionali, spiazzando la blogosfera invece che integrarsi con essa.
Questo rischio è forte soprattutto nei Paesi dove i media tradizionali rimangono la riserva indiana di una nomenklatura che si è dimostrata nel torto ovunque ha espresso una visione, ma che rimane insuperabile nelle capacità propagandistiche e nell'autocensura.
In Italia, osserviamo attenzione alla notizia ed agli sviluppi americani; abbiamo una vibrante blogosfera ( oltre ai "soliti sospetti, abbiamo lui e lui per dare due esempi), coraggiose iniziative di citizen journalism, vuoi soprattutto politico, vuoi maggiormente generalista, addirittura di respiro internazionale, ma temo ci si ritrovi ancora troppo indietro: la politica non comprende, producendo anche troppo spesso siti Internet monchi, vetrine a malapena promozionali, presenti per volontà di pochi coraggiosi oppure pensati quali gadget necessari per non apparire "antichi". Il "big business" non è da meno: Telecom Italia subappalta il proprio sito di social news ad una gang di pur gradevoli simpatizzanti degli extraparlamentari di sinistra, che cercano di applicare istintivamente ad Internet gli stessi metodi censori appresi dai cantori dell'egemonia culturale "antropologicamente superiore".
In generale, temo che l'Italia soffra ancora dell'illusione pauperista di ottenere informazione gratuita, sia all'interno di canali generalisti che di pubblicazioni specializzate:in realtà quello che s'ottiene è, troppo spesso, propaganda; o nel migliore dei casi, pubblicazioni rese possibili da un mecenatismo politicamente schierato, che purtroppo lascia aperta la porta a guerre mediatiche sull'imparzialità degli autori e sull'influenza di fattori estranei al merito delle questioni.
Hat tip: Camillo, The Huffington Post
T'back: The Right Nation, Phastidio.net
Hillary Clinton non è andata in televisione per annunciare la propria candidatura come pretendente del Partito democratico alla Presidenza USA; lo ha fatto tramite il proprio sito Internet: articolo e soprattutto un video per annunciare la nuova avventura.
Quasi in contemporanea, John F.Harris, il direttore della pagina politica del Washington Post, ed una pletora di commentatori politici escono da posizioni di prestigio e potere nei quotidiani, in radio e televisione, per partecipare all'avventura di The Politico, quotidiano esclusivamente politico e,per la prima volta, centrato sulla versione online - anche se vi saranno una edizione cartacea nei giornidi sedute parlamentari ed un accordo con CBS per l'impiego del materialiein TV.
Non possiamo che essere felici, ma rimane un dubbio: Saranno insomma i ragazzi in pigiama, i "citizen journalist" ad avere la prima fila nel nuovo contesto, oppure le vecchie volpi, la vecchia casta giornalistica ideologicamente modificata, si limiterà a traslocare dalla carta stampata e dalla televisione verso Internet? Il rischio a mio parere è forte, ma è e persino maggiore in Europa rispetto agli USA.
Da un lato, la migrazione di nomi celebri è una prestigiosa conferma ed aumenta esponenzialmente la credibilità di Internet. D'altro canto, uno spostamento in massa rischia di riproporre sul nuovo medium anche le dinamiche di potere, i tic e le propensioni all'autocensura emerse nel campo dei media tradizionali, spiazzando la blogosfera invece che integrarsi con essa.
Questo rischio è forte soprattutto nei Paesi dove i media tradizionali rimangono la riserva indiana di una nomenklatura che si è dimostrata nel torto ovunque ha espresso una visione, ma che rimane insuperabile nelle capacità propagandistiche e nell'autocensura.
In Italia, osserviamo attenzione alla notizia ed agli sviluppi americani; abbiamo una vibrante blogosfera ( oltre ai "soliti sospetti, abbiamo lui e lui per dare due esempi), coraggiose iniziative di citizen journalism, vuoi soprattutto politico, vuoi maggiormente generalista, addirittura di respiro internazionale, ma temo ci si ritrovi ancora troppo indietro: la politica non comprende, producendo anche troppo spesso siti Internet monchi, vetrine a malapena promozionali, presenti per volontà di pochi coraggiosi oppure pensati quali gadget necessari per non apparire "antichi". Il "big business" non è da meno: Telecom Italia subappalta il proprio sito di social news ad una gang di pur gradevoli simpatizzanti degli extraparlamentari di sinistra, che cercano di applicare istintivamente ad Internet gli stessi metodi censori appresi dai cantori dell'egemonia culturale "antropologicamente superiore".
In generale, temo che l'Italia soffra ancora dell'illusione pauperista di ottenere informazione gratuita, sia all'interno di canali generalisti che di pubblicazioni specializzate:in realtà quello che s'ottiene è, troppo spesso, propaganda; o nel migliore dei casi, pubblicazioni rese possibili da un mecenatismo politicamente schierato, che purtroppo lascia aperta la porta a guerre mediatiche sull'imparzialità degli autori e sull'influenza di fattori estranei al merito delle questioni.
Hat tip: Camillo, The Huffington Post
T'back: The Right Nation, Phastidio.net
tag: Tecnologia, Politica, USA, Italia