Ricomincia a circolare l'ipotesi di un rientro dell'Udc nella coalizione, una ipotesi rilanciata da Formigoni per mmotivi elettorali lombardi. Si tratterebbe di un errore per il Pdl: i voti dell'Udc possono essere conquistati senza doverne imbarcare gli eletti, mentre salvare dall'estinzione ed imbarcare di nuovo le serpi in seno neodemocristiane metterebbe in pericolo la nascita di un vero partito anticollettivista in Italia.
Dal punto di vista tattico, i maggiori oppositori della grazia ai rottami casiniani sono l'ala destra ex-an ed i nonclericali del pdl, scettici sulla sincerità casiniana e sulla solidità del voto centrista. Il ragionamento è sensato: la vicinanza fra udc e PdL su numerosi temi è evidente, così come la vicinanza dei rispettivi elettori; la scomparsa dell'Udc a seguito di una carestia di posti di sottogoverno porterebbe gran parte dei suoi elettori a votare centrodestra, senza la necessità di dover accogliere e sfamare una masnada di doppiogiochisti e serpi in seno.
La spinta maggiore alla riunificazione viene ovviamente dalla componente ex-democristiana, che spera di trasformare il PdL in una replica della defunta balena bianca, clientelismo incluso. Il governo DC a partire dagli anni 60 si è basato però sull'inganno, grazie al quale il bacino elettorale di centrodestra venne impiegato dal centrosinistra per implementare politiche socialdemocratiche che affondarono il Miracolo Economico. Adesso siamo a corto di materia prima, ossia di imprenditori e cittadini da spennare.
In maniera meno ovvia, la questione è stata posta da Roberto Formigoni, ex democristiano ben integrato e in apparenza poco bisognoso di una restaurazione cattosocialista; le sue ragioni eminentemente pratiche e locali.
Il governatore lombardo è rimasto deluso per ora nei suoi sogni di passaggio a ruoli di primo piano a livello nazionale, nonostante l'appoggio militare di CL; trombato a Roma, si trova costretto a combattere per conservare la propria poltrona.
Non esistono rischi di sconfitta elettorale per il centrodestra alle regionali, dove lega e Pdl hanno probabilmente i due terzi dei voti, ma per Formigoni esiste il rischio concreto di non essere candidato: la Lega reclama a gran voce la poltrona presidenziali per uno dei suoi nel 2010 e persino molta dirigenza PdL comprende che sarebbe un sacrificio necessario, con l'aggiunto beneficio di ridurre lo strapotere ciellino sulla spartizione delle risorse del bilancio regionale.
Il modo più sicuro, per Formigoni, di mantenere la poltrona e quindi un trampolino di lancio per Roma è duplice: far vincere alla coalizione le provinciali del 2009 e rinsaldare il proprio potere sul PdL, rimpolpando la fazione clericale.
un accordo con l'Udc costituirebbe una via agevole per avvicinarsi ad entrambi gli obbiettivi, anche se velenosa nel lungo periodo; priverebbe infatti il Partito Democratico lombardo dell'unico alleato accettabile ed in grado di evitargli un disastro elettorale, un potenziale alleato che i leader lombardi del PD stanno blandendo da settimane. Una successiva confluenza dell'Udc nel PdL sposterebbe poi l'asse politico nel partito, portando nuovi politicanti all'ala clericale, l'ala che probabilmente difenderebbe con + vigore Formigoni. Ecco spiegata, quindi, la sortita formigoniana: a lui, come ad altri ex-democristiani, i nuovi elettori talvolta interessano meno di certi eletti.
martedì, agosto 26, 2008
Formigoni e l'Udc: l'uovo oggi o la serpe domani?
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