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lunedì, settembre 20, 2010

Casa o casino delle libertà?

: Jean: L'Unione di destra?: "

Dopo il discorso di Silvio Berlusconi alla festa de 'La Destra', sembra chiaro l'intento di costruire una nuova Casa delle Libertà. Una nuova alleanza che comprenda anche micro partiti del'1%, di dubbia fedeltà e coerenza politica. Contenti voi...
"

lunedì, aprile 19, 2010

Libertiamo, Fini e la deriva leghista

Su Libertiamo, alcune precisazioni sul supporto del gruppo a Gianfranco Fini, su cui qui si concorda ampiamente. Avrei solo una nota aggiuntiva: il problema con la Lega non è che ha "completamente derubricato dalla sua agenda la questione meridionale", visto che non l'ha mai avuta in agenda. E' che un partito liberale può collaborare strettamente con chi è nato "con l’obiettivo di liberare il Nord dall’eccesso di statalismo ed assistenzialismo", visto che è un obbiettivo comune. Diventa molto più difficile farlo con un partito che si è completamente dimenticato le proprie origini e rischia una visione etnoassistenzialista, nociva per sé, per il territorio dove è egemone e per il resto d'Italia.
Per concludere, è da sottoscrivere in pieno il suggerimento di Antonluca: per chiarire quale sia la radice del problema per l'intero PdL, al di là di Fini, basterebbe rileggersi il programma del 1994 e provare a rtenerlo a mente, nel futuro prossimo.

venerdì, aprile 16, 2010

Fini giusti, strategia e tattica miserrimi

Qui si è sempre stimato e difeso Gianfranco Fini, senza mancare di criticarlo per alcune sue sbandate. La sbandata di ieri, tuttavia, sembra fuori misura, sempre che le indiscrezioni siano corrette. Non tanto per la sua durezza, ma per i suoi motivi: il governo Berlusconi ha sinora tradito la promessa di una riforma liberale del ruolo dello stato, ma Fini sembra avere eletto a cavallo di battaglia soprattutto tematiche care alla sinistra e di importanza relativamente minore, quali quelle cosiddette "etiche", oltre ad aver lanciato quella che sembra essere una pura guerra personale. Bene sintetizza Il fazioso, quando sostiene che sono la strategia (e la tattica, agigungerei io) ad essere sbagliate, non le critiche di Fini di per sé:

"Immaginiamo Fini aprire crepe puntando su riduzione tasse, liberalizzazioni, privatizzazioni, meno burocrazia, via le caste, riduzione dei costi della politica con l’abolizione delle province ecc Si sarebbe preso metà dell’elettorato del Pdl in poco tempo e sarebbe popolarissimo…. Un errore incredibile di avvicinamento alla rottura."
Il rapporto parassitario della Lega nei confronti del PdL va sicuramente messo in luce, ma l'elettorato lo avrebbe capito di più se fosse stato inquadrato in un'ottica linerale di destra: puntando ossia il dito sullo slittamento a sinistra della Lega, sulla sua fame di poltrone, il suo neoconsociativismo ed il tradimento del suo elettorato in tema di tasse e liberalizzazioni adesso che può godere dei frutti del potere. La semplice acredine antibossiana svilisce invece l'intero dibattito ed impedisce ai cittadini di comprendere il nocciolo del problema, ammesso e non concesso che il nocciolo sia questo: ricordiamoci il ruolo di freno sul fronte liberale che ebbero AN e l'UDC nel precedente governo Berlusconi.

PS: si ricorda che, per il momento, si discute sulla base di indiscrezioni e "fonti" interne alla maggioranza e non di posizioni ufficiali. Un brutto segno, in ogni caso.

giovedì, aprile 15, 2010

La vera lezione del decreto salvaliste

La totale disattenzione alla tecnica della politica si è ritorta clamorosamente contro il premier: il decreto salvaliste, su cui Berlusconi si era speso personalmente non è passato alla Camera.
Il risultato, più che di uno sgambetto, sembra dovuto ad un'evidente incompetenza da parte dei capigruppo: basterebbe fare i conti e imporre maggiore disciplina, ma evidentemente qualcuno, a Montecitorio, tratta la carica di capogruppo come una sinecura senza alcuna reale funzione. E' inaccettabile che Fabrizio Cicchitto si ricordi dei suoi doveri di capogruppo parlamentare con due anni e mezzo di ritardo e che si ricordi soltanto adesso di dovere imporre disciplina. Suona anche meschino che si cerchi di addossare tutta la colpa su Bocchino, supplente in assenza di Cicchitto: è implausibile che i parlamentari ragionino come un branco di studentelli, che fa chiasso quando c'è il supplente e non il professore di ruolo. Nel caso lo facessero, ci si dovrebbe chiedere perché pensano di poterlo fare impunemente: forse perché sono abituati a farlo, visto l'andazzo corrente, dettato dallo stesso capogruppo che adesso fa la voce grossa?

Ben vengano la gogna pubblica e l'esclusione dalle liste dei parlamentari assenteisti, ma siamo due anni in ritardo: il governo è finito in minoranza troppe volte, per illudersi che si tratti di un caso isolato. Insieme all'immondo pasticcio sulle candidature, sembra più la dimostrazione di una colpevole di attenzione alla qualità dei quadri dirigenti del partito. Ci sono ancora due anni e mezzo per dimostrare che ci sbagliamo, ma non vorremmo aspettare tanto a lungo.

lunedì, gennaio 18, 2010

Anche in Campania il PdL sbanda a sinistra. Faremo la fine della DC?

In Campania il Pdl candida Caldoro, socialista. Non ex-socialista: ancora tale. Non posso che concordare con Camelot, aggiungendo un paio di riflessioni:

Se in Campania il candidato del Pdl dovesse essere davvero Stefano Caldoro, per me sarebbe un problema votarlo: è un uomo di sinistra, un socialista; e la mia preferenza l’ho sempre e solo accordata a persone di centrodestra.

Votare Caldoro, per me, sarebbe come votare Pier Luigi Bersani: un atto contro natura (per l’ex socialista Valium Feltri, invece, sarebbe una cosa più che accettabile).

Il caso Polverini, sindacalista e socialista di destra, si ripete quindi in Campania. Due riflessioni si impongono: la prima è che questa volta Fini ed i finiani non c'entrano; la peste socialista ha sfortunatamente contagiato l'intero partito e per discutere di questo problema dobbiamo dimenticarci l'opinione sul presidente della Camera.

La seconda è molto più seria. Siamo ancora un partito di centrodestra? Temo si stia avverando lo scenario pessimista adombrato su questo blog da anni: la destra, in nome di un facile successo, si è di nuovo fatta ammaliare dalle sirene socialiste, diventando un serbatoio di voti per la carriera politica di troppi trombati a sinistra e devastando le proprie prospettive di lungo termine. Accadde nel dopoguerra, quando la DC faceva dichiaratamente il pieno di voti a destra per attuare politiche di sinistra, deleterie per la propria base e mortali per l'Italia, che sopravvisse nonostante l'esperimento cattosocialista soltanto grazie a chi si rifiutò ostinatamente di aderirvi. La storia si ripete, in farsa, in questi anni.
Sarebbe ora di crescere una classe dirigente liberale e conservatrice, invece di affidarci a collettivisti di vario genere, bravissimi a spendere voti e danaro di destra per programmi di sinistra, lasciandoci cornuti e mazziati, per rimanere in tema campano. Altrimenti aspettiamoci, per l'ennesima volta, la disintegrazione del panorama politico a destra e una risalita dell'astensione o delle frange estreme: perché votare PdL , quando diventa indistinguibile dal PD? Solo perché abbiamo qualche chierichetto in più?

venerdì, novembre 06, 2009

NY23: una lezione per la destra americana ed italiana

La vittoria repubblicana del 3 Novembre ha una rilevante eccezione, che suggerisce una lezione valida su entrambe le sponde dell’Atlantico: la destra vince quando è liberale a tutto tondo, non quando si contraddice diventando statalista sul piano etico.

I candidati del centrodestra hanno vinto in Virginia ed in New Jersey, ma hanno perso il seggio del 23mo collegio di New York. E’ vero che a New York il voto conservatore è stato diviso in due, con la candidata repubblicana ufficiale che, alla fine, si è ritirata appoggiando l’avversario democratico e spostando una componente non trascurabile di voti; l’establishment del partito si era tuttavia schierato dalla parte di Doug Hoffman, repubblicano che correva per il Conservative Party, ed il seggio NY23 è in teoria conservatore per un ampio margine. Virginia e New Jersey, al contrario, erano stati che avevano votato in massa per Barack Obama e dove i repubblicani non vincevano le elezioni statali da anni. La vittoria, insomma, era più probabile proprio dove il centrodestra americano è stato sconfitto.

Come fa notare Roger L. Simon , la differenza va probabilmente al di là delle differenze tattiche e contingenti nel voto. I candidati repubblicani vincitori hanno sottolineato un programma economico volto a ridurre spese e tasse, senza promettere agli elettori interventi sul piano etico. Hoffmann, al contrario, ha sì sottolineato il proprio liberalismo sul piano economico, ma lo ha accoppiato ad un forte interventismo etico, che vorrebbe legiferare su aborto ed omosessuali. Non solo, infatti, ha proiettato l’immagine di un politico disgustato dall’appoggio al piano di stimolo di Obama da parte della candidata ufficiale del GOP, Dede Scozzafava, ma è stato almeno altrettanto critico verso la sua tolleranza per l’idea dei matrimoni gay e per la possibilità di abortire per le donne. Il risultato è stata una sconfitta ampiamente evitabile. Con il suo comportamento, ha rinunciato ad una fetta rilevante dell’elettorato americano: quella fetta di individui (circa un quinto degli elettori) che non vogliono soltanto che lo stato tenga le mani fuori dalle loro tasche, ma anche il naso fuori dalle loro camere da letto.
Sono questi gli elettori che hanno contribuito in maniera determinante, quanto gli evangelici, alle vittorie del Partito Repubblicano negli ultimi trent’anni; sono anche il futuro, demograficamente parlando, del partito. Gli americani si sono insomma dimostrati favorevoli a candidati che promettano di tenere il governo fuori dalle vite dei cittadini sia nella sfera privata che in quella economica.

Non si intende con questo che i candidati socialmente conservatori debbano rinnegare le proprie scelte personali, oppure che queste non debbano essere rilevanti, tutt’altro; il neo-governatore della Virginia Bob McDonnell è un conservatore religioso a livello personale, ma ha vinto proprio perché ha puntato sui temi economici, senza polarizzare l’elettorato con un appello all’interventismo etico. Gli elettori preferiscono decidere direttamente quali siano i comportamenti eticamente accettabili, piuttosto che vederseli dettare tramite la coercizione legislativa. Ridurre la libertà, in ogni ambito, è, in sintesi, una scommessa molto pericolosa per i politici della destra americana: volendo escludere i “moderati”, i conservatori duri e puri sono in realtà divisi dal punto di vista etico e l’unico modo per mantenerne l’unità è quello di lasciare le scelte private al di fuori delle aule parlamentari (magari tramite referendum, come accaduto nel Maine). I fondamentalisti religiosi possono essere una componente estremamente organizzata, ma il loro voto non è più determinante di quello della numerosa e crescente componente libertaria.

In Italia, il PdL mostra da lungo tempo i medesimi sintomi che hanno procurato tanti guai al GOP: una deriva verso una visione corporativa e clericale della destra, schiacciata su di un proibizionismo etico mirante ad imporre per legge valori che andrebbero invece difesi, quotidianamente, da ognuno di noi. Non dobbiamo dare per scontato che una simile supplenza legislativa alla coscienza individuale sia gradita, neppure per gli italiani; si è potuto verificare il contrario in più occasioni. E’ tempo, anche per il PdL, di accettare il principio per cui il governo deve garantire le libertà dei cittadini in ogni ambito, senza volerne dettare minuziosamente i contenuti; probabilmente anche una maggioranza dei cattolici accetta che la persuasione e la pressione sociale funzionino meglio di una falsa virtù imposta per legge. Continuare sulla strada di un partito dedito a crociate moralistiche rischia di rinchiudere il PdL in un ghetto, impedendogli di cogliere il vero motivo della immensa popolarità del messaggio berlusconiano del 1994: una promessa di libertà, dopo due generazioni di Stato Etico.


Crossposted su Libertiamo

sabato, ottobre 24, 2009

Marrazzo, chi di scandalo ferisce

Nella Gran Bretagna degli anni '90 si scherzava sulla serie di scandali politici sostenendo che il vizio dei conservatori era la lussuria, possibilmente a sfondo sadomaso, mentre quello dei laburisti fosse l'avidità, con annessa vendita di pubblici onori. L'Italia è nazione trasversale anche in questo: corrotti e gaudenti si trovano in entrambi gli schieramenti. L'unica differenza è che a sinistra sono politicamente corretti e probabilmente si spingono più frequentemente alle curiosità transessuali. Immaginiamo il fiorire di teorie del complotto , gli stessi che hanno cavalcato per mesi storielle piccanti prive di qualsiasi altro risvolto. Grazie ad essi, quello che sarebbe dovuto rimanere un problema personale fra Marrazzo e sua moglie rischia di trasformarsi in un boomerang per la sinistra moralista, a meno che il centrodestra non riesca a mantenere la calma, conquistando così il vantaggio morale di chi non infierisce. Repubblica si limiterà a censurare, ma l'elettorato apprezzerà sicuramente la coerenza e lo stile, comparato soprattutto con l'ipocrisia di chi vede soltanto i peccati del vicino.

Personalmente, non sono molto interessato alle scappatelle extraconiugali del governatore Marrazzo, così come non ho mai avuto grande curiosità riguardo alle abitudini sessuali di Silvio Berlusconi: la simmetria fra comportamenti privati ed efficacia dell'azione politica è quantomeno dubbia, anche senza voler giungere alla battuta di Steve Martin "se non lo fanno alle proprie mogli lo fanno alla nazione" . Purtroppo, la campagna stampa su "papi" ha definitivamente travolto le regole della buona educazione e del rispetto dell'intimità dei partecipanti al teatrino politico; a sinistra, dopo aver applaudito ciecamente il lavoro demolitorio di Repubblica e Di Pietro, stanno accorgendosi delle conseguenze inattese delle proprie azioni: abbandonare le buone maniere in una discussione è rischioso, perché c'è c'è sempre qualcuno più bieco di te.

venerdì, settembre 04, 2009

Elaborare per differenziarsi

Crossposted su Libertiamo:

- Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha dato prova di buonsenso nella sua recente intervista al Corriere, su due temi importanti: l’importanza del dibattito e dell’elaborazione interna al Pdl e la necessità di evitare le tentazioni da Stato etico sulla legge del fine vita.
E’ corretto chiedere che il Pdl accetti la sfida della Lega e del Pd riguardo all’elaborazione intellettuale ed alla presenza sul territorio: inutile lamentarsi, se non si dibatte e non si elaborano proposte; se non ci si radica sul territorio, poi, non è certo colpa di Bossi e soci. E’ importante per il futuro del Pdl che tali sviluppi non siano semplicemente la scopiazzatura delle posizioni e delle pratiche altrui. Il Pdl ha una sua specificità, quella della difesa della libertà nella sicurezza, che è invece praticamente assente negli altri partiti italiani. Sarebbe utile all’intero Pdl che tale specificità venisse valorizzata, nelle proposte di legge e nella pratica sul territorio.
Un esempio spicciolo: è possibile venire incontro alle esigenze locali rimuovendo paletti e costi, invece che aumentando tasse e norme, ossia la conseguenza delle soluzioni normalmente indicate da Lega e dal Pd.
E’ altrettanto possibile, in Parlamento, proporre soluzioni ai problemi attuali che riducano, invece di aumentare, il peso dello stato e dell’intervento governativo. Questo approccio rappresenterebbe una reale novità, offrirebbe una concreta alternativa a tutto il panorama politico italiano. Sarebbe coerente con il messaggio del 1994, quello che portò al successo Silvio Berlusconi e che si è poi appannato, generando in maniera determinante le difficoltà (e il disincanto) degli anni successivi.

Si tratta di una strada sicuramente più ardua che una semplice “variazione sul tema” dello statalismo, caro al resto dello spettro politico. E’ una strada che passa attraverso un confronto serrato, nel quale le culture politiche non liberali del Pdl saranno chiamate ad accettare la sfida della competizione interna, non tanto e non solo sui singoli temi, quanto soprattutto sulla filosofia sottostante all’azione legislativa e di governo: gli obiettivi possono rimanere invariati, ma l’angolo dal quale vengono affrontati deve necessariamente cambiare. Ancora, è un percorso che passa atraverso la necessità di un rinnovato e concreto impegno per coloro che più si riconoscono nell’ idea liberale. Se, al contrario, siamo interessati soltanto a costruire l’ennesimo clone partitico, tanto vale ammettere che Lega, Udc e Pd sono più che sufficienti per una nazione collettivista.

giovedì, agosto 27, 2009

Sicilia laboratorio politico, scorie tossiche in arrivo

Se davvero la Sicilia è "sempre più laboratorio e ombelico della politica italiana", allora siamo a rischio peritonite: la versione nazionale di un'ammucchiata con UDC e MPA sancirebbe l'insabbiamento definitivo del governo e del centrodestra nella peggiore palude democristiana, come ci ricordava anche Simone. Senza, lo ricordiamo, il miracolo economico a cavare le castagne dal fuoco dal punto di vista del disastro economico del corporativismo cattosocialista; senza, soprattutto, la Guerra Fredda a garantire il posto a vita al governo, non importa quanto in basso si possa scendere.

lunedì, agosto 10, 2009

Boiate rooseveltiane

La nostra opinione sull'infelice uscita del premier l'abbiamo tweetata poche ore fa: Berlusconi dovrebbe ricordarsi che è un premier di centrodestra e quindi attingere esempi liberali di promozione delle aree depresse. La signora Thatcher e l'esempio dello spettacolare successo di SUnderland o della Weslh Authority andrebbero benissimo; in mancanza di meglio e volendo fare i socialisti transitati a destra, suggeriamo la battaglia del grano e l'Agro Pontino. Sempre meglio che azzerare le probabilità di contrastare una egemonia culturale che sopravvive soprattutto grazie all'autolesionismo dell'avversario.
E' inutile che il premier si perda nei progetti di una università della libertà, se non riesce a togliersi le fette di salame rosso dagli occhi.

Per quanto riguarda il lato "nordico" della coalizione nazional-socialista, citiamo Phastidio:

"Delle due l’una: o i leghisti non capiscono un accidente di economia oppure sono in realtà dei piccoli socialisti che puntano a centralizzare le relazioni economiche su ambiti territoriali più ristretti di quello nazionale. Probabilmente si tratta di un mix delle due ipotesi. O forse si tratta solo di propaganda per i gonzi, chissà."
Tutte e tre, in egual misura. In Italia i partiti nascono liberali e muoiono socialisti - e rischiano di portarsi nella tomba il resto della nazione.
Sarebbe ora di smetterla di rimasticare politiche collettiviste da sempre fallimentare e cercare di proporre, finalmente, riforme liberali in grado di rilanciare l'Italia. Basta smetterla di farsi accecare dal Sol dell'Avvenire e guardare vicino, alle proposte dei liberali di casa nostra, dentro e fuori il Parlamento. E' chiedere troppo ad un ex socialista brianzolo e ad un ex comunista varesotto?

sabato, agosto 08, 2009

Cicchittiamo/2

Le intelligenti osservazioni di Destralab al mio post precedente mi hanno fatto riflettere e dover precisare alcuni punti

Sono assolutamente d'accordo con lei sulla necessità del dialogo fra le diverse "anime"dell'area non collettivista, tanto da essermi preso le mie dosi d'insulti nelle varie "guerre culturali" della blogosfera. Il mio problema non è nei confronti degli ex, ma di quelli che non lo sono ancora . Mi spiego: alcuni nel PdL non pensano come ex socialisti o ex-democristiani, pronti ad influenzare il programma, ma consci del fatto che il PdL è un partito di destra, con tutto quello che questo implica in termini di principi liberali e conservatori. Pensano ancora come se fossero socialisti e democristiani e potessero utilizzare il PdL come utilizzarono la DC , un veicolo per spostarne voti ed influenza da destra a sinistra e usurpare uno spazio non loro.

Laddove molti liberali son spesso più che disposti a cercare compromessi nell'ambito dei temi cari a queste componenti, io vedo invece spesso un muro di "valori non negoziabili" da parte cattolica e socialista, oltre che, purtroppo, una tendenza a criticare ogni difesa dei valori liberali e conservatori nel PdL come "arroccamento estremista" liberista o laicista, o a trascurarli in toto. Sono felicissimo di dialogare all'interno del contesto di un partito di centrodestra con chiunque si riconosca nei valori di questa tradizione; mi spiace vedere che alcuni, pochi per fortuna, lo vogliono far diventare un partito di centrosinistra, cristiano o socialista (craxiano, per fortuna).

Chiosa: fra questi ex-non-ex, Cicchitto c'entra solo incidentalmente. Altri, purtroppo, sono molto, molto peggio.

mercoledì, agosto 05, 2009

Cicchittiamo

L'editoriale di Cicchitto può essere interessante. Il commento di Freedom-land lo è di più.
clipped from www.freedom-land.it
Cicchitto non se ne rende minimamente conto ma in tutto questo disegno non ha mai nominato i termini chiave “democrazia” e “partecipazione”. Semplicemente spariti, annientati dal pensiero unico verticista e centralista di questo leviatano che sta nascendo all’ombra di via dell’Umiltà. Gli iscritti, quelli che lui chiama “il cuore”, servono solo a riempire le piazze, a difendere Berlusconi, a partecipare ad un gigantesco fan club
Capisco che a Roma nessuno se ne accorga ma nelle sue ramificazioni locali (le gambe) questo movimento è diventato una contesa tutta privata tra ex democristiani ed ex socialisti, con il peggio o il meglio della prima repubblica che ci riempie la testa di ricette e soluzioni da prima repubblica, senza uno slancio nemmeno lontano di modernità, senza la capacità di interpretare lo spirito autentico del ‘94: l’antistatalismo, il liberismo, la volontà di avere finalmente una vera forza di centrodestra.

blog it

Dobbiamo capire che che rifare il pentapartito è una restaurazione peggio che sterile: permette a dei sopravvissuti di mantenere il potere, grazie ai demeriti dell'avversario, ma distrugge le radici della forza del PdL, la vocazione ad essere un partito liberale di massa. Senza una vera alternativa liberale, l'uscita di scena di Berlusconi riconsegnerà l'Italia al socialismo cattocomunista, ponendo le basi per l'eutanasia della libertà di cui dovremmo essere il "popolo".

giovedì, maggio 21, 2009

Il problema dell'establishment - dal GOP una lezione per il PdL

Scritto pensando al Partito repubblicano americano, ma vale anche per il PdL. La differenza è che il PdL è al potere, quindi speriamo che prenda la disgraziata parabola repubblicana come un monito: corteggiare i fondamentalisti anche a colpi di spesa pubblica ed abbandonare i principi "libertari conservatori" di Reagan è stato un disastro, che ha soltanto portato gli elettori a votare per i socialisti a sinistra, invece che per i socialisti "religiosi" che hanno conquistato il potere nel GOP e lo hanno devastato.

"Meanwhile, the leadership of the Republican Party keeps saying we need to get back to our principles and talks about how important it is to attract more young voters and Hispanic Americans. Then, we get a viable young conservative Hispanic candidate like Marco Rubio running for the Senate in Florida and they arrogantly try to shove him aside to make way for a better-connected, moderate pol who's more acceptable to the GOP Establishment.

Our party leadership goes on 'listening tours' where they don't talk about hot button issues, say the base needs to get over Reagan, and they don't seem do any real listening.

We get 'moderate' Republicans who provide the crucial votes for the Democrats on every key issue."Pajamas Media Column/- Right Wing News

lunedì, febbraio 23, 2009

Berlusconi - urne ad Ottobre ?

Oggi Temis riporta una voce interessante:

Di nuovo alle urne: questo è il progetto politico di Berlusconi che sta togliendo il sonno a tutti. a destra come a sinistra e al centro. il cav attenderà le europee e se dopo la sardegna anche l'europa dovesse confermare l'onda lunga del pdl, intende sciogliere le camere. diversi gli obiettivi: rafforzare la maggioranza in parlamento prima che la crisi diventi generale, togliersi dalle scatole tremonti con cui ormai è ai ferri corti ed evitare il rischio che il nuovo presidente della repubblica venga votato da un parlamento eletto dopo 5 anni di crisi

Il problema :è con chi sostituire Tremonti? E per quali ragioni? Non vorrei fossero quelle sbagliate.
Molti dei papabili sono persino più socialisti di Tremonti e non sono sicuro Berlusconi voglia qualcuno di diverso da un Beneduce: in quel caso, Tremonti va benissimo.
Senza contare la Lega, che probabilmente rischia di crescere ancora a Nord.

mercoledì, febbraio 11, 2009

Fini solo? Forse , e soltanto a Palazzo Madama . In Europa è lui in maggioranza a destra

Detta da Gasparri, una gufata può essere quasi di buon auspicio:

«Lui può fare qualsiasi cosa voglia, anche il capo di un grande partito unitario di centro-destra... Certo andando verso il Ppe non credo che possa farlo a queste condizioni».(dal Sole 24 ore)
Qualcuno spieghi a Gasparri che il PPE comprende partiti per i quali l'ammissione non è condizionata alla genuflessione 5 volte al giorno in direzione del Vaticano, od alla lobotomia. Si scorra l'elenco dei partecipanti, le loro posizioni programmatiche, i voti al Parlamento europeo, prima di sproloquiare, negando anche alcune delle posizioni storiche in AN . Detto fra noi, se Fini non è Almirante, Gasparri con la sua rivolta dei colonnelli ha fatto una figura degna di Paolo Cento.

Questa è l'idea di Fini:



In gioco c'è l'idea stessa di partito a poche settimane dal congresso che celebrerà la fusione di Fi e An nel Pdl. Un partito che non potrà essere confessionale - ha confidato Fini ai suoi - e che dovrà ospitare «una pluralità di posizioni». Ma soprattutto un partito che si caratterizzi per il «patriottismo costituzionale»: «Non vuol dire che la Costituzione è intoccabile, ma che tutto il Paese si deve riconoscere attorno a principi e valori condivisi. È un'idea di destra repubblicana. È un'idea che porterò nel Pdl»(sempre dal Sole 24 ore)

Speriamo: perché onestamente ci pare che i Tories britannici, l'UMP francese e gran parte della CDU tedesca si riconoscerebbero molto di più in queste posizioni di Fini, che in quelle dei pasdaran dell'accanimento. E se queste posizioni fossero più rispettate, la destra italiana avrebbe un'immagine meno clownesca sia in Italia che all'estero: dove la propaganda negativa è già incessante e non abbiamo certo bisogno di fare ogni volta una figura a metà fra i peronisti argentini e la macchietta razzista dei mangiaspaghetti assenteisti e baciapile.

lunedì, dicembre 08, 2008

Libertà o licenza?

Secondo A Conservative Mind

Su Libero e sul suo blg, martedì 18 novembre:

«A ben guardare la casa delle libertà, quella vera, dove ognuno fa quello che gli pare, è il Partito democratico».
Sul Riformista, Arturo Parisi:
«Ho paura che il Pd sia la vera casa delle libertà».


A mio parere, esiste una profonda differenza fra libertà e licenza. Il PD non mi sembra la Casa delle libertà mi sembra il casino dove ci si prendono alcune libertà con certe signorine di facili costumi.

martedì, agosto 26, 2008

Formigoni e l'Udc: l'uovo oggi o la serpe domani?

Ricomincia a circolare l'ipotesi di un rientro dell'Udc nella coalizione, una ipotesi rilanciata da Formigoni per mmotivi elettorali lombardi. Si tratterebbe di un errore per il Pdl: i voti dell'Udc possono essere conquistati senza doverne imbarcare gli eletti, mentre salvare dall'estinzione ed imbarcare di nuovo le serpi in seno neodemocristiane metterebbe in pericolo la nascita di un vero partito anticollettivista in Italia.

Dal punto di vista tattico, i maggiori oppositori della grazia ai rottami casiniani sono l'ala destra ex-an ed i nonclericali del pdl, scettici sulla sincerità casiniana e sulla solidità del voto centrista. Il ragionamento è sensato: la vicinanza fra udc e PdL su numerosi temi è evidente, così come la vicinanza dei rispettivi elettori; la scomparsa dell'Udc a seguito di una carestia di posti di sottogoverno porterebbe gran parte dei suoi elettori a votare centrodestra, senza la necessità di dover accogliere e sfamare una masnada di doppiogiochisti e serpi in seno.

La spinta maggiore alla riunificazione viene ovviamente dalla componente ex-democristiana, che spera di trasformare il PdL in una replica della defunta balena bianca, clientelismo incluso. Il governo DC a partire dagli anni 60 si è basato però sull'inganno, grazie al quale il bacino elettorale di centrodestra venne impiegato dal centrosinistra per implementare politiche socialdemocratiche che affondarono il Miracolo Economico. Adesso siamo a corto di materia prima, ossia di imprenditori e cittadini da spennare.

In maniera meno ovvia, la questione è stata posta da Roberto Formigoni, ex democristiano ben integrato e in apparenza poco bisognoso di una restaurazione cattosocialista; le sue ragioni eminentemente pratiche e locali.

Il governatore lombardo è rimasto deluso per ora nei suoi sogni di passaggio a ruoli di primo piano a livello nazionale, nonostante l'appoggio militare di CL; trombato a Roma, si trova costretto a combattere per conservare la propria poltrona.
Non esistono rischi di sconfitta elettorale per il centrodestra alle regionali, dove lega e Pdl hanno probabilmente i due terzi dei voti, ma per Formigoni esiste il rischio concreto di non essere candidato: la Lega reclama a gran voce la poltrona presidenziali per uno dei suoi nel 2010 e persino molta dirigenza PdL comprende che sarebbe un sacrificio necessario, con l'aggiunto beneficio di ridurre lo strapotere ciellino sulla spartizione delle risorse del bilancio regionale.

Il modo più sicuro, per Formigoni, di mantenere la poltrona e quindi un trampolino di lancio per Roma è duplice: far vincere alla coalizione le provinciali del 2009 e rinsaldare il proprio potere sul PdL, rimpolpando la fazione clericale.
un accordo con l'Udc costituirebbe una via agevole per avvicinarsi ad entrambi gli obbiettivi, anche se velenosa nel lungo periodo; priverebbe infatti il Partito Democratico lombardo dell'unico alleato accettabile ed in grado di evitargli un disastro elettorale, un potenziale alleato che i leader lombardi del PD stanno blandendo da settimane. Una successiva confluenza dell'Udc nel PdL sposterebbe poi l'asse politico nel partito, portando nuovi politicanti all'ala clericale, l'ala che probabilmente difenderebbe con + vigore Formigoni. Ecco spiegata, quindi, la sortita formigoniana: a lui, come ad altri ex-democristiani, i nuovi elettori talvolta interessano meno di certi eletti.

mercoledì, agosto 13, 2008

Tengo famiglia

"Tengo Famiglia" era il motto che secondo Leo Longanesi gli italiani avrebbero dovuto cucirsi sulla bandiera: le necessità familiari sono sempre un buon paravento per giustificare le proprie azioni, manetnendo una coscienza intatta.
La distanza dal potere pesa particolarmente, se sei un democristiano in crisi d'astinenza da poltrona ed hai una intera famigghia politica da mantenere, oltre a due mogli e relativi pargoli .

Cosi' Casini comincia a tenennare:

'Mai dire mai in politica. Gia' ci troviamo nel Ppe, per cui lavoriamo insieme costruttivamente a livello europeo'. . Il leader dell'Udc ha risposto a una domanda sulla possibilita' che un giorno l'Udc si ritrovi con Berlusconi e Fini.

Fortunatamente, al PdL nicchiano; il ricordo dei voltafaccia, delle pugnalate alle spalle e del freno a mano tirato su molte, troppe riforme è ancora fresco. Di socialisti, cattolici o meno, ne abbiamo poi ancora ampia scorta. Purtroppo.

Fonte: Ansa

giovedì, aprile 10, 2008

Speriamo bene

Perché se non è come dice Mithrandir, le speranze di rinnovamento sono poche. Soprattutto vista l'altra formazione politica, il trionfo del falso allo stato puro, a cominciare dal suo leader - il comunista che non è mai stato comunista, il vicepremier di PRodi che si propone come la rottura e l'alternativa a Prodi stesso, l'ambientalista con Bassolino a carico.

Il Popolo della Libertà fa respirare l'aria del '94. Lo spirito di chi, spavaldamente e coraggiosamente, pretende di cambiare gli scenari della politica. Farà bene a Forza Italia, che potrà emanciparsi dal centro democristiano meno intraprendente; e farà bene ad Alleanza Nazionale, che, libera da molti residui fascistoidi, potrà ultimare il cammino di avvicinamento verso il popolarismo europeo.
Sarà un partito destinato a divenire la costola italiana del Partito Popolare del vecchio continente, magari con una spruzzatina del repubblicanesimo americano, per il quale chi scrive ha un vero e proprio debole. Sarà quello che Forza Italia sarebbe dovuta essere ed è stata solo in parte. Non solo un partito dalle idee liberali, intendiamo anche qualcosa in più. Deve essere il luogo di ritrovo per chi ha l'ambizione di cambiare, ammodernare e migliorare questo paese. Più liberale, certo, ma anche e soprattutto più decisionista e coraggioso. Ed è un peccato che sia nato in questa stagione balorda, fatta di qualunquismo e antipolitica.
Lo so cosa staranno pensando tanti lettori. Che è l'ennesima promessa vuota, di chi strepita per la libertà e poi non fa nulla per difenderla. Che lascia a casa tanti individui innovativi e liberali, imbarcando vecchi tromboni democristiani e/o statalisti. Ma al di là di tutto questo c'è un fatto. Per come è nato, il Popolo della Libertà è il contenitore ideale per le idee di chi la pensa come noi. Senza gli opposti estremismi dei ciarlatani della discontinuità, questo partito ha un substrato culturale da creare. Proprio ora che muove i rimi passi, ha bisogno della buona volontà e dell'innovazione di persone disposte a fare il bene di questa nazione. Poi verranno le tasse da tagliare, il nucleare da rilanciare, la spesa pubblica da ridimensionare, la politica estera. Prima, però, servono idee.


domenica, marzo 09, 2008

Annessi o impantanati

Avrà ragione Ismael alla fine, quando parla delgi effetti funesti della "diessizzazione" del PD: l'impigrimento del PdL
"La prospettiva di facili vittorie nel medio termine avrà funesti effetti sulle già asfittiche attitudini riformatrici dello schieramento opposto, che a questo punto dovrà solo scegliere per quale padre nobile optare tra Fanfani e Almirante. Ho il timore che questo sarà uno spunto di discussione molto frequentato, nel prossimo futuro."

Scegliere fra Fanfani ed Almirante è abbastanza inquietante. Il meno statalista, socialista e fascistoide, quello più al passo coi tempi, era Almirante.

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