La riforma sanitaria americana e' passata, nonostante la razionalità economica, i numeri e la maggioranza degli elettori fossero contrari allo sgorbio partorito da Obama e dai democratici. La responsabilità di questo disastro ricade in buona parte sulle spalle dei repubblicani, incapaci d'offrire un'alternativa credibile dopo otto anni di governo statalista e pseudo-democristiano di Bush jr oltre e di una maggioranza parlamentare incapace di varare una sola riforma veramente liberale in quegli stessi otto anni. E' una lezione su cui il centrodestra italiano dovrebbe meditare, invece di complimentarsi con Obama per questo ulteriore passo nella direzione sbagliata, Berlusconi dovrebbe chiedersi le ragioni del fallimento epocale di un conservatore che si è dato alla spesa assistenziale, finendo per rafforzare i suoi avversari screditando l'idea che non si possa risolvere alcun problema senza un aumento dell'interferenza governativa.
Il nostro centrosinistra, infine, dovrebbe pensarci bene, prima di esultare per una vittoria ottenuta con i più bassi espedienti di voto di scambio e a colpi di decretini d'emergenza - gli stessi metodi che ritengono abominevoli quando impiegati dal PdL.
Nessuno ha contestato la necessità di una riforma sanitaria negli USA: il sistema è distorto, malfunzionante e troppo costoso. Il problema maggiore è che le riforme che stanno divenendo legge sono quelle sbagliate: non porteranno immediatamente allo sfascio italico, ma non risolvono gran parte dei problemi fondamentali del sistema americano; curano invece alcuni dei sintomi più evidenti tramite sussidi costosi, tasse controproducenti ed oneri impropri sulle società assicurative, che provvederanno prontamente a scaricarle sugli utenti o a nasconderle nel conto che presenteranno al governo. Da liberali, dobbiamo notare come questo provvedimento costituisce l'ennesimo passo, pieno di ottime intenzioni, verso un'economia centralizzata: la storia ci mostra elevatissime probabilità di tramutarsi in un costoso disastro, o , peggio , nel pretesto per unlteriori interventi "umanitari" ancora più perniciosi per la libertà individuale.
I due problemi principali dell'assetto sanitario americano sono noti: il numero di non assicurati è ancora elevato e l'aumento dei costi sanitario è molto più elevato dell'inflazione o della crescita dei salari. Entrambi i problemi sono causati, almeno in larga parte, dalle distorsioni al mercato sanitario introdotte da decenni di interferenze governative, non da un qualche fallimento intrinseco al meccanismo mercato.
I democratici hanno ricercato una soluzione ideologica, estendendo il principio per cui è una burocrazia assistenziale a decidere come debba essere gestito il settore sanitario. Invece di eliminare le distorsioni fiscali e legali per il funzionamento del mercato, si pone un ulteriore strato normativo che, con lo scopo di difendere i pazienti, rischia di crear eulteriori distorsioni. Assicurazioni, società farmaceutiche e dottori sono stati "comprati" con la promessa che i sussidi saranno rilevanti e che avranno a disposizione una nuova platea di persone obbligate ad assicurarsi; i cittadini si sono sentiti dire che non pagheranno nuove tasse e che la qualità delle cure fornite non peggiorerà, anche quando verranno imposti premi assicurativi più bassi; a tutti, che le tasse non aumenteranno, perché vi saranno risparmi rilevanti .grazie all'intervento governativo. Fra qualche anno, tutti gli attori in gioco scopriranno quanto sia saggio fidarsi della promessa di un politico.
I democratici hanno ricercato una soluzione ideologica, estendendo il principio per cui è una burocrazia assistenziale a decidere come debba essere gestito il settore sanitario. Invece di eliminare le distorsioni fiscali e legali per il funzionamento del mercato, si pone un ulteriore strato normativo che, con lo scopo di difendere i pazienti, rischia di crear eulteriori distorsioni. Assicurazioni, società farmaceutiche e dottori sono stati "comprati" con la promessa che i sussidi saranno rilevanti e che avranno a disposizione una nuova platea di persone obbligate ad assicurarsi; i cittadini si sono sentiti dire che non pagheranno nuove tasse e che la qualità delle cure fornite non peggiorerà, anche quando verranno imposti premi assicurativi più bassi; a tutti, che le tasse non aumenteranno, perché vi saranno risparmi rilevanti .grazie all'intervento governativo. Fra qualche anno, tutti gli attori in gioco scopriranno quanto sia saggio fidarsi della promessa di un politico.
Le proposte presentate dai repubblicani cercavano di risolvere entrambi i problemi tramite l'eliminazione delle distorsioni fiscali, un ampliamento della concorrenza fra assicuratori ed ospedali, una serie di incentivi ad aprire nuove strutture e a migliorare il controllo degli individui sulle spese dei propri medici. Purtroppo per il partito e per la nazione, i progetti di riforma sono rimasti a languire nei meandri del Congresso per ben otto anni. Per aggiungere il danno alla beffa, il partito di Ronald Reagan votò insieme ai democratici la proposta di legge di Bush Jr. che ampliava ulteriormente i sussidi sanitari ad anziani e poveri, insieme ad una lunga serie di provveidmenti statalisti e assisenzialisti che distrussero la reputazione del GOP quale partito della disciplina fiscale e dell'opposizione allo Stato pesante. Il risultato non è tardato ad arrivare: gli americani si sentirono privi di un'alternativa fra statalisti e liberali e, costretti a scegliere fra corporativisti di destra e socialdemocratici di sinistra, scelsero l'originale rispetto all'imitazione pseudo-conservatrice, esattamente come accade in Europa da decenni.
La lezione per il centrodestra nostrano è chiara: se vogliamo davvero la "rivoluzione liberale" e riforme ch eci liberino dal peso oppressivo dello stato, queste vanno fatte il prima possibile; altrimenti, il peso degli interessi costituiti trasformeranno ogni partito liberale in una macchina assistenzialista. Questo processo è purtroppo in corso nel PdL, che parte già contaminato da un elevato numero di ex-sinistri che, al primo momento di cirsi, hanno abbandonato la livrea liberale per mostrare i propri autentici colori. Silvio Berlusconi , invece di correre a congratularsi, dovrebbe meditare sulla parabola del predecessore di Obama: il PdL rischia di fare la stessa fine del Partito Repubblicano, se abbandona ciò che lo distingue maggiormente dai propri avversari di sinistra. E' vero che i Repubblicani hanno abbandonato nei fatti l'antistatalismo, diventando un partito assistenzialista e sono sopravvissuti per un'intera legislatura a colpi di favori corporativi, ma il successivo crollo è stato devastante ed improvviso, non appena i democratici hanno trovato un volto pubblico credibile: il GOP non aveva più nulla da offrire che non fosse disponibile anche a sinistra, salvo una sottile velatura retorica pro-mercato.
I vertici della sinistra italiana, invece, stanno festeggiando la vittoria collettivista, in nome del "fine che giustifica i mezzi", come ai bei tempi del PCUS e del sangue nelle strade. iI passaggio della riforma sta avvenendo con stratagemmi al cui confronto i berluscones fanno la figura die dilettanti, ma ovviamente ai nostri democratici interessano soltanto le scorrettezze degli avversari. Ricordiamo che, ad esmepio, per ottenere il voto del senatore del Nebraska la legge garantisce con un codicillo ad hoc l'esenzione dia costi per la riforma per i residenti in quello stato. PEr ottenre iil voto della sinistra, si lascia aperta la possibilità che la mutua paghi l'aborto; per palcare gli antiabortisti, il presidente ha promesso che firmerà un executive order., ossia una circolare amministrativa, che ordinerà ai funzionari pubblici di non rimborsare gli aborti. La procedura con cui si sta cercando di passare la legge è poi di costituzionalità dubbia: il testo del Senato non era accettabile per tutti i democratici alla Camera, ma è necessario evitare la necesità di un secondo voto al Senato, non più blindato per i democratici; il progetto di legge è stato quindi dotato di un "sidecar", un'aggiunta nella quale si concentrano emendamenti e modifiche decise alla Camera, e rimandato in Senato; si spera ch eora siano necessari soltanto 51 voti e non i 60 normalmente richiesti in Senato. Rimarrà celebre il fuori onda di un deputato democratico "Regole? Le regole si fanno man mano che si procede ". I pidiellini sono dilettanti, a confronto di questi contorsionismi costituzionali (sui quali la Corte Suprema si dovrà probablilmente pronunciare). Qualcuno avvisi Bersani, Travaglio e Di Pietro: la loro sensibilità liberale alla santità delle procedure costituzionali potrebbe venire gravemente offesa dal loro idolo. Probabilmente lo sanno già, ma sanno anche che non si può fare la rivoluzione senza spaccare qualche testa, con buona pace degli ingenui che li seguono. L'aggettivo "liberal" appare sempre più una triste ironia, impiegata per definire qualcuno che di liberale non ha più nulla, se non quando gli è comodo per criticare un avversario.
La lezione per il centrodestra nostrano è chiara: se vogliamo davvero la "rivoluzione liberale" e riforme ch eci liberino dal peso oppressivo dello stato, queste vanno fatte il prima possibile; altrimenti, il peso degli interessi costituiti trasformeranno ogni partito liberale in una macchina assistenzialista. Questo processo è purtroppo in corso nel PdL, che parte già contaminato da un elevato numero di ex-sinistri che, al primo momento di cirsi, hanno abbandonato la livrea liberale per mostrare i propri autentici colori. Silvio Berlusconi , invece di correre a congratularsi, dovrebbe meditare sulla parabola del predecessore di Obama: il PdL rischia di fare la stessa fine del Partito Repubblicano, se abbandona ciò che lo distingue maggiormente dai propri avversari di sinistra. E' vero che i Repubblicani hanno abbandonato nei fatti l'antistatalismo, diventando un partito assistenzialista e sono sopravvissuti per un'intera legislatura a colpi di favori corporativi, ma il successivo crollo è stato devastante ed improvviso, non appena i democratici hanno trovato un volto pubblico credibile: il GOP non aveva più nulla da offrire che non fosse disponibile anche a sinistra, salvo una sottile velatura retorica pro-mercato.
I vertici della sinistra italiana, invece, stanno festeggiando la vittoria collettivista, in nome del "fine che giustifica i mezzi", come ai bei tempi del PCUS e del sangue nelle strade. iI passaggio della riforma sta avvenendo con stratagemmi al cui confronto i berluscones fanno la figura die dilettanti, ma ovviamente ai nostri democratici interessano soltanto le scorrettezze degli avversari. Ricordiamo che, ad esmepio, per ottenere il voto del senatore del Nebraska la legge garantisce con un codicillo ad hoc l'esenzione dia costi per la riforma per i residenti in quello stato. PEr ottenre iil voto della sinistra, si lascia aperta la possibilità che la mutua paghi l'aborto; per palcare gli antiabortisti, il presidente ha promesso che firmerà un executive order., ossia una circolare amministrativa, che ordinerà ai funzionari pubblici di non rimborsare gli aborti. La procedura con cui si sta cercando di passare la legge è poi di costituzionalità dubbia: il testo del Senato non era accettabile per tutti i democratici alla Camera, ma è necessario evitare la necesità di un secondo voto al Senato, non più blindato per i democratici; il progetto di legge è stato quindi dotato di un "sidecar", un'aggiunta nella quale si concentrano emendamenti e modifiche decise alla Camera, e rimandato in Senato; si spera ch eora siano necessari soltanto 51 voti e non i 60 normalmente richiesti in Senato. Rimarrà celebre il fuori onda di un deputato democratico "Regole? Le regole si fanno man mano che si procede ". I pidiellini sono dilettanti, a confronto di questi contorsionismi costituzionali (sui quali la Corte Suprema si dovrà probablilmente pronunciare). Qualcuno avvisi Bersani, Travaglio e Di Pietro: la loro sensibilità liberale alla santità delle procedure costituzionali potrebbe venire gravemente offesa dal loro idolo. Probabilmente lo sanno già, ma sanno anche che non si può fare la rivoluzione senza spaccare qualche testa, con buona pace degli ingenui che li seguono. L'aggettivo "liberal" appare sempre più una triste ironia, impiegata per definire qualcuno che di liberale non ha più nulla, se non quando gli è comodo per criticare un avversario.