I difetti della sanità americana si possono risolvere più rapidamente senza ricorrere ad una riforma è inutilmente statalista e devastante per il bilancio statale e per la libertà individuale.
Su Zuppa di Porro trovate un ottimo riassunto su alcuni dei luoghi comuni riguardo alla riforma sanitaria Obama. Vale la pena di aggiungere un elemento importante: gli obbiettivi della riforma sarebbero stati raggiungibili semplicemente eliminando alcune regolamentazioni e, soprattutto, una distorsione del codice fiscale, senza imbarcarsi in una costosa avventura burocratica ed in una massiccia interferenza governativa nelle scelte individuali.
Una parte consistente dei non assicurati, ad esempio, è costituita da persone che non hanno assicurazione soltanto temporaneamente; si tratta soprattutto di coloro che stanno cambiando lavoro. La perdita dell'assicurazione in caso di disoccupazione deriva dal fatto che la stragrande maggioranza delle polizze sanitarie non sono individuali, ma legate ad un piano definito dal datore di lavoro e spesso gestito in coabitazione con il sindacato. Il codice fiscale permette al datore di lavoro di non pagare tasse sui contributi ai piani sanitari aziendali, mentre non esistono agevolazioni per i premi versati da chi sottoscrive assicurazioni sanitarie individuali. Il lavoratore che volesse ricevere in busta paga quanto versato dall'azienda e poi assicurarsi individualmente, mantenendo la copertura anche in caso di licenziamento, dovrebbe quindi prima pagare le tasse su quell'importo, rimanendo con meno denaro per pagare l'assicurazione.
L'abrogazione di questo vantaggio fiscale, oppure la sua estensione a tutti i tipi di polizze sanitarie ridurrebbe istantaneamente il numero di non assicurati, da un terzo alla metà.
Altre proposte sono relative alla rimozione dei vincoli legali e dettati dall'ordine dei medici, che hanno di fatto permesso a dottori, ospedali e cliniche di stabilire cartelli e monopoli locali in numerose città americane, oltre che dalla rimozione del divieto di vendere assicurazioni di portata nazionale e non soltanto locale.
Se per queste ultime ipotesi di riforma può esistere un margine di controversia, la modifica del codice fiscale non parrebbe avere alcuna conseguenza negativa possibile. Non si tratta di una misura complessa, né costosa, dato che il governo esenta già i premi versati. John McCain, il candidato repubblicano alla Presidenza nel 2008, aveva già proposto un piano del genere. In questo caso, il problema principale è tutto politico: i sindacati preferiscono il sistema attuale, che da' loro potere, prestigio e accesso alla gestione dei fondi sanitari aziendali. La dirigenza democratica e l'amministrazione presidenziale hanno sempre dichiarato di volere minimizzare lìimpatto sulla libertà di scelta ed il bilancio statale, ma poi non hanno neppure preso in considerazione le ipotesi di riforma meno stataliste. Ancora una volta, sorge il dubbio che per Obama l'aumento dell'assistenzialismo e della dipendenza dal governo siano proprio uno dei lati positivi della riforma: un bene in sé, non dei mali necessari.
Su Zuppa di Porro trovate un ottimo riassunto su alcuni dei luoghi comuni riguardo alla riforma sanitaria Obama. Vale la pena di aggiungere un elemento importante: gli obbiettivi della riforma sarebbero stati raggiungibili semplicemente eliminando alcune regolamentazioni e, soprattutto, una distorsione del codice fiscale, senza imbarcarsi in una costosa avventura burocratica ed in una massiccia interferenza governativa nelle scelte individuali.
Una parte consistente dei non assicurati, ad esempio, è costituita da persone che non hanno assicurazione soltanto temporaneamente; si tratta soprattutto di coloro che stanno cambiando lavoro. La perdita dell'assicurazione in caso di disoccupazione deriva dal fatto che la stragrande maggioranza delle polizze sanitarie non sono individuali, ma legate ad un piano definito dal datore di lavoro e spesso gestito in coabitazione con il sindacato. Il codice fiscale permette al datore di lavoro di non pagare tasse sui contributi ai piani sanitari aziendali, mentre non esistono agevolazioni per i premi versati da chi sottoscrive assicurazioni sanitarie individuali. Il lavoratore che volesse ricevere in busta paga quanto versato dall'azienda e poi assicurarsi individualmente, mantenendo la copertura anche in caso di licenziamento, dovrebbe quindi prima pagare le tasse su quell'importo, rimanendo con meno denaro per pagare l'assicurazione.
L'abrogazione di questo vantaggio fiscale, oppure la sua estensione a tutti i tipi di polizze sanitarie ridurrebbe istantaneamente il numero di non assicurati, da un terzo alla metà.
Altre proposte sono relative alla rimozione dei vincoli legali e dettati dall'ordine dei medici, che hanno di fatto permesso a dottori, ospedali e cliniche di stabilire cartelli e monopoli locali in numerose città americane, oltre che dalla rimozione del divieto di vendere assicurazioni di portata nazionale e non soltanto locale.
Se per queste ultime ipotesi di riforma può esistere un margine di controversia, la modifica del codice fiscale non parrebbe avere alcuna conseguenza negativa possibile. Non si tratta di una misura complessa, né costosa, dato che il governo esenta già i premi versati. John McCain, il candidato repubblicano alla Presidenza nel 2008, aveva già proposto un piano del genere. In questo caso, il problema principale è tutto politico: i sindacati preferiscono il sistema attuale, che da' loro potere, prestigio e accesso alla gestione dei fondi sanitari aziendali. La dirigenza democratica e l'amministrazione presidenziale hanno sempre dichiarato di volere minimizzare lìimpatto sulla libertà di scelta ed il bilancio statale, ma poi non hanno neppure preso in considerazione le ipotesi di riforma meno stataliste. Ancora una volta, sorge il dubbio che per Obama l'aumento dell'assistenzialismo e della dipendenza dal governo siano proprio uno dei lati positivi della riforma: un bene in sé, non dei mali necessari.
E’ passata alla camera usa la riforma sanitaria americana. Ora tocca al senato.
1. Finalmente ogni americano avrà il diritto alla salute. Falso. Ricordate che nella migliore delle ipotesi ci saranno sei milioni di immigrati che non avranno diritto ad un bel niente.
2. Meglio dei 47 milioni di poveracci che oggi sono fuori da ogni assistenza. Conviene ricordare al vostro interlocutore che ci sono già oggi vari programmi di sostegno ai più deboli. Medicare per i tutti gli over 65 e il Medicaid per famiglie a reddito basso e disabili: coprono 75 milioni di amnericani.
3. Prima non c’era solidarietà pubblica. In Italia la spesa sanitaria pro capite è di 2686 (dollari a parità di potere di acquisto) rispetto ai 3280 (solo pubblici) spesi in america. Insomma riescono ad essere più spendaccioni anche di noi. Il che non è necessariamente una cosa buona, come è facile capire. E’ semplicemente un fatto.
4. Se passa la riforma Obama lo Stato offrirà polizze in concorrenza con i privati, così da calmierare i prezzi. Bene, perfetto. L’abbiamo già vista questa storia. Vi ricordate Freddie e Fannie hanno offerto mutui a tassi competitivi. Sono fallite e hanno alimenato la bolla subprime. Ma certo le loro intenzioni originali erano davvero buone: dare un a casa in proprieatà a tutti gli americani. Attenzione dunque a questa follia americana di mettere in concorrenzxa stato e mercato. per poi far pagare il fallimento dello Stato sul primo, ma a distanza di anni.
5. Generosi con la cure plastiche, ma con l’aborto no. parlatene con i nostri salottieri progressisti. Le polizze di Obama coprono molto, ma non l’aborto (di qualsiasi tipo). Sulla vicenda c’è stato uno scontro furibondo che ha visto vincere la Chiesa. Se una polizza sanitaria di tipo pubblico dovesse coprire l’interruzione di gravidanza, verrebbero subito meno i sussidi pubblici. Insomma Obama progressista, ma non troppo.
6. Ma molti non vogliono alcuna assicurazione. L’economista Feldstein calcola che nei prossimi dieci anni ci saranno ancora 30 milioni di non coperti. Molti degli attuali no coperti infatti semplicemente non vogliono essere tutelati. Da domani pagheranno le multe previste per coloro che non si assicurano obbligatoriamente: costano meno di una polizza. E secondo la nuovo riforma potranno assicurarsi solo al momento di un’eventuale malattia. Come dire mi assicuro l’auto solo quando faccio un incidente e prima pago una piccola multa. Mica male.
Prime riflessioni su una riforma che è stata universalmente salutata come un grande passo avanti. Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, diceva qualcuno.