Dimenticatevi la New Economy ed i fasti della finanza strutturata; il deal dell'anno avrebbe potuto essere in uno dei settori economici più tradizionali, le miniere: il gigante australiano BHP Billiton avrebbe avvicinato il concorrente Rio Tinto per una fusione da 140 miliardi di dollari, ma l'affare è stato rifiutato dalla società angloafricana. L'effetto della vorace domanda di materie prime da parte dei paesi in via di sviluppo sembra far tornare, per un attimo, i fasti del diciannovesimo secolo, quando le azioni più speculative erano proprio miniere e ferrovie, la new economy di quegli anni.
Se fosse andato in porto , si sarebbe trattato della seconda maggior fusione di tutti i tempi, dopo l'acquisizione di Mannesmann da parte di Vodafone, nel 2000. Quel deal fu uno degli ultimi prima della bolla; siamo alla replica in salsa mineraria? Il presidente della Fed Bernanke sta dichiarando in questo momento che i rischi inflazionistici sono in rialzo e le previsioni sulla crescita americana rischiano di venire riviste al ribasso: non è certamente il viatico migliore per una maxifusione.
Se fosse andato in porto , si sarebbe trattato della seconda maggior fusione di tutti i tempi, dopo l'acquisizione di Mannesmann da parte di Vodafone, nel 2000. Quel deal fu uno degli ultimi prima della bolla; siamo alla replica in salsa mineraria? Il presidente della Fed Bernanke sta dichiarando in questo momento che i rischi inflazionistici sono in rialzo e le previsioni sulla crescita americana rischiano di venire riviste al ribasso: non è certamente il viatico migliore per una maxifusione.
Fonte: DealBook - New York Times
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