In Brasile si va a sorpresa al ballottaggio. La grande sorpresa è la candidata verde, popolare soprattutto fra gli elettori urbani e di classe medio-alta. Lula è amatissimo ed è stata la sua popolarità a trascinare Dilma Russeff al successo, ma il risultato è largamente al di sotto delle aspettative, nonostante la debolezza del candidato dell'opposizione di centrodestra. I rischi che il passaggio di consegne mini le basi del miracolo brasiliano nel medio periodo rimangono alti.
Lula ha avuto successo perché ha mischiato un certo populismo al ripudio degli ideali del proprio partito: la ripresa economica è basata sulle fondamenta delle riforme portate avanti dai precedenti governi e Lula si è ben guardato dal sostituire le politiche liberali con quelle del proprio partito dei lavoratori, anche se ha aumentato il ruolo dello stato soprattutto tramite un aumento della spesa pubblica. Il problema di Dilma Rousseff è che sembra una socialista più dottrinaria di Lula e che, anche se volesse continuare nella politica di Lula, non ne ha il carisma né la sua storia personale, che avevano permesso al presidente di far ingoiare al proprio partito anni di ortodossia economica.
Una sterzata a sinistra rischierebbe di far precipitare il Brasile nei circoli viziosi del passato e il buon risultato del candidato verde è un segnale preoccupante: il voto verde è stato forte soprattutto nelle aree urbane e più ricche, ossia dove i cittadini sono meno esposti alla realtà delle aree rurali brasiliane. Gli stati agroindustriali hanno fermamente bocciato i verdi, anche nelle aree povere: lo sviluppo negli ultimi dieci anni è fortemente basato sull'agroindustria, che è riuscita ad aumentare le rese e portare prosperità senza aumentare la spoliazione dell'Amazzonia; un cedimento alla retorica ambientalista sembra calmare la coscienza di chi non vive nelle aree agricole, ma non offre evidentemente abbastanza a chi è a contatto con i problemi che vengono denunciati.
Il risultato dei verdi evidenzia uno scollamento dalla realtà da parte dei ceti urbani che potrebbe portare a problemi seri, se unito al riemergere di un'ideologia assistenzialista che il pragmatico Lula aveva prudentemente limitato alla retorica.
I moderati brasiliani, purtroppo, sono troppo disorganizzati per poter giocare in maniera efficace contro questa doppia minaccia: manca un'opposizione chiaramente liberale e predomina il PSDB, un partito centrista non dissimile alla nostra vecchia DC, basato su di un mix di assistenzialismo, timido neoliberalismo spesso di facciata e voto regionale.
Hat tip: The Economist