Il premier inglese Gordon Brown ha difeso pubblicamente la decisione di nazionalizzare Northern Rock, la banca protagonista la scorsa estate ella prima corsa agli sportelli da un secolo a questa parte. Insomma, il governo laburista ha risolto la crisi di una banca imitando il peggior Mussolini, ossia comprandosi la banca. In questo modo, Brown rischia di perdere la reputazione di socialista in grado di gestire l'economia di mercato meglio dei conservatori.
All'ex ministro del Tesoro diventato premier non manca sicuramente il coraggio, ma la correttezza dell'operazione lascia scettici per più motivi e la reputazione di competenza nella gestione economica nazionale di Gordon Brown è messa a repentaglio, ma soprattutto si è gettata al vento una delle migliori eredità di Margaret Thatcher, riconosciuta tale anche dai governi laburisti: quello che il settore privato deve assumersi le responsabilità dei propri fallimenti e non solo godere dei propri successi.
Pur di difendere una grande banca con radici a Newcastle, nel cuore dell'Inghilterra laburista, Brown si è lanciato prima in un pacchetto di garanzie con pochi precedenti persino per una nazione statalista, per non parlare del Regno Unito. Si è deciso infatti di assumere la proprietà della banca, nonostante vi fossero potenziali acquirenti disponibili ad intervenire e nonostante i fondi proprietari del 20% del capitale della banca fossero favorevoli ad una soluzione privata. I precedenti non sono favorevoli al governo: la rinazionalizzazione forzata di Railtrack, la società proprietaria dei binari delle ferrovie inglesi, è stata gestita in maniera approssimativa tanto da portare a strascichi legali che soltanto dopo anni cominciano a trovare una soluzione almeno formale, mentre rimangono i dubbi sulla effettiva necessità di una mossa tanto radicale.
Il problema, anche in questo caso, non è cosa dovesse fare Gordon Brown oggi; il problema è come si sia infilato, da principio, in un pasticcio del genere. Una domanda che fa sorgere numerosi interrogativi sulla tanto vantata superiore competenza nella gestione della cosa pubblica dei laburisti, una "cosa pubblica" che, si teme, viene espansa e ridotta nel suo perimetro in base a ragionamenti squisitamente politici; sorge il sospetto che, appena il sistema mostra segni di crisi, emerge la sfiducia nei confronti del settore privato e scatta l'imperativo socialista del controllo dall'alto.
Anche in Gran Bretagna, insomma, in alcuni ambienti si stenta a comprendere come, in una economia di mercato funzionante e non gravata da costrizioni stataliste, crisi di questo genere non sano fatali, ma al contrario sono lo stimolo elaborare meccanismi ed istituzioni di mercato che ne impediscono il ripetersi, come ricordava già Friedrich Von Hayek. L'intervento statale, al contrario, molto spesso non fa altro che nascondere il problema, sotto una coltre di denaro del contribuente, come abbiamo avuto modo di comprendere persino noi italiani e come gli inglesi avevano tristemente scoperto e sopportato, fino all'arrivo di una certa Signora con la Borsetta .
All'ex ministro del Tesoro diventato premier non manca sicuramente il coraggio, ma la correttezza dell'operazione lascia scettici per più motivi e la reputazione di competenza nella gestione economica nazionale di Gordon Brown è messa a repentaglio, ma soprattutto si è gettata al vento una delle migliori eredità di Margaret Thatcher, riconosciuta tale anche dai governi laburisti: quello che il settore privato deve assumersi le responsabilità dei propri fallimenti e non solo godere dei propri successi.
Pur di difendere una grande banca con radici a Newcastle, nel cuore dell'Inghilterra laburista, Brown si è lanciato prima in un pacchetto di garanzie con pochi precedenti persino per una nazione statalista, per non parlare del Regno Unito. Si è deciso infatti di assumere la proprietà della banca, nonostante vi fossero potenziali acquirenti disponibili ad intervenire e nonostante i fondi proprietari del 20% del capitale della banca fossero favorevoli ad una soluzione privata. I precedenti non sono favorevoli al governo: la rinazionalizzazione forzata di Railtrack, la società proprietaria dei binari delle ferrovie inglesi, è stata gestita in maniera approssimativa tanto da portare a strascichi legali che soltanto dopo anni cominciano a trovare una soluzione almeno formale, mentre rimangono i dubbi sulla effettiva necessità di una mossa tanto radicale.
Il problema, anche in questo caso, non è cosa dovesse fare Gordon Brown oggi; il problema è come si sia infilato, da principio, in un pasticcio del genere. Una domanda che fa sorgere numerosi interrogativi sulla tanto vantata superiore competenza nella gestione della cosa pubblica dei laburisti, una "cosa pubblica" che, si teme, viene espansa e ridotta nel suo perimetro in base a ragionamenti squisitamente politici; sorge il sospetto che, appena il sistema mostra segni di crisi, emerge la sfiducia nei confronti del settore privato e scatta l'imperativo socialista del controllo dall'alto.
Anche in Gran Bretagna, insomma, in alcuni ambienti si stenta a comprendere come, in una economia di mercato funzionante e non gravata da costrizioni stataliste, crisi di questo genere non sano fatali, ma al contrario sono lo stimolo elaborare meccanismi ed istituzioni di mercato che ne impediscono il ripetersi, come ricordava già Friedrich Von Hayek. L'intervento statale, al contrario, molto spesso non fa altro che nascondere il problema, sotto una coltre di denaro del contribuente, come abbiamo avuto modo di comprendere persino noi italiani e come gli inglesi avevano tristemente scoperto e sopportato, fino all'arrivo di una certa Signora con la Borsetta .
Fonte: WSJ.com