Crosspost con Giornalettismo
Leggendo i quotidiani finanziari, i governi sono seduti su miliardi di dollari di utili derivanti dai salvataggi delle banche in difficoltà. Tutto vero? Dobbiamo ringraziare i nostri illuminati politici? Se ci credete, ho una fontana da vendervi. A Trevi
Il New York Times riporta che il rimborso dei titoli e delle partecipazioni che l'amministrazione Obama ha ottenuto in cambio delle iniezioni di capitale nelle banche, il cosiddetto TARP, avrebbe fruttato ben 4 miliardi di dollari, un profitto del 15 per cento in tre mesi. Secondo il Financial Times, un report interno della Federal Reserve stimerebbe una plusvalenza da 14 miliardi di profitti teorici sulle linee di credito d'emergenza fornite a banche, assicurazioni ed aziende, nonché dalle plusvalenze sugli acquisti di titoli obbligazionari effettuati per calmierare i tassi d'interesse. Il Sole-24 ore riportava le gioie del governo elvetico, che ha guadagnato laute plusvalenze dal collocamento sul mercato della quota in UBS acquisita durante il salvataggio di pochi mesi prima.
Qualcuno direbbe che siamo di fronte alla definitiva prova della superiorità dell'intervento statale e della sconfitta delle forze irrazionali del mercato. Peccato che i dettagli lascino poco spazio ad asserzioni trionfalistiche. Per quanto riguarda i 14 miliardi, sono frutto di una metodologia che lo stesso FT descrive con un certo imbarazzo: non si tratta di profitti reali, ma di plusvalenze teoriche non realizzate, probabilmente non realizzabili per anni, e soggette a forti erosioni sia che i programmi di aiuto della Fed abbiano successo, sia che non ne abbiano. Innanzitutto, questo calcolo esclude le perdite sui finanziamenti ad AIG ed alla scatola che contiene gli asset tossici della defunta Bear Stearns. Secondo le stime più prudenti, la perdita sarebbe perlomeno di 8.6 miliardi di dollari e potrebbe arrivare sino al doppio, nelle ipotesi meno ottimiste. Inoltre, tali plusvalenze sono calcolate con una metodologia tanto elementare e miope che la Fed ha risposto con un sobrio "no comment" alle domande sulla sua esistenza. La cifra riportata dal Financial Times è costituita dalla differenza fra il reddito di prestiti e dei titoli acquistati, più il valore loro rimborso a scadenza, meno il tasso attuale sui titoli di stato a 3 mesi. Non viene considerato l'elementare fatto che stiamo parlando di titoli spesso a scadenza ben più lunga e soprattutto molto più rischiosi dei semplici titoli di stato a breve. Parliamo dello stesso genere d'illusione contabile per cui sono saltate decine di istituzioni finanziarie.
Gli utili dell'amministrazione Obama sono calcolati in maniera più semplice, ma forse ancora più singolare. Vi sono 4 miliardi di plusvalenze incassate, ma si trascura di evidenziare chiaramente al lettore è che questi sono i soldi facili: vi sono ingenti perdite non ancora state realizzate. I 4 miliardi derivano dalla vendita delle quote nelle migliori banche d'America, quelle che non avevano affatto bisogno di alcun salvataggio e a cui venne imposto di accedere al programma. Il motivo addotto è che se soltanto le banche effettivamente bisognose di un prestito d'emergenza avessero fatto richiesta, tali banche sarebbero state prese d'assalto. Il risultato è che lo Zio Sam è diventato azionista o creditore di tutte le maggiori banche USA, sane a malate. Adesso, tuttavia, le banche sane hanno restituito i soldi, pagando interessi a due cifre per un salvagente di cui non avevano mai avuto bisogno. Le banche meno sane, al contrario, si sono ben guardate dal restituire alcunché e il Tesoro americano si è ben guardato dal riconoscere che, molto probabilmente, non rivedrà i propri soldi per lungo tempo. Se si vuole parlare degli utili realizzati, si dovrebbe allora, perlomeno, riconoscere se esistano perdite miliardarie non realizzate, ad esempio in Citigroup.
Oppure, come viene riconosciuto en passant dallo stesso NYT, cercare di comprendere quali perdite attendano altri "investimenti", come quelli derivanti dal salvataggio di AIG, Freddie Mac o Fannie Mae. AIG ha assorbito circa 180 miliardi di dollari ed il suo nuovo AD ha ammesso che non soltanto è ancora tecnicamente insolvente, ma che non sarebbe neppure in grado di ripagare appieno il credito concesso dal governo. Fannie Mae e Freddie MAC hanno divorato 95 miliardi di dollari dalla nazionalizzazione, ma i loro patrimonio netto continua a rimanere negativo e in costante calo, mentre la Fed garantisce circa 600 miliardi del loro debito, il debito di due agenzie di fatto insolventi. Meglio non iniziare neppure a parlare del valore dei prestiti e dei sussidi alle case automobilistiche. I 4 miliardi di utili realizzati sono una goccia nel mare.
Un discorso simile vale per UBS. Il governo elvetico ha guadagnato 1.2 miliardi di franchi, ma sta ancora garantendo e finanziando un portafoglio-spazzatura da ben 60 miliardi di franchi svizzeri, il cui valore teorico è, con un po' di fortuna e dopo il rally degli utitmi mesi, vicino ai 50 miliardi. Il ricavato di un effettivo di realizzo non lo vogliamo neppure cominciare a prendere in considerazione: la dimensione del portafoglio sarebbe tale da dislocare nuovamente il mercato. Nel frattempo, il resto dei governi intorno al globo (escludendo Svizzera e USA) è probabilmente seduto su 11 miliardi di perdite non realizzate derivante da salvataggi a vario titolo. Governanti e media continuano a ripeterci che il mercato ha fallito e che non ci si può fidare dei banchieri, mentre diffondono a mezzo stampa rapporti "ufficiosi" sui loro successi finanziari. Ci si dovrebbe chiedere perché fidarsi di politici e burocrati che sono talmente ingenui da sbagliare i conti, o talmente arroganti da pensare che nessuno avrebbe controllato.