domenica, settembre 27, 2009

Non sono comunista. Al contrario del nostro premier

Spiace contraddire il socio Phastidio e l’ottimo Carlo Stagnaro, ma non siamo noi ad essere comunisti. E’ Silvio Berlusconi che sembra diventato comunista, da socialista che era.

E’ in ottima compagnia, visto quello che è accaduto a Giulio Tremonti: un altro socialista brevemente diventato liberale e ritornato socialista in salsa corporativa, come il mai abbastanza vituperato Alberto Beneduce, nazionalizzatore e becchino dell’economia italiana, prima come simpatizzante socialista e poi come fascistissimo socializzatore da destra, senza dover cambiare una virgola delle proprie ricette. Oltre a quanto già fatto notare da Carlo, vorrei aggiungere alcune considerazioni.

REALTA’ VERSUS PROPAGANDA - Le affermazioni del nostro premier sono innanzitutto smentite dalla realtà dei fatti: se la preoccupazione berlusconiana è che i prezzi sono troppo volatili e una regolamentazione,fino al divieto dell’uso di derivati, sarebbe la cura, il rimedio previsto è molto peggiore del male. Numerosi studi chiariscono come i mercati più volatili non siano quelli più liquidi e dotati di strumenti finanziari derivati, ma proprio quelli dove tale attività è vietata o dove i governi intervengono pesantemente, come nel caso del riso. L’esempio più estremo di fallimento dello Stato è quello delle cipolle; nel 1958 il Congresso USA vietò la “speculazione” in derivati; il risultato fu un aumento della volatilità e non una sua diminuzione; il mercato è tuttora uno dei più instabili. Se invece la speculazione è maligna soltanto quanto spinge i prezzi in una determinata direzione, il discorso diventa incoerente e contraddittorio: innanzitutto, quale sarebbe la speculazione cattiva? Quella che spinge i prezzi al ribasso o al rialzo? La speculazione “al rialzo” disprezzata per gli effetti sui prezzi degli idrocarburi è la stessa speculazione che viene salutata come patriottica, quando spinge i pezzi di titoli di Stato e cartolarizzazioni di immobili, massimizzando così le entrate per il Tesoro e riducendo la spesa governativa per gli interessi sul debito.

PRIMA E DOPO – La speculazione immobiliare era considerata sanissimo investimento, finché i prezzi salivano; recentemente, ci si lamentava per il ribasso di azioni ed obbligazioni accusando gli “speculatori”, mentre la vera bolla di cui subiamo gli effetti negativi era avvenuta in un mercato al rialzo ed i ribassisti si limitavano a scommettere su di un ritorno a prezzi razionali. Abbiamo avuto il paradosso di un governo che auspicava un calo dei prezzi del petrolio e, contemporaneamente, apprezzava le quotazioni stellari di ENI, gigante energetico parastatale il cui prezzo in Borsa è diretta conseguenza del costo dell’oro nero. Per quanto riguarda le materie prime alimentari, ci si scagliava pochi mesi fa contro i rialzi “pazzi “dei prezzi, mentre ora il ministro Zaia blatera sui danni dei bassi prezzi del latte e delle derrate alimentari; il ministro pare dimenticare la lunga e fallimentare storia di sussidi, regolamentazione e manipolazione dei prezzi dl latte da parte dei governi nazionali e della UE. L’unica coerenza, pare, è quella con i desideri dei politici e delle loro clientele, purtroppo quasi sempre conflittuali, oltre che lontani da ogni parvenza di efficienza di mercato e tutela dei consumatori. Se questi discorsi nascondessero il desiderio di prezzi manipolati o fissati per legge, si potrebbe notare che questo desiderio porterebbe rapidamente alle peggiori politiche socialcomuniste e corporative, una riedizione moderna delle grida manzoniane e dei prezzi amministrati; una ricetta sicura per la miseria, come è stato dimostrato negli ultimi quattro secoli. Un’inclinazione di questo tipo è, appunto, roba da comunisti, signor premier, non da liberali.

CHE SUCCEDE? – A questo punto, potrebbe sorgere il dubbio che una parte della classe “dirigente” del centrodestra non abbia capito nulla degli ultimi vent’anni e che, in cambio , ci abbia preso in giro per tre lustri. Sarebbe, purtroppo, in buona compagnia: anche in Gran Bretagna, i laburisti si stanno riscoprendo statalisti anche nella retorica, dopo aver passato dieci anni ad imbambolare gli elettori cianciando di libertà e capitalismo, concetti seguiti a singhiozzo. Nella pratica, il governo Brown ha sperperato le entrate straordinarie del boom sprecandole in spesa assistenziale, arrivando poi ad alzare le tasse nella maniera più subdola possibile per non svelare il trucco. Escludendo la truffa ai danni dell’elettorato, oltre che della verità e della razionalità, non ci resta che sperare che Berlusconi e Tremonti recuperino l’uso della ragione e, magari, ricomincino a leggere e far di conto. In alternativa, sarebbe apprezzato un loro rientro nell’alveo della sinistra che ci ha regalato Fanfani, De Mita, Intini, De Michelis, il peggior debito in tempo di pace della storia occidentale moderna e la lenta sclerosi di una nazione intera, prima di farsi spazzare via dal crollo del Muro di Berlino, che obbligava l’elettorato moderato a turarsi il naso e votarli comunque. Dispiacerebbe dover parafrasare Ronald Reagan e dire “Non ho mai lasciato il PdL. E’ il PdL ad avere lasciato me” causa sopraggiunta deriva socialista.




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