lunedì, febbraio 22, 2010

IL malanno economico giapponese passa al prossimo stadio

Masaaki Shirakawa, il governatore della banca centrale giapponese, ha annunciato che ricomincerà a stampare moneta a pieno regime e che riaprirà le operazioni di prestito a brevissimo termine che tanto hanno contribuito alla bolla finanziaria.
L'obbiettivo dichiarato è quello di una lotta alla deflazione, nella classica retorica keynesiana della benefica "fornitura di liquidità"; quello ufficioso è provocare una svalutazione del tasso di cambio senza dover ricorrere a strumenti ufficiali che scatenerebbero una corsa alla svalutazione dalla quale il Giappone uscirebbe perdente. Questa soluzione non ha funzionato negli ultimi vent'anni e non riusciamo a vedere come potrebbe funzionare ora: una fluttuazione del tasso di cambio non è una cura, ma una soluzione temporanea che permette di guadagnare tempo, mentre l'economia reale si aggiusta alel modifiche di domanda ed offerta. Se il cambio viene manipolato, si rimane con una struttura industriale immutata, una maggiore inflazione e ridotti incentivi a migliorare la competitività dei setoori economici meno efficienti.

Il problema giapponese sta proprio, invece, in quello che Keynes ed i keynesiani hanno sempre finto di non vedere: nei bilanci, non nella spesa. L'assunto keynesiano è che si deve sostenere la domanda, di qualsiasi genere esso sia e che gli investimenti siano sempre positivi. Ma la bolla finanziaria degli anni '80 è nata proprio da una bolla immobiliare e finanziaria dovuta ad errori di politica governativa. Allo scoppio della bolla, il governo dsi è rifiutato di accettare il rientro alla normalità, con il ritorno dell'attività economica a livelli inferiori ed il riconoscimento del calo dei prezzi dei beni patrimoniali. Al contrario, ha continuato nella negazione della realtà: alle banche è stato permesso di occultare le perdite su crediti, mentre programmi di spesa in deficit hanno simulato che il problema fosse temporaneo. Nel frattempo, tuttavia, veniva erosa la fiducia nel funzionamento del mercato: consumatori e produtttori erano coscienti dello stato reale dell'economia e quindi si rifiutavano di investire, o di fidarsi d'intermediari finaznairi decotti. Nel frattempo, le aziende sussidiate diventavano degli zombie, che impedivano alle nuove imprese innovative di crescere.

Una riproposizione dello stesso modello che ha fallito negli ultimi vent'anni non risolverà nulla, purtroppo. Quello che è inquietante è che USA ed Unione Europea si stanno orientando verso la stessa strada, invece di lasciare operare il mercato, rimuovendo gli ostacoli al funzionamento del mercato: quello che ci serve è una migliore procedura per la ristrutturazione di banche e grandi aziende inefficienti, che porti immediatamente alla luce i problemi, costringa alle dimissioni il management incompetente, azzeri gli azionisti e lasci in controllo i creditori, che verranno penalizzati per le proprie scelte imprudenti. Servono insomma una normativa fallimentare migliore e la volontà di lasciar fare, insomma, non un grandioso piano di spreco di denaro pubblico.

Purtroppo, si tratta esattamente del tipo di soluzione che non prevede per i politici alcuna opera da inaugurare, nessuna comparsata televisiva, nessuna opportunità di voto di scambio a colpi di fondi pubblici e di nminacce di persecuzione giudiziaria. Di conseguenza, dubitiamo che verrà mai approvata. Accontentiamoci della gogna e dei soliti, vecchi metodi, che massimizzano l'utilità per gli "unti dal popolo" a spese dei cittadini.


Hat tip: ZeroHedge

Template Designed by Douglas Bowman - Updated to Beta by: Blogger Team
Modified for 3-Column Layout by Hoctro. Credits: Daryl Lau, Phydeaux3