La crisi californiana non si è risolta, ma lo strapotere del complesso sindacal-progressista che l'ha prodotta sta contaminando il quadro nazionale.
La crisi fiscale californiana è uscita dai riflettori, grazie anche ai travagli in Grecia e ad una manovra di bilancio che ha tappato le peggiori falle, ma i problemi rimangono e sono drammatici. La lettura della situazione sposata dai media tradizionali è quella che alla radice del problema vi sia la Proposition 13, il referendum che negli anni'80 tagliò le imposte immobiliari e rese molto più difficile alzarle di nuovo. Si sostiene, soprattutto da sinistra, che legar ele mani ai politici avrebbe portato alla crisi, perché le entrate statali non sarebbero sufficienti per erogare i servizi essenziali; la crisi è stata anche impiegata come parabola per dimostrare come il supposto estremismo del movimento TEA-Party potrebbe portare al disastro fiscale il governo federale; questa è un'obiezione classica anche in Europa: non si possono ridurre le tasse, perché già così non vi sono sufficienti fondi per garantire il funzionamento della macchina statale. Questo argomento, tuttavia, dimentica che il problema è spesso proprio nelle dimensioni e nell'efficienza di un governo che spende per servizi che che potrebbero essere forniti meglio e con meno costi dal settore privato.
Sul City Journal vi sono due articoli che smontano la falsa accusa alla Proposition 13 e sulla vera causa del disastro fiscale californiano: lo strapotere dei sindacati nel settore pubblico.
La California, infatti, non ha né una spesa pubblica né, soprattutto, un livello di entrate fiscali pro-capite inferiore alla media americana o a quella degli stati con la medesima configurazione demografica, come si evince dal grafico riportato qui a lato.
Il governo del "Golden State," teoricamente ala fame a causa della Proposition 13, raccoglie a vario titolo 12.776 $ da ognuno dei suoi cittadini nel 2007. Tale importo è stato il quinto più alto degli USA e il secondo tra i dieci stati più popolosi (vedi il grafico sopra). Il carico fiscale che grava sulle spalle dei californiani ha recentemente superato i livelli che avevano scatenato la battaglia culminata nel referendum, quindi la Proposition 13 ha a malapena impedito che il carico fiscale esplodesse. Il problema è il livello di spesa e la qualità dei risultati ottenuti: nel caso dell'istruzione, ad esempio, la California spende come la media nazionale ed ha gli insegnanti più pagati d'America, ma i suoi studenti ottengono risultati pessimi. Gli elettori, per una volta, sembrano razionali a rifiutarsi di pagare di più per pessimi servizi, anche se rimane dubbio se riusciranno a rompere il gigantesco conflitto d'interessi che genra l'apparente schizofrenia politica californiana: una base elettorale che rifiuta di pagare maggiori tasse, ma che poi elegge politici di sinistra e dediti al tassa e spendi. Si tratta di un paradosso che potrebbe essere spiegato dal dominio politico degli stessi corresponsabili del collasso fiscale: i sindacati del settore pubblico.
Lo strapotere sindacale ha innescato un circolo vizioso: salari altissimi, dipendenti in eccesso,qualità bassa. Grazie alle risorse derivanti dai contributi obbligatori ed alla pratica di esigere prestazioni "volontarie" più o meno retribuite, i sindacati sono diventati i maggiori donatori per le campagne politiche nello stato, sia in termini di denaro che di militanti e sono fra i maggiori acquirenti di spazio sui media. Il risultato è un potere di manovra tale da dominare i politici che dovrebbero controllare la macchina amministrativa l'appoggio dei sindacati viene offerto ai candidati di sinistra più attivi nelle tematiche classiche della sinistra postcomunista, utili a distrarre l'elettorato con slogan alla moda e, poi, a restituire il favore sottobanco nella gestione ordinaria della burocrazia statale.
Lo strapotere sindacale ha innescato un circolo vizioso: salari altissimi, dipendenti in eccesso,qualità bassa. Grazie alle risorse derivanti dai contributi obbligatori ed alla pratica di esigere prestazioni "volontarie" più o meno retribuite, i sindacati sono diventati i maggiori donatori per le campagne politiche nello stato, sia in termini di denaro che di militanti e sono fra i maggiori acquirenti di spazio sui media. Il risultato è un potere di manovra tale da dominare i politici che dovrebbero controllare la macchina amministrativa l'appoggio dei sindacati viene offerto ai candidati di sinistra più attivi nelle tematiche classiche della sinistra postcomunista, utili a distrarre l'elettorato con slogan alla moda e, poi, a restituire il favore sottobanco nella gestione ordinaria della burocrazia statale.
L'aspetto più inquietante è che l'elezione di Obama sta portando questo modello fallimentare a livello nazionale: i sindacati sono stati i grandi elettori di Obama, che proviene da una città, Chicago, dove la commistione fra attivisti, sindacati e politici è corroborata da un'ancora elevata propensione al voto di scambio e alla corruzione vera e propria. Invece di preoccuparsi degli effetti della Proposition 13, gli americani dovrebbero preoccuparsi dei danni che i collettivisti in salsa californiana hanno prodotto nonostante tutto.
(Illustrazini tratte da City Journal)
(Illustrazini tratte da City Journal)