Un caseificio del Wisconsin, negli USA, sta cercando di produrre Mozzarella di bufala e sembra che vi stia riuscendo abbastanza bene.
Cosa faranno adesso Bassolino Co., minacceranno querela, come avvenne per l'indegna faccenda del "parmesan" contro "parmigiano"? Chiederanno l'ennesimo aumento dei sussidi per la "tutela del territorio"?
In Italia si fa un gran parlare, giustamente, di "giacimenti culturali" e di difesa delle tradizioni alimentari, sino alla pretesa che sia lo Stato a certificare ed imporre l'esclusiva di alcune denominazioni. Troppe di queste pratiche sembrano ancora un tentativo di mantenere un puro e semplice monopolio, più o meno giustamente acquisito e sanzionato dallo Stato.
L'innovazione di processo e di prodotto è quasi completamente assente, in nome della fedeltà alla tradizione; le campagne di marketing si sono rivelate molto più efficaci delle querele per difendere ed ampliare le quote di mercato dei prodotti tipici, eppure sono ancora ben poco diffuse. Eppure la via maestra per salvare i prodotti tipici consiste proprio nella creazione ed imposizione di un brand, di un marchio, riconoscibile nel mercato: No Logo eè il titolo di un pessimo libro, non certo una strategia commerciale, al massimo il vezzo di qualche radical-chic agricolo convinto di poter spregiare il mercato, sicuro di ptere, alle brutte, impiegare i NAS al posto del cervello.
Gli imprenditori agricoli dovrebbero comprendere che campare di rendita è sempre più difficile e che non possono sperare di sopravvivere senza rimboccarsi le maniche e pensare in termini di competizione sul mercato: dovremmo ricordarci che quasi tutti i nostri "prodotti tipici" sono di fatto scopiazzature di qualcun altro, a cominciare dalla seta per continuare con la mozzarella: bachi e bufali d'acqua sono animali d'origine asiatica, trafugati e trapiantati in Europa anche per aggirare i monopoli di allora.
Cosa faranno adesso Bassolino Co., minacceranno querela, come avvenne per l'indegna faccenda del "parmesan" contro "parmigiano"? Chiederanno l'ennesimo aumento dei sussidi per la "tutela del territorio"?
In Italia si fa un gran parlare, giustamente, di "giacimenti culturali" e di difesa delle tradizioni alimentari, sino alla pretesa che sia lo Stato a certificare ed imporre l'esclusiva di alcune denominazioni. Troppe di queste pratiche sembrano ancora un tentativo di mantenere un puro e semplice monopolio, più o meno giustamente acquisito e sanzionato dallo Stato.
L'innovazione di processo e di prodotto è quasi completamente assente, in nome della fedeltà alla tradizione; le campagne di marketing si sono rivelate molto più efficaci delle querele per difendere ed ampliare le quote di mercato dei prodotti tipici, eppure sono ancora ben poco diffuse. Eppure la via maestra per salvare i prodotti tipici consiste proprio nella creazione ed imposizione di un brand, di un marchio, riconoscibile nel mercato: No Logo eè il titolo di un pessimo libro, non certo una strategia commerciale, al massimo il vezzo di qualche radical-chic agricolo convinto di poter spregiare il mercato, sicuro di ptere, alle brutte, impiegare i NAS al posto del cervello.
Gli imprenditori agricoli dovrebbero comprendere che campare di rendita è sempre più difficile e che non possono sperare di sopravvivere senza rimboccarsi le maniche e pensare in termini di competizione sul mercato: dovremmo ricordarci che quasi tutti i nostri "prodotti tipici" sono di fatto scopiazzature di qualcun altro, a cominciare dalla seta per continuare con la mozzarella: bachi e bufali d'acqua sono animali d'origine asiatica, trafugati e trapiantati in Europa anche per aggirare i monopoli di allora.
Technorati Tags: Monopoli, DOC, Mozzarella, Agricoltura