Qui si è sempre stimato e difeso Gianfranco Fini, senza mancare di criticarlo per alcune sue sbandate. La sbandata di ieri, tuttavia, sembra fuori misura, sempre che le indiscrezioni siano corrette. Non tanto per la sua durezza, ma per i suoi motivi: il governo Berlusconi ha sinora tradito la promessa di una riforma liberale del ruolo dello stato, ma Fini sembra avere eletto a cavallo di battaglia soprattutto tematiche care alla sinistra e di importanza relativamente minore, quali quelle cosiddette "etiche", oltre ad aver lanciato quella che sembra essere una pura guerra personale. Bene sintetizza Il fazioso, quando sostiene che sono la strategia (e la tattica, agigungerei io) ad essere sbagliate, non le critiche di Fini di per sé:
"Immaginiamo Fini aprire crepe puntando su riduzione tasse, liberalizzazioni, privatizzazioni, meno burocrazia, via le caste, riduzione dei costi della politica con l’abolizione delle province ecc Si sarebbe preso metà dell’elettorato del Pdl in poco tempo e sarebbe popolarissimo…. Un errore incredibile di avvicinamento alla rottura."Il rapporto parassitario della Lega nei confronti del PdL va sicuramente messo in luce, ma l'elettorato lo avrebbe capito di più se fosse stato inquadrato in un'ottica linerale di destra: puntando ossia il dito sullo slittamento a sinistra della Lega, sulla sua fame di poltrone, il suo neoconsociativismo ed il tradimento del suo elettorato in tema di tasse e liberalizzazioni adesso che può godere dei frutti del potere. La semplice acredine antibossiana svilisce invece l'intero dibattito ed impedisce ai cittadini di comprendere il nocciolo del problema, ammesso e non concesso che il nocciolo sia questo: ricordiamoci il ruolo di freno sul fronte liberale che ebbero AN e l'UDC nel precedente governo Berlusconi.