Ricordate la crisi islandese? Non è finita, è stata soltanto eclissata da ben altri problemi, come previsto.
Mentre attenzione della stampa è concentrata sulla Grecia e nel mercato si pondera nervosamente il fato delle nazioni iberiche, l'agenzia di rating Moody's ha declassato di nuovo la piccola nazione scandinava. La crisi continua, anche quando i riflettori si muovono altrove ed il risultato è tutt'altro che assicurato. Per il momento il governo di Rejkyavik si sta rifiutando di assumere il debito delle consociate estere delle proprie banche, dove è collocata la maggior parte del debito e paradossalmente, la legge potrebbe essere dalla parte degli islandesi. Le banche islandesi hanno infatti raccolto depositi e acquistato attività soprattutto all'estero, comportanti di fatto come degli hedge fund; un cavillo nella normativa di vigilanza europea ha permesso loro di evitare buona parte dei controlli normali per le banche domestiche sia in Islanda che nelle nazioni in cui hanno operato. Non esiste un particolare incentivo per le autorità islandesi per salvare i creditori esteri e soprattutto per salvare la faccia alle autorità di vigilanza inglese e olandese, che hanno trascurato di supervisionare i rischi presi dalle banche islandesi nelle proprie nazioni.