sabato, ottobre 14, 2006

Evasione, elusione, illusione dirigista: il governo sbaglia bersaglio e sbaglia strumenti.

Parlando di evasione fiscale, vorrei ricordare due punti sui quali il governo, nella sua manovra, sbaglia bersaglio e sbaglia strumenti. A meno che lo scopo dell’esercizio sia differente da quello, dichiarato, di massimizzare il gettito.

Il primo e' una semplice costatazione: la gran parte del mancato gettito in Italia non deriva dai demonizzati e mitizzati piccoli imprenditori, nella maggior parte artigiani o consulenti, che compongono il variegato "popolo delle partite IVA". La maggior parte dell'evasione deriva daun lato e dalle aziende totalmente abusive ed illegali che operano soprattutto in alcune zone dell’Italia Meridionale, spesso “coperte” dalle attività della criminalità organizzata, dove non si perde soltanto il reddito netto dell’imprenditore, ma anche tutte le tasse, imposte, accise e i contributi a carico dell’azienda e dei lavoratori, oltre a continuare spesso ad erogare sussidi a persone in realtà pienamente occupate.. Colpire nella direzione indicata dal governo e’ quindi poco efficiente; paradossalmente, e’ possibile che il governo Berlusconi abbia fatto di più nella lotta all’evasone, incentivando l’emersione del sommerso e quindi allargando per questa via la base imponibile, che l’attuale velleità vampiresca di Visco & Co.

Il secondo punto e’ che per un lavoratore autonomo o per una piccola azienda la pressione fiscale marginale e' di fatto del 59% . Per una azienda medio-grande, l’attività di elusione fiscale abbatte l’imposizione fiscale media ad aliquote fra il 20 ed il 35 per cento, a cui andrebbe ulteriormente detratta la messe di sussidi mirati alle grandi imprese. Non prendiamo in considerazione ora se il 59% sia un livello di tassazione ragionevole. Chiediamoci soltanto perchè una categoria di aziende debba in teoria pagare il 59% altrimenti si parla di furto, mentre un’altra possa legalmente abbattere la propria imposizione fiscale tramite consulenze riccamente retribuite e venga premiata con sussidi ed agevolazioni. Perchè quando si parla di tax planning, si tratta, in sintesi, di evasione, pardon, elusione, accettata e sanzionata dallo Stato che favorisce in maniera iniqua una classe dimensionale di aziende rispetto ad un’altra.

Ne consegue che anche se il Governo Prodi dovesse riuscire ad imporre l’azzeramento della parziale evasione, senza modificare le aliquote fiscali e senza causare un collasso immediato del gettito, infliggerebbe un colpo mortale alla competitività di una parte della nostra economia, quella delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi; a tutto favore di un comparto che non solo garantirebbe gettito minore, in quanto meno tassato, ma che non si e’ mai distinto per efficienza o crescita, ossia quello della grande impresa, peraltro già abbondantemente favorita e protetta. Caso o preciso piano per favorire, ancora una volta, la concentrazione in grandi imprese del nostro tessuto economico? Si tratterebbe di una soluzione che non ha mai dato risultati entusiasmanti e che non credo possa darne, almeno finché le grandi imprese sembrano più feudatari del Sovrano, legati ai privilegi concessi dal potente di turno, invece che entità frutto di una crescita di mercato e quindi meritocratica. Ma forse proprio per questo il nostro premier le apprezza, vedendosi già nella veste di Gran Visir.

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