Ossia, lo vorremmo tutti, ma purtroppo non è per nulla scontato.
Non ho alcun dubbio che Giavazzi, ex socialista autonomista, od Alberto Alesina siano liberali "senza se e senza ma" e che vorrebbero che il resto della sinistra italiana seguisse la strada che hanno tracciato. Questo implica, tuttavia, il ripudio delle proprie radici socialiste e che si riconoscesse l'ovvio: definirsi contemporaneamente di sinistra ed in favore del libero mercato è possibile, ma sarebbe necessario rinnegare gran parte della storia dei maggiori partiti della sinistra italiana degli ultimi 150 anni. Non lo è, rimanendo di "questa" sinistra.
Io sarei felice se socialdemocratici, socialisti e comunisti, di sinistra e di destra, si convertissero al "liberismo"; dovrebbero tuttavia cessare di essere socialisti o comunisti, anche in termini di pratiche di origine totalitaria. Assistiamo invece al prevalere dell'abitudine vagamente orwelliana per la quale a sinistra, una volta convertiti ad una qualsiasi pratica o idea, si pretende di riscriverne la storia e la definizione, dimostrando così di non aver mai errato, neppure quando si aderiva a posizioni opposte.
La storia della sinistra italiana è, da un certo punto di vista, relativamente semplice: le tendenze stataliste, collettiviste, totalitarie hanno assorbito o ridotto alla marginalità ogni altra corrente di pensiero. L'unico servizio che gli sconfitti hanno fatto agli intellettuali di sinistra è quello di fornire loro una serie di figure che, debitamente ripulite, possono essere spacciate per appartenenti sostenitori di politiche che hanno svolto un ruolo positivo nella storia d'Occidente, pronti per divenire "padri nobili" di una sinistra che, nei fatti, li ha emarginati e resi ininfluenti nel proprio sviluppo storico.
A questo modo si può sostenere d'avere seguito quasi ogni principio politico, insieme alla propria antitesi, di averne sempre seguito i precetti, mentre gli altri, coloro che in questo caso si definivano liberali e liberisti, ma non erano comunisti, socialisti, socialdemocratici o "liberal" , non vi hanno mai capito nulla. La Sinistra, come il Duce (socialista massimalista) od il Partito, ha sempre ragione.
Lo abbiamo visto accadere con la democrazia parlamentare, il liberalismo, la tolleranza politica e persino l'anticomunismo, senza neppure il minimo accenno di vergogna o di autocritica: ricordiamoci la farsa del Gramsci "liberale" ed anti-totalitario, oppure le dichiarazioni di Walter Veltroni, ex- gerarca della FGCI, che sostiene di non essere mai stato comunista. Adesso tocca al "liberismo" (l'impiego di questo termine, da solo, chiarisce l'origine del liberalismo di certa sinistra)? 1984 incontra Pinocchio.
E' questo, credo, a causare la reazione vigorosa di alcuni, sul lato destro della blogosfera: non ci preoccuperebbe minimamente vedere la sinistra italiana divenire liberale o "liberista", al contrario ne saremmo felici; ma vorremmo evitare una replica dello scempio a cui ci è toccato assistere già una volta.
Abbiamo già assistito allo scippo ed alla sevizie del termine e della tradizione liberale, abusato da sinistra sino a ridurlo a mero artificio verbale. La sinistra non divenne più liberale, dopo essersi riempita la bocca del termine fino a renderlo quasi un insulto; non credo che diverrà particolarmente liberista, qualsiasi cosa s'intenda con questo termine, tramite un'operazione che non rompe con gli schemi della "superiorità antropologica". Sino a quando si avallano e reiterano certi stratagemmi, né liberali, né liberisti, i riformatori dell'Unione avranno armi caricate a salve, nella battaglia per la mente ed il cuore degli elettori di sinistra.
HT&Round-up: liberalizzazioni.net,The Right Nation,Mithrandir,The right Nation-2,Uncle LVDP,Brother Camelot, JimMomoNon ho alcun dubbio che Giavazzi, ex socialista autonomista, od Alberto Alesina siano liberali "senza se e senza ma" e che vorrebbero che il resto della sinistra italiana seguisse la strada che hanno tracciato. Questo implica, tuttavia, il ripudio delle proprie radici socialiste e che si riconoscesse l'ovvio: definirsi contemporaneamente di sinistra ed in favore del libero mercato è possibile, ma sarebbe necessario rinnegare gran parte della storia dei maggiori partiti della sinistra italiana degli ultimi 150 anni. Non lo è, rimanendo di "questa" sinistra.
Io sarei felice se socialdemocratici, socialisti e comunisti, di sinistra e di destra, si convertissero al "liberismo"; dovrebbero tuttavia cessare di essere socialisti o comunisti, anche in termini di pratiche di origine totalitaria. Assistiamo invece al prevalere dell'abitudine vagamente orwelliana per la quale a sinistra, una volta convertiti ad una qualsiasi pratica o idea, si pretende di riscriverne la storia e la definizione, dimostrando così di non aver mai errato, neppure quando si aderiva a posizioni opposte.
La storia della sinistra italiana è, da un certo punto di vista, relativamente semplice: le tendenze stataliste, collettiviste, totalitarie hanno assorbito o ridotto alla marginalità ogni altra corrente di pensiero. L'unico servizio che gli sconfitti hanno fatto agli intellettuali di sinistra è quello di fornire loro una serie di figure che, debitamente ripulite, possono essere spacciate per appartenenti sostenitori di politiche che hanno svolto un ruolo positivo nella storia d'Occidente, pronti per divenire "padri nobili" di una sinistra che, nei fatti, li ha emarginati e resi ininfluenti nel proprio sviluppo storico.
A questo modo si può sostenere d'avere seguito quasi ogni principio politico, insieme alla propria antitesi, di averne sempre seguito i precetti, mentre gli altri, coloro che in questo caso si definivano liberali e liberisti, ma non erano comunisti, socialisti, socialdemocratici o "liberal" , non vi hanno mai capito nulla. La Sinistra, come il Duce (socialista massimalista) od il Partito, ha sempre ragione.
Lo abbiamo visto accadere con la democrazia parlamentare, il liberalismo, la tolleranza politica e persino l'anticomunismo, senza neppure il minimo accenno di vergogna o di autocritica: ricordiamoci la farsa del Gramsci "liberale" ed anti-totalitario, oppure le dichiarazioni di Walter Veltroni, ex- gerarca della FGCI, che sostiene di non essere mai stato comunista. Adesso tocca al "liberismo" (l'impiego di questo termine, da solo, chiarisce l'origine del liberalismo di certa sinistra)? 1984 incontra Pinocchio.
E' questo, credo, a causare la reazione vigorosa di alcuni, sul lato destro della blogosfera: non ci preoccuperebbe minimamente vedere la sinistra italiana divenire liberale o "liberista", al contrario ne saremmo felici; ma vorremmo evitare una replica dello scempio a cui ci è toccato assistere già una volta.
Abbiamo già assistito allo scippo ed alla sevizie del termine e della tradizione liberale, abusato da sinistra sino a ridurlo a mero artificio verbale. La sinistra non divenne più liberale, dopo essersi riempita la bocca del termine fino a renderlo quasi un insulto; non credo che diverrà particolarmente liberista, qualsiasi cosa s'intenda con questo termine, tramite un'operazione che non rompe con gli schemi della "superiorità antropologica". Sino a quando si avallano e reiterano certi stratagemmi, né liberali, né liberisti, i riformatori dell'Unione avranno armi caricate a salve, nella battaglia per la mente ed il cuore degli elettori di sinistra.
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