Brunetta attacca (di nuovo) Tremonti . Purtroppo, esiste il sospetto che il ministro valtellinese venga attaccato per i motivi sbagliati e che unsuo ridimensionamento non porterebbe quindi ad un avanzamento del(piccolo) programma liberale del governo, ma di un semplice ed illiberale aumento di spesa statale.
L'insoddisfazione nel governo deriverebbe infatti dai veti posti alle richieste di spesa dei ministeri; si tratta di una politica che invece ha aiutato e sta aiutando l'Italia a non avere problemi eccessivi con il proprio immane debito pubblico. Uso il condizionale, perché Brunetta si limita a parlare di semplice "opposizione" alle riforme, ma si tratta di un artificio retorico da parte del ministro della Funzione pubblica. IL Ministero del Tesoro ha poteri di veto soltanto quando si tratta di sborsare fondi e reperire risorse aggiuntive, ossia infilare le mani nel portafoglio dei contribuenti. Nel caso riforme e provvedimenti non abbiano alcun aggravio di spesa,non vediamo come il ministero dell'Economia potrebbe vietare alcunché agli altri ministeri. Sembra quindi legittimo il dubbio che si parli di "investimenti" e "riforme" intendendo "spesa" e "tasse".
La giustificazione secondo la quale il ministro del Tesoro dovrebbe allentare i cordoni della borsa per facilitare l'introduzione di riforme strutturali od investimenti imprescindibili non sembra particolarmente valida. Molte delle riforme necessarie non richiedono maggiori spese, dato che sono probabilmente a costo nullo o talmente ridotto da essere reperite mediante qualche sano taglio alla spesa; nuovi fondi potrebbero addirittura ridurre l'urgenza di modificare pratiche inefficienti e costose. La parziale eccezione, dal mio punto di vista, è costituita dalle spese per difesa e da quelle per le forze dell'ordine, includendo in senso lato anche protezione civile e vigili del fuoco. Su questi capitoli siamo colpevolmente in ritardo; in questo blog si ritiene lo stato un male necessario, ma pare ovvio che, data la sua esistenza, gradiremmo che i suoi compiti essenziali venissero svolti decentemente, prima di spendere denaro in campi che neppure lo statalista più incallito potrebbe definire come più importanti dell'ordine pubblico. Gli investimenti necessari per i piani di sviluppo delle infrastrutture possono essere finanziati tramite accordi con soggetti privati; si tratta di una strada che probabilmente garantirebbe minori costi e sicuramente maggior trasparenza, sia per quanto riguarda tempi e modi di spesa sia per la validità dei progetti.
Brunetta ha invece ragione quando critica il conservatorismo di cui si è fatto araldo Tremonti, ma non spende una parola per definirlo meglio: il vero delitto è quello che è stato definito "l'imbalsamazione del Paese" , uno sbandamento statalista e nostalgico verso quel modello corporativo che ci ha regalato il mostro del parastato, ha strangolato il miracolo economico nella culla e ci ha portati ad un passo dal fallimento in stile argentino. Forse Brunetta non ne parla per solidarietà generazionale e storica: questo "ancièn regime" che tanti danni ha procurato è eredità condivisa fascista, socialista e democristiana. Il modello a cui TRemonti sembra talvolta voler tornare ha devastato l'italia, non appena è divenuto dominante; la vicenda imbarazzante dei Tremonti-bond, gli interventi a favore di Alitalia e FIAT, il progetto della Banca del Sud sono tutte iniziative deleterie per lo sviluppo economico del paese, utili soltanto per fare demagogia spicciola sulla pelle delle future generazioni. Ci piacerebbe vedere Giulio Tremonti sostituito da qualcuno in grado di coniugare il suo rigore dal lato delle spese con una visione della società e degli individui più a tono con un governo che si ostina a definirsi "liberale" . Di questo, purtroppo, non si sente parlare.