Ho già espresso la mia opinione su altri aspetti della vicenda Welby: oggetto di una grancassa mediatica in parte voluta ed in parte subita, espone un problema estremamente serio: quello dei confini dell'ingerenza pubblica nella vita e nella libertà degli individui, sino all'atto estremo del controllo della propria sopravvivenza fisica. La vicenda del rito funebre di Welby dimostra purtroppo quanto invece tale problema venga preso poco seriamente dalle nostre élites.
Qualsiasi cedimento, dal punto di vista cattolico, implicherebbe secondo alcuni una giustificazione dell'omicidio, mentre ancora oggi Benedetto XVI ha ribadito la difesa della vita "sino al naturale tramonto". Eppure, anche per un credente, mi pare esistano due punti essenziali che ci si rifiuta di prendere in considerazione.
Il primo pertiene proprio alla durata del "naturale tramonto": quale sarebbe? Senza una tracheotomia che Welby aveva rifiutato, ma la moglie surrettiziamente approvato, Piergiorgio Welby sarebbe morto nel 1990, se non erro. Quali cure mediche costituirebbero quindi un "innaturale prolungamento" dell'esistenza, che la porterebbe oltre la propria naturale conclusione? Vogliamo farlo decidere ad un burocrate o ad un politico?
Il secondo riguarda l'ingerenza statale: comprendo e condivido, da nemico dell'invadenza statale, il timore di slittare verso l'eutanasia intesa come pratica eugenetica o come soluzione finale per le fasce deboli della popolazione, ma ricordiamo che il rischio d'eutanasia non esiste soltanto quando la si permette per legge: per paradosso, un divieto assoluto di qualsiasi pratica volta a terminare la vita, stabilendo il principio che sia lo Stato a disporre della corpo dell'individuo, spiana la strada al totalitarismo.
Trovare una soluzione accettabile interessa purtroppo in maniera marginale ad almeno due delle fazioni in campo: da un lato, i radical-socialisti sono impegnati, come accade troppo spesso, a indicare problemi drammaticamente reali, proponendo purtroppo soluzioni estremamente discutibili , improntate al costruttivismo ed al totalitarismo strisciante tipico della metà socialista. Le tattiche propagandistiche radicali possono estremamente sgradevoli e personalmente non le ho quasi mai condivise, ma separiamo la retorica dalla sostanza politica.
Tali tattiche sono infatti ormai adottate da più parti: il movimento pro-life, con le foto dei feti "uccisi", gli appelli di Socci contro il genocidio nascosto, costituiscono esempi della stessa strategia comunicativa (ovviamente di grado, natura e contenuto differente). Mettersi a spararle ancora più grosse, soltanto per farsi sentire, non porta ad avere ragione, ma all'indegna gazzarra a cui stiamo assistendo.
Intanto il problema rimane, enorme, sul tavolo e non credo abbia soluzione definitiva, perché significherebbe risolvere il quesito: a chi appartiene la mia vita?
Qualsiasi cedimento, dal punto di vista cattolico, implicherebbe secondo alcuni una giustificazione dell'omicidio, mentre ancora oggi Benedetto XVI ha ribadito la difesa della vita "sino al naturale tramonto". Eppure, anche per un credente, mi pare esistano due punti essenziali che ci si rifiuta di prendere in considerazione.
Il primo pertiene proprio alla durata del "naturale tramonto": quale sarebbe? Senza una tracheotomia che Welby aveva rifiutato, ma la moglie surrettiziamente approvato, Piergiorgio Welby sarebbe morto nel 1990, se non erro. Quali cure mediche costituirebbero quindi un "innaturale prolungamento" dell'esistenza, che la porterebbe oltre la propria naturale conclusione? Vogliamo farlo decidere ad un burocrate o ad un politico?
Il secondo riguarda l'ingerenza statale: comprendo e condivido, da nemico dell'invadenza statale, il timore di slittare verso l'eutanasia intesa come pratica eugenetica o come soluzione finale per le fasce deboli della popolazione, ma ricordiamo che il rischio d'eutanasia non esiste soltanto quando la si permette per legge: per paradosso, un divieto assoluto di qualsiasi pratica volta a terminare la vita, stabilendo il principio che sia lo Stato a disporre della corpo dell'individuo, spiana la strada al totalitarismo.
Trovare una soluzione accettabile interessa purtroppo in maniera marginale ad almeno due delle fazioni in campo: da un lato, i radical-socialisti sono impegnati, come accade troppo spesso, a indicare problemi drammaticamente reali, proponendo purtroppo soluzioni estremamente discutibili , improntate al costruttivismo ed al totalitarismo strisciante tipico della metà socialista. Le tattiche propagandistiche radicali possono estremamente sgradevoli e personalmente non le ho quasi mai condivise, ma separiamo la retorica dalla sostanza politica.
Tali tattiche sono infatti ormai adottate da più parti: il movimento pro-life, con le foto dei feti "uccisi", gli appelli di Socci contro il genocidio nascosto, costituiscono esempi della stessa strategia comunicativa (ovviamente di grado, natura e contenuto differente). Mettersi a spararle ancora più grosse, soltanto per farsi sentire, non porta ad avere ragione, ma all'indegna gazzarra a cui stiamo assistendo.
Intanto il problema rimane, enorme, sul tavolo e non credo abbia soluzione definitiva, perché significherebbe risolvere il quesito: a chi appartiene la mia vita?
Dall'altro, vasti settori della Chiesa Cattolica, pur di imporre temporaneamente la propria versione dell'argomento, sembrano disposti a ricorrere alla coercizione, senza preoccuparsi di ampliare il potere del Leviatano, concedendogli quello di scegliere l'inizio e la fine della vita, sinché lo faccia , per il momento, a modo loro. Pessima idea, derivante anche forse dalla visione pessimistica di una Chiesa sotto assedio, quasi minoritaria, che deve impiegare ogni brandello residuo d'autorità contro i nemici, ma che mi risulta poco convincente.
Se davvero la Chiesa Cattolica è una minoranza all'interno della società, come si sostiene da alcune parti, allora armare uno Stato che viene governato a colpi di dittatura della maggioranza, pardon, democrazia partecipativa, significa pianificare il proprio suicidio.
Se invece i cattolici rimangono maggioranza, come credo, perché non impiegare le armi,potentissime e totalmente legittime, della pressione sociale, dell'influenza all'interno della società civile, invece di nutrire e far crescere una struttura coercitiva che è già caduta, in più di una occasione, in mani "anticattoliche"? Perché impegnarsi in strategie miopi, dimentiche della Storia od impegnate in una scommessa ad altissimo rischio, che storicamente si è sempre rivelata perdente? Perché rischiare una deriva etica dello Stato, con il rischio di avere un nuovo nemico?
Se davvero la Chiesa Cattolica è una minoranza all'interno della società, come si sostiene da alcune parti, allora armare uno Stato che viene governato a colpi di dittatura della maggioranza, pardon, democrazia partecipativa, significa pianificare il proprio suicidio.
Se invece i cattolici rimangono maggioranza, come credo, perché non impiegare le armi,potentissime e totalmente legittime, della pressione sociale, dell'influenza all'interno della società civile, invece di nutrire e far crescere una struttura coercitiva che è già caduta, in più di una occasione, in mani "anticattoliche"? Perché impegnarsi in strategie miopi, dimentiche della Storia od impegnate in una scommessa ad altissimo rischio, che storicamente si è sempre rivelata perdente? Perché rischiare una deriva etica dello Stato, con il rischio di avere un nuovo nemico?
Non potremo mai arrivare ad un compromesso riguardo al ruolo di Dio. Credo però sia il momento di arrivare almeno ad un accordo su come essere in disaccordo, in maniera civile. Un sano assetto laico e non etico, mutualmente utile.
Anche perché mentre noi dibattiamo, giustamente, delle nostre differenze al margine, qualcuno prende davvero a randellate la tradizione, senza quasi trovare difese, se non qualche guaito.
Update. Round-up: Phastidio, CantorBlog , JimMomo , RetoricaeLogica, Schegge di Vetro.