martedì, aprile 21, 2009

TARPiamogli le ali: Obama e la IRIzzazione dell'economia

Abbiamo scherzato? Le grandi banche USA, autodefinitesi sull'orlo del baratro solo poche settimane fa, annunciano oggi il ritorno all'utile e in alcuni casi l'urgenza di liberarsi dall'abbraccio soffocante dello Stato e il ritorno i buoni vecchi metodi. Dopo soltanto un anno, la magia del Dream Team Obama ha risolto la crisi, oppure qualcuno gioca sporco?

In questi giorni vengono pubblicati oppure sono già pubblici i risultati aziendali negli Stati Uniti e in gran parte d'Europa. Le tre principali banche americane per reputazione, se non per dimensioni, li hanno resi pubblici questa settimana: si tratta dei due colossi bancari "universali", Citigroup e J. P. Morgan, e di Goldman Sachs, la ex-regina delle banche d'affari, divenuta anch'essa tecnicamente una banca commerciale. Ed i risultati non sono stati soltanto migliori del previsto: nel caso di JP Morgan e Goldman, sembra essere partita la corsa alla restituzione dei fondi pubblici elargiti tramite il TARP, il programma di aiuti pubblici al sistema bancario che si dice abbia salvato le grandi banche dal fallimento.

COSA E' SUCCESSO? - E' possibile che le stesse grandi banche, che si volevano alla canna del gas poche settimane fa, siano adesso immacolate, anzi, profittevoli? Si tratta di un sottile complotto dell'élite mondialista o dello Stato Imperialista delle Multinazionali di tardocomunista memoria per espropriare i lavoratori? La realtà è più complessa: si tratta, in parte, del normale funzionamento della funzione di prestatore di ultima istanza della Banca Centrale; in parte, delle conseguenze perverse dell'allentamento degli standard contabili, apprezzato anche da certi pseudo-banchieri di casa nostra, che farà sentire i propri effetti deleteri nel futuro prossimo; in parte, infine, di una classica truffa ai danni del contribuente e degli investitori. Una truffa che noi italiani abbiamo subito con decenni d'anticipo, ma da cui non abbiamo imparato nulla: l'allucinazione statalista dello stato imprenditore, di un capitalismo "sociale" senza capitali e senza capitalisti nelle mani d'illuminati funzionari governativi. Noi ne portiamo le cicatrici, gli americani stanno soltanto ora cominciando a scoprire le prime avvisaglie delle amare conseguenze.

CHIMICA ECONOMICA - I risultati positivi di questo trimestre sono infatti la combinazione di tre elementi: uno positivo e reale, ma probabilmente temporaneo, uno che non può che lasciare perplessi ed un ultimo assolutamente deleterio nel lungo periodo. La combinazione è differente, ma egualmente pericolosa, per ognuna delle grandi banche USA. Che questo sarebbe stato un buon trimestre per le banche USA era noto da tempo. Le emissioni obbligazionarie da parte delle grandi aziende hanno raggiunto livelli da record, dopo un anno di gelo profondo, nel quale gli investitori non erano disponibili ad acquistare quasi nulla. Un minore pessimismo e soprattutto la fame di rendimento dovuta alla virtuale assenza di remunerazione offerta dai titoli governativi ha riportato l'interesse verso le emissioni societarie. Le stesse banche che hanno dovuto ridurre il credito alle aziende sono le organizzatrici dei sindacati di collocamento di tali emissioni presso gli investitori, intascando commissioni che vanno direttamente a rimpolpare l'utile. Volumi record significano quindi incassi record per banche come Goldman, Citi e JP, anche considerando il fatto che la competizione si è ridotta: Lehman e Bear Stearns sono scomparse, Merrill Lynch e Bank of America sono distratte dalle operazioni di fusione, Morgan Stanley è alle prese con una dolorosa ristrutturazione. Rimane da vedere quanto questa furiosa attività di rifinanziamento possa continuare ai volumi attuali, riempiendo le tasche dei team di organizzazione dei sindacati di collocamento.

LIFTING DI BILANCIO - Anche l'attività caratteristica delle banche commerciali, ossia il guadagno fra il costo dei fondi presi a prestito - quasi a zero, dalla banca centrale che stampa moneta, non dai privati - e quello degli interessi guadagnati prestando soldi ad aziende e individui, ha un trend favorevole, grazie alla crisi ed al secondo elemento: l'adulterazione degli standard contabili. Gli spread che i clienti sono disposti a pagare per ottenere nuove linee di credito sono molto aumentati rispetto ad un anno fa, a causa della crisi, della minore disponibilità di credito e degli aumentati rischi d'insolvenza dei debitori. Come contraltare, ovviamente, le perdite su crediti stanno già aumentando rapidamente, costringendo le banche a destinare l'aumentato margine a riserva per coprire tali probabili perdite. E qui entra in gioco la politica: il FASB, l'ente americano preposto allo sviluppo ed alla tutela dei principi contabili e di trasparenza nei bilanci, ha ceduto alla incessante campagna di pressione da parte del mondo politico, ed ha emendato i principi contabili in modo tale da permettere alle banche di non dovere adeguare i valori di bilancio delle proprie attività ai prezzi di mercato, né di dover svalutare immediatamente i prestiti a rischio di fallimento. Grazie alla modifica delle regole contabili, abbiamo quindi una remunerazione gonfiata dai maggiori rischi d'insolvenza, ma minori obblighi di preparare riserve necessarie a premunirsi contro tali rischi. Facile, quindi, vedere come l'utile delle attività di prestito venga aumentato a parità di volume di prestiti.

SIM SALA BIM - Il caso di Citigroup è il più eclatante ed espone in maniera evidente il punto della manipolazione del sistema contabile direttamente da parte delle banche, una pratica comune anche alle altre istituzioni finanziarie. Citigroup ha annunciato un utile trimestrale, per la prima volta dopo più di un anno di perdite disastrose e ben tre salvataggi a spese del contribuente. La realtà è ancora peggiore, perché Citi avrebbe perso soldi se non per un paio di operazioni contabili. La banca ha dovuto iscrivere comunque a bilancio una perdita a seguito della ristrutturazione di parte del proprio capitale. Il "ritorno all'utile" è dovuto anche all'utilizzo di una pratica tipica della bolla delle dot.com: la creazione di un indicatore di bilancio depurato delle "poste straordinarie" che, casualmente, comprende tutte quelle sgradevoli svalutazioni e sopravvenienze negative. Citigroup tuttavia non sarebbe riuscita ad evitare una perdita, anche nell'attività caratteristica, se non fosse per ancora un'altra possibilità particolare concessa alle banche: quella di contabilizzare in bilancio il proprio debito non al valore nominale, ma al valore di mercato. Non si tratta soltanto delle operazioni di riacquisto ben descritte da Phastidio, o della scommessa contro se stessa che avrebbe posto in essere: si tratta soprattutto della pratica di valutare, ad esempio, a valore di mercato il proprio debito. Questo significa che, se il mercato crede che una banca sia poco solida e quindi il prezzo scende, la banca imputa ad utile la differenza di valore con il prezzo all'emissione del proprio debito, come se potesse ricomprarselo tutto a valori depressi nell'arco di pochissimo tempo. Insomma, il mark-to-market non vale più per le attività che calano, ma si applica in pieno per i debiti che le banche hanno con i propri obbligazionisti.

MUSA AMERICANA PER I POETI NOSTRANI - Queste soluzioni dovrebbero far molto piacere al nostro [[Tremonti]]: da un lato, si finge che le banche siedano su portafogli sani, modificando le regole del gioco, fornendo per legge un comodo tappeto sotto cui nascondere le magagne e fornendo la solenne garanzia statale a quella stessa "finanza creativa" contro cui i neo-statalisti si scagliano in continuazione. Dall'altro, le si sussidia con denaro fresco di stampa, prestato a prezzi fuori mercato dal governo e dalla Banca Centrale, visto che i privati si rifiutano di finanziare attività rischiose a questi livelli e, fra poco, non si fideranno più neppure di bilanci "cucinati" ed alterati a piacere dalle agenzie governative. Il prossimo passo, quasi inevitabile, sarà quello di imporre volumi e destinatari del credito per legge, nazionalizzando le banche: si sentono già le richieste che il governo, fornitore ormai esclusivo di capitale e credito alle banche, le pieghi al "bene comune", ordinando loro di prestare. Questo equivale a consegnare ai politici le chiavi della cassaforte, in una replica del disastro che in Italia ha portato allo strangolamento nella culla del miracolo italiano da parte degli ex-fascisti di centrosinistra alla Fanfani e dei comunisti. Se i banchieri privati sembrano corrotti, vedrete cosa sapranno fare gli amici degli amici dei politici; l'Italia e la Francia offrono esempi eclatanti. La demolizione delle regole contabili farà in modo che i boiardi nominati dai politici possano operare fingendo che sia tutto a posto, come accade in Cina o come accadeva ai tempi dell'IRI, dove i conti quadravano perché i conti delle aziende pubblici erano gestiti con "sistemi contabili" che avevano ben poca parentela con la contabilità.

COMANDI, ECCELLENZA! - L'urgenza di ripagare i fondi della TARP non è dovuta, ovviamente, alla tempra morale dei banchieri ed al loro desiderio di evitare agli Stati Uniti ed all'Inghilterra il baratro del socialismo. E' dovuto alla paura di venire sostituiti dai favoriti del politico di turno. La finestra temporale è ridotta e non è una sorpresa quindi la fretta di JP e Goldman Sachs: meglio raccattare capitale privato subito, anche a costo di restituire allo stato miliardi di dollari di preziosa liquidità e mandare a picco del 10% le proprie quotazioni in poche ore, come ha fatto Goldman Sachs, piuttosto che dover tornare più avanti nel tempo, quando gli investitori si guarderanno bene dall'investire in banche dai conti opachi e quasi illeggibili, di cui ovviamente valuteranno le performance con molto maggiore scetticismo. La speranza è che, una volta restituiti i fondi TARP, nessuno si ricordi degli altri regalini: ossia le agevolazioni sulla normativa contabile, che permetteranno ai manager di fregare i polli che avranno avuto la follia di divenire azionisti, e soprattutto le decine di miliardi di dollari di obbligazioni emesse dalle banche, ma garantite dal governo americano. Quelle non ha intenzione di rimborsarle nessuno.

FINALE SCRITTO - Nessun complotto mondialista, insomma: soltanto uno scontro, neppure tanto sotterraneo, fra due caste cresciute all'ombra del monopolio statale: certi "banchieri", che pensavano che la protezione del racket politico fosse scontata ed i politici stessi. In teoria, se fossimo in tempi normali ed il modello di banca centrale funzionasse come i suoi architetti avevano sperato, la rapida restituzione dei fondi sarebbe un fattore positivo, la conclusione di un intervento di stabilizzazione di rado necessario e, per paradosso, spesso demandato al mercato. Nel modello esemplificato dall'inglese Bagehot, infatti, la banca centrale presta moneta a caro prezzo, ma in quantità illimitata, alle banche che si trovano in temporanea crisi di liquidità per motivi che non pregiudichino la loro solvibilità nel medio e lungo periodo. Una volta terminato il "panico", i depositi riaffluiscono, nuovo capitale può essere sottoscritto dagli investitori e la banca privata è ben felice di restituire il finanziamento della Banca Centrale, concesso a tassi punitivi proprio per non incoraggiarne l'abuso. Nel caso odierno, invece, esattamente come nel caos dei carrozzoni delle partecipazioni statali tanto comuni in Europa una generazione fa, la liquidità è fornita gratis, ma il problema è di solvibilità: una regolamentazione eccessiva e parziale ha protetto indebitamente aziende e manager che avrebbero dovuto invece poter essere disciplinate dal mercato il quale, invece, ha preferito seguire ciecamente il pifferaio magico, ossia i burocrati pubblici che si sono autonominati "autorità di vigilanza". Una volta questo scempio era generalizzato, visto l'elevato numero di settori protetti; oggi, per fortuna, è limitato alla sola finanza. Una volta arrivata la crisi, è stato facile accusare un "liberismo sfrenato" che mai ha alloggiato fra le banche, (andate molto peggio, per inciso, dei tanto temuti hedge fund, questi sì vigilati dal mercato). L'abile sfruttamento delle rendite di posizione, tramite il ricatto sindacal-manageriale sulla pelle dei potenziali disoccupati e delle aziende in difficoltà, ha forzato il governo a intervenire iniettando denaro pubblico sia nel settore bancario che in AIG e nelle aziende produttrici di auto. Attendiamo la prossima fase, quella dei boiardi di Stato. Se l'Italia è una guida, prima avremo le persone competenti, ma orrendamente illiberali, come Beneduce; poi, i geniali avventurieri coi soldi altrui, come Enrico Mattei; alla fine, burattini del potente, i nani e le ballerine.




pubblicato su Giornalettismo dal sottoscritto

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