Da The Diamond Age - Fidenato strikes back! : un aggiornamento sulla battaglia di Giorgio Fidenato e i suoi dipendenti contro la grande truffa del sostituto d'imposta. Ha ragione: nessuno dovrebbe essere obbligato a farsi complice in qualcosa che come minimo è un ipocrita mistificazione (il "lordo " di un dipendente non è il costo totale dle lavoro per l'imprenditore) , ma che talvolta prende i contorni dell'estorsione.
Giorgio Fidenato alza il tiro. Non è che finora l’imprenditore veneto e i suoi operai abbiano scherzato, ma da adesso la partita entra nella fase più caliente, dove non sarà permesso distrarsi, perché è arrivata l’occasione di faregoal e sarebbe un crimine sprecarla. A dire il vero, la melina è stata tutta dalla parte dei giannizzeri statali, fisco e INPS, che hanno preferito traccheggiare a metà campo con passaggi blandi, molto spesso al proprio portiere, giusto per non stuzzicare un avversario che intuiscono agguerrito. Per uscire di metafora, gli avvocati di Giorgio intendono mettere in mora il creditore, rovesciando la prospettiva di chi da sempre è abituato a esigere con i metodi coercitivi del tizio che ha (perché glielo hanno fatto credere troppe volte) il coltello dalla parte del manico. Fidenato è un piccolo industriale che da quattro mesi, ormai quasi cinque, consegna ai propri dipendenti la busta paga più pesante di quanto mai abbiano avuto. Più pesante, cioè lorda, senza trattenute e contributi, anzi, per essere precisi, senza il calcolo delle trattenute e dei contributi che spetterebbero loro in rapporto ai soldi che ricevono. ‘Spetterebbero’ è parolina fuorviante, giacché in realtà al dipendente non tocca nulla, e il valsente sparisce dritto nelle capienti tasche dello stato, le quali lo dovrebbero tenere in caldo per il momento della pensione (una fetta), o distribuirlo in mille rivoli minuscoli (un’altra fetta), in modo da soddisfare tutti gli appetiti di un mucchio di gente che non c’entra un cappero con il lavoro degli operai e di Fidenato stesso. Ora, ci raccontano la favoletta che, così facendo, lo stato rende ai lavoratori un grandissimo favore, perché toglie loro l’incomodo di foraggiare i commercialisti per farsi dire quanti dindi vadano a lui, allo stato, per gli incommensurabili servizi che offre alla collettività, ivi compresi gli operai di Fidenato. Questo sistema si chiama ‘sostituto d’imposta’ e obbliga il datore di lavoro a riscuotere le tasse per conto dello stato. Così lo stato non si sporca le manine e fa bella figura, mentre le maledizioni e i mugugni vanno al porco padrone, per via della busta sempre più magra. Quasi gli restassero appiccicati alle dita gli spiccioli della gran ladreria ipocrita, mentre invece col cavolo che lo stato paga l’imprenditore per siffatto esercizio da Lupin dei poveri: no, no, metta all’opera i suoi Fantozzi dell’ufficio stipendi e non banfi, ché trattasi di obbligo di legge. Ma il tosto Fidenato deve essere uno che si fa amare e capire dai suoi operai, perché tutti si sono trovati solidali con il padrone, quando gli è venuta la grandiosa idea di rifiutare l’odioso compito di gabellare, in tutti i sensi, chi suda e fatica per la pagnotta pagata da Giorgio. Il discorso è stato, più o meno, questo: io vi retribuisco per intero e voi date di vostra sponte il dovuto all’Agenzia delle Entrate e all’INPS, così toccate con mano quanto vi prendono. E così si smonta il meccanismo studiato per contrapporre lavoratori dipendenti e autonomi: studiato dai sindacati, che hanno bisogno di tenere in piedi questa artificiosa suddivisione, giacché sono loro i primi a temere el pueblo unido nel ricacciargli in gola tutte le balle sesquipedali sull’evasione fiscale degli autonomi. Perché questi non hanno la busta paga e gli altri sì. Peccato che i primi si facciano un mazzo per adempiere agli oneri burocratici, spesso assurdi, spesso inutili, spesso dannosi, che costano, oh, se costano!, e i secondi hanno una pappa fatta che sa di rancido, di inganno, di presa per il culo. Se Fidenato riuscisse a saldare le speranze dei dipendenti con le incazzature degli autonomi, e viceversa, sarebbe un gran successo. E sarebbe una liberazione l’abbandono di quest’imbroglio di sostituto d’imposta. Giorgio vuole arrivare fino alla Corte Costituzionale, poiché ritiene una servitù intollerabile fare le pulci alle buste paga per conto di uno stato pitocco. E noi dipendenti, smettiamola di vedere inesistenti travi nell’occhio di qualsivoglia imprenditore, e sfiliamoci dai nostri, di occhi, le pagliuzze lunghe un chilometro, che ci hanno ficcato dentro a forza i cattivi maestri dell’invidia sociale. Sosteniamo anche con un sacrificio in denaro la lotta libertaria, con un versamento magari piccolo, ma meritorio, al seguente IBAN:IT47N0200864951000041181330, Movimento Libertario, precisando quale causale “Sostegno a Giorgio Fidenato”. Infine, un consiglio per gli acquisti: procuratevi il libro di Leonardo Facco, Elogio dell’evasore fiscale. Vi troverete anche la storia di Giorgio.