Una premessa: trovo sgradevoli i furbi che giocano ai finti poveri, soprattutto quando sono tanto stupidi da andarsene a spendere il bottino in località di lusso. Un’operazione come quella avvenuta a Cortina ha almeno il merito di coadiuvare la selezione naturale, migliorando forse il buon gusto dei superstiti. Trovo tuttavia che non sia da "liberali alle vongole" avere dubbi, proprio in quanto liberali, sul carattere quasi sacrale assunto dalla lotta all'evasione. Il caso di Cortina ha già suscitato considerazioni giustamente allarmate per la manipolazione mediatica e la rischiosa ’istigazione all'invidia sociale;più in generale, i metodi impiegati rischiano nel lungo periodo di essere peggiori del male, soprattuto nella prospettiva di chi desidera una società libera. Un liberale deve adattarsi talvolta a difendere l'indifendibile, per tutelare la libertà tramite il principio che i mezzi non giustificano i fini, soprattutto quando i fini sono tutt'altro che limpidi.Si sostiene ad esempio che la lotta all'evasione sia necessaria per ridurre in seguito la pressione fiscale e l'invadenza burocratica; il nobile fine giustificherebbe mezzi talvolta discutibili. Lo slogan in voga diventa "pagare tutti per pagare meno". Quest'argomentazione suona dubbia. Immaginiamo, come esperimento mentale, che l'evasione venga istantaneamente debellata, senza effetti secondari. Si alzi chi crede davvero che la nostra classe politica ridurrebbe le aliquote fiscali, invece che aumentare la spesa con il consueto mix di sussidi, protezioni e spese assistenziali alle aziende ed alle categorie sociali con maggiore influenza elettorale. Si tratta, in fondo, della triste storia avvenuta ad ogni aumento delle entrate fiscali in Occidente. Il problema di fondo è l’inerente conflitto d’interessi fra la classe politica ed i contribuenti in una democrazia assistenziale, quando si tratta di equilibrio dei conti. Per il contribuente la priorità è la riduzione del disavanzo fra entrate ed spese, minimizzando se possibile entrambe le grandezze, in modo da ridurre l’interferenza statale nelle scelte individuali. Per chi gestisce la macchina statale, l'aumento delle risorse intermediate è al contrario un bene di per sé, almeno per due motivi. Innanzitutto all'aumentare delle entrate aumenta il denaro di cui politici e burocrati decidono la destinazione, aumentando quindi il proprio potere sui privati cittadini. Una riduzione delle spese, al contrario, non porta ad alcuna utilità. In un sistema come quello italiano quasi tutti sono sia contribuenti che sussidiati; persino se un particolare individuo ricevesse esattamente quanto ha versato e non vi fossero costi per la gestione della redistribuzione, la gestione del suo reddito sarebbe grandemente in balia di scelte altrui, sebbene ne paghi comunque personalmente il prezzo. E’ per questo che la riduzione contemporanea di tasse e spese non è quindi interessante per la classe politica o burocratica: il calo della quota di PIL che passa fra le maglie della redistribuzione costituisce per essa un danno diretto ed immediato. Le conseguenze possono essere devastanti: dove lo Stato intermedia una quota sufficientemente grande del reddito nazionale, non la produzione e l'innovazione, ma la spartizione del bottino fiscale e la riduzione di quanto da pagare diventano le cause principali di prosperità individuale, con effetti devastanti sulla crescita che tanto desideriamo a parole. In secondo luogo, un aumento dei programmi di spesa e dei sussidi mirati rende giustificabile agli occhi dell'elettorato un aumento delle dimensioni della burocrazia necessaria a gestire tale intermediazione e quindi un aumento dei posti di lavoro a disposizione per i propri simpatizzanti e clienti. Il prestigio sociale dei burocrati come dei politici aumenta all'aumentare del denaro a disposizione; di nuovo, i migliori non produrranno, ma cercheranno rendite e posti garantiti, in modo da non essere fra le pecore, ma fra i lupi. Aumentano così la sclerosi della società e il regresso ad un mondo premoderno.È ingenuo pensare quindi che la classe politica scelga spontaneamente la strada della riduzione del prelievi o della semplificazione, che tanto ridurrebbe il proprio ruolo e la propria influenza. E’ necessaria una costante vigilanza dei contribuenti elettori. Di conseguenza, per un liberale la lotta all'evasione fiscale dovrebbe essere giudicata come ogni normale operazione di polizia e non come una santa crociata, prioritaria a ogni altra iniziativa; è persino possibile che tale crociata diventi una distrazione dall’obbiettivo di mantenere efficiente la spesa e minimizzare la pressione fiscale e che apra la porta ad abusi di potere. Oltre ad essere problematica dal punto di vista dei fini, l'appoggio a questa modalità di caccia all'evasore è dubbia anche da quello dei mezzi. Trovo curioso che chi condona la resistenza a leggi che violano la libertà individuale in tema religioso, sessuale o medico, ritenendo in errore permanente le autorità, ritenga che tale libertà possa essere violata facilmente in altri contesti perché in questi casi l'autorità divenga magicamente benevola. È naturale per ogni governo cercare di risolvere ogni problema richiedendo un aumento di prerogative, spesso con le migliori intenzioni, adducendo esigenze d'emergenza. Chi si dice liberale conosce l'obiezione a tali argomenti. Le misure temporanee diventano permanenti, quelle limitate vengono estese e diventano generali, poteri discrezionali dati a un governo rispettoso dell’individuo per nobili fini diventano armi liberticide nelle mani del sucessivo governo. Il controllo assoluto delle transazioni finanziarie permette una violazione della privacy quasi totale e si presta ad abusi immani; molti liberali hanno giustamente criticato le norme lesive della privacy contenute nelle leggi antiterrorismo, ma qualcuno vuole accettare provvedimenti identici per contrastare l'evasione fiscale, che non minaccia certo la vita e la libertà quanto i responsabili delle stragi delle Torri Gemelle o di Atocha.Mi si permetta di dubitare che in Italia avremo sempre governi, burocrati o pubblici ministeri che si asterranno dall'impiegare spurie accuse di evasione come pretesto per acquisire tutte le transazioni finanziarie di avversari ideologici e quindi ottenere informazioni utili per ricatti, calunnie o intimidazioni; mi si permetta di dubitare che non s'impiegherà la gogna mediatica a fini di esproprio o di lotta politica. Non comincio neppure a discutere degli abusi che verrebbero commessi da parte di funzionari infedeli, venali o corrotti in possesso di tali informazioni.Non è difficile immaginare quante informazioni sulla nostra vita privata un governo reazionario potrebbe inferire analizzando i nostri estratti conto, fra poco omnicomprensivi. Immaginate cosa potrebbe fare un governo interessato ad imporre una propria variante di Stato etico, sia esso di sinistra o di destra, con una tale base dati a disposizione: quali libri vi ostinate a comprare, quali brutte abitudini mantenete, in quali locali sospetti vi avventurate; quella parcella ad un medico in odore di aborti, quell'anestesista sospettato di aiutare a porre fine alle sofferenze dei propri cari, quelle donazioni a cause sospette diverrebbero immediatamente segnali per un governo, o peggio per una macchina burocratica intenta a mantenervi sulla retta via. Certo, potreste fare tutte queste cose all'estero, se vi fosse ancora pemesso esportare il denaro con cui pagarle, ma probabilmente vi saranno già norme per speculatori e disfattisti facilmente applicabili a qualunque indesiderabile.Ricordiamoci che uno dei cavalli di battaglia di Mussolini fu la lotta ai "pescecani", ai profittatori di guerra, oltre che ai facinorosi che minacciavano la quiete delle strade e la proprietà privata. Ad oggi si sentono echi della medesima retorica, aggiornata ai nostri tempi sociali. La proprietà minacciata non è più quella borghese, ormai ridotta a mero usufrutto a discrezione della volontà collettiva dalla nostra Costituzione; è quella quota dei due terzi della nostra vita che lo Stato pretende quale proprio diritto divino. La classe dirigente nominalmente liberale che governava l'Italia si illuse che il fine giustificasse i mezzi, salvo assistere inorridita all'uso sempre più perverso e indiscriminato di provvedimenti che aveva creduto limitati e temporanei. Potremmo essere ancora in tempo per non ripetere lo stesso errore.
venerdì, gennaio 13, 2012
Evasione e Cortina: giusto pagare, ma non giochiamo agli apprendisti stregoni dell'oppressione
Posted by Unknown at 2:46 PM |
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lunedì, febbraio 14, 2011
Cosa Tasserano Dopo? Non è satira, è la triste realtà
La tragedia è che buona parte di quanto descritto non è fantascienza, né un aspetto la realtà spinto all'assurdo: è la pura verità. Noi già paghiamo tasse ogni volta in cui apriamo il rubinetto dell'acqua, accendiamo il gas o facciamo benzina. Il fisco è tuttavia abbastanza furbo da non dover chiedere neppure il nostro consenso, come avviene nel video: si limita a inserirle nel prezzo dei beni che acquistiamo ogni giorno. Salvo poi prendersi di nuovo altro denaro ogni volta che siamo noi a ricevere un pagamento, sempre senza chiedere permesso a nessuno, tramite l'odiosa servitù del sostituto d'imposta, con cui obbliga il cittadino a farsi alternativamente vittima o carnefice dei propri simili.
E' ora di dire basta.
mercoledì, novembre 03, 2010
Emergenza Maltempo, responsabilità fiscali e soluzioni possibili
Se piove non è colpa del governo, ma la nostra nazione viene depredata della metà del proprio reddito da una classe politica che pretende di farlo per i "beni pubblici essenziali", fra cui persino gran parte dei liberali inserisce almeno ordine pubblico e strade. IL risultato? Centinaia di festival culturali e le opere pubbliche languono, facendo sì che una pioggia di due giorni diventi una tragedia.
giovedì, giugno 10, 2010
Fidenato , Santoro e la RAI
Bello vedere come la RAI abbia finalmente concesso spazio a Giorgio Fidenato, alla sua battaglia libertaria ed alla sua critica a tutto tondo verso la finzione che i collettivisti di vario colore ci vorrebbero far passare per realtà. Intristisce il pensiero che l'unico a dargli spazio sia stato Santoro, su AnnoZero, con pura finalità di strumentalizzazione: temiamo che il contenitore santoriano non screditi il contenuto.
HT: Phastidio
lunedì, novembre 23, 2009
Stato usuraio
Lo Stato usuraio (HT NeoLib):
"Sempre pronto ad ergersi come paladino dei poveri e dei deboli, è proprio lo Stato però che nei fatti finisce con l'applicare tassi usurai ai suoi poveri sudditi; al solito, quel che viene proibito ai comuni mortali - pena la galera - diventa invece come per magia legale quando a compiere gli stessi atti sono gli sgherri del fisco. E' successo così a Vibo Valentia che per il mancato pagamento di una tassa Irpef di 1.800 euro, scaturita da un conguaglio e mai notificata al contribuente, sia scattata una richiesta di 3.600 euro, senza che peraltro sia stato inviato il dovuto avviso di pagamento per lettera raccomandata come prescritto, e senza quindi che venisse indicato il responsabile del procedimento. L'ignara vittima, nel tentativo di informarsi su quanto accaduto, ha fatto trascorrere ulteriori giorni senza pagare quanto richiesto, così che oggi per chiudere la pratica sarebbero necessari 4.600 euro, roba da far impallidire per l'appunto i piu' terribili usurai. Con una sostanziale differenza: che l'usuraio chiede il conto in virtù di un accordo volontario, per quanto indotto da esigenze spesso improcrastinabili, lo Stato invece fa della coercizione la sua sola ragion d'essere."
Posted by J.C. Falkenberg at 1:17 PM |
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martedì, giugno 30, 2009
Fidenato update: niente collaborazionismo fiscale
Giorgio Fidenato alza il tiro. Non è che finora l’imprenditore veneto e i suoi operai abbiano scherzato, ma da adesso la partita entra nella fase più caliente, dove non sarà permesso distrarsi, perché è arrivata l’occasione di faregoal e sarebbe un crimine sprecarla. A dire il vero, la melina è stata tutta dalla parte dei giannizzeri statali, fisco e INPS, che hanno preferito traccheggiare a metà campo con passaggi blandi, molto spesso al proprio portiere, giusto per non stuzzicare un avversario che intuiscono agguerrito. Per uscire di metafora, gli avvocati di Giorgio intendono mettere in mora il creditore, rovesciando la prospettiva di chi da sempre è abituato a esigere con i metodi coercitivi del tizio che ha (perché glielo hanno fatto credere troppe volte) il coltello dalla parte del manico. Fidenato è un piccolo industriale che da quattro mesi, ormai quasi cinque, consegna ai propri dipendenti la busta paga più pesante di quanto mai abbiano avuto. Più pesante, cioè lorda, senza trattenute e contributi, anzi, per essere precisi, senza il calcolo delle trattenute e dei contributi che spetterebbero loro in rapporto ai soldi che ricevono. ‘Spetterebbero’ è parolina fuorviante, giacché in realtà al dipendente non tocca nulla, e il valsente sparisce dritto nelle capienti tasche dello stato, le quali lo dovrebbero tenere in caldo per il momento della pensione (una fetta), o distribuirlo in mille rivoli minuscoli (un’altra fetta), in modo da soddisfare tutti gli appetiti di un mucchio di gente che non c’entra un cappero con il lavoro degli operai e di Fidenato stesso. Ora, ci raccontano la favoletta che, così facendo, lo stato rende ai lavoratori un grandissimo favore, perché toglie loro l’incomodo di foraggiare i commercialisti per farsi dire quanti dindi vadano a lui, allo stato, per gli incommensurabili servizi che offre alla collettività, ivi compresi gli operai di Fidenato. Questo sistema si chiama ‘sostituto d’imposta’ e obbliga il datore di lavoro a riscuotere le tasse per conto dello stato. Così lo stato non si sporca le manine e fa bella figura, mentre le maledizioni e i mugugni vanno al porco padrone, per via della busta sempre più magra. Quasi gli restassero appiccicati alle dita gli spiccioli della gran ladreria ipocrita, mentre invece col cavolo che lo stato paga l’imprenditore per siffatto esercizio da Lupin dei poveri: no, no, metta all’opera i suoi Fantozzi dell’ufficio stipendi e non banfi, ché trattasi di obbligo di legge. Ma il tosto Fidenato deve essere uno che si fa amare e capire dai suoi operai, perché tutti si sono trovati solidali con il padrone, quando gli è venuta la grandiosa idea di rifiutare l’odioso compito di gabellare, in tutti i sensi, chi suda e fatica per la pagnotta pagata da Giorgio. Il discorso è stato, più o meno, questo: io vi retribuisco per intero e voi date di vostra sponte il dovuto all’Agenzia delle Entrate e all’INPS, così toccate con mano quanto vi prendono. E così si smonta il meccanismo studiato per contrapporre lavoratori dipendenti e autonomi: studiato dai sindacati, che hanno bisogno di tenere in piedi questa artificiosa suddivisione, giacché sono loro i primi a temere el pueblo unido nel ricacciargli in gola tutte le balle sesquipedali sull’evasione fiscale degli autonomi. Perché questi non hanno la busta paga e gli altri sì. Peccato che i primi si facciano un mazzo per adempiere agli oneri burocratici, spesso assurdi, spesso inutili, spesso dannosi, che costano, oh, se costano!, e i secondi hanno una pappa fatta che sa di rancido, di inganno, di presa per il culo. Se Fidenato riuscisse a saldare le speranze dei dipendenti con le incazzature degli autonomi, e viceversa, sarebbe un gran successo. E sarebbe una liberazione l’abbandono di quest’imbroglio di sostituto d’imposta. Giorgio vuole arrivare fino alla Corte Costituzionale, poiché ritiene una servitù intollerabile fare le pulci alle buste paga per conto di uno stato pitocco. E noi dipendenti, smettiamola di vedere inesistenti travi nell’occhio di qualsivoglia imprenditore, e sfiliamoci dai nostri, di occhi, le pagliuzze lunghe un chilometro, che ci hanno ficcato dentro a forza i cattivi maestri dell’invidia sociale. Sosteniamo anche con un sacrificio in denaro la lotta libertaria, con un versamento magari piccolo, ma meritorio, al seguente IBAN:IT47N0200864951000041181330, Movimento Libertario, precisando quale causale “Sostegno a Giorgio Fidenato”. Infine, un consiglio per gli acquisti: procuratevi il libro di Leonardo Facco, Elogio dell’evasore fiscale. Vi troverete anche la storia di Giorgio.
Posted by J.C. Falkenberg at 4:54 PM |
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mercoledì, marzo 11, 2009
Tafazzi abita da Franceschini
Con proposte così, Berlusconi può dormire sonni tranquilli per altre due legislature senza fare assolutamente nulla. Noi anche, perché è molto meglio un governo che non fa nulla. che uno che da' sfoggio di socialismo clericale
ANSA.it - TopNews - Pd: una tantum redditi 120mila euro: "'Un contributo straordinario' per il 2009 di 2 punti sui redditi superiori ai 120.000 euro:e' la proposta del Pd annunciata da Franceschini. Il segretario ha annunciato che la proposta si tradurra' in un'iniziativa parlamentare e che servira' per finanziare 500 mln da destinare al contrasto della poverta'"
Alzare le tasse... Un programma che frutterà una valanga di voti.
Update: il tafazzismo impera anche a destra: Bossi apre alla proposta di Franceschini. Per fortuna che la Lega blaterava di essere il partito antitasse, altrimenti questa bella tosatura bipartisan come sarebbe uscita?
Se vogliamo esser esicuri di aumentare il sommerso e' evasione, continuiamo così, tartassando chi guadagna e fregandocene del resto.
Posted by J.C. Falkenberg at 3:30 PM |
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lunedì, febbraio 16, 2009
California , niente bilancio, niente soldi, niente maggioranza.
E adesso sono veramente cavoli amari ... California Lawmakers Fail to Pass Budget California legislators Sunday night failed to pass a budget to close
the state's $42 billion deficit, with legislative leaders aborting the vote when
it became clear they lacked the one additional Republican vote they still needed
for the two-thirds majority required to pass the budget.
Un disastro annunciato: il governatore repubblicano della California, Arnold Schwarzenegger, ha rotto lo stallo (di cui si parlava qui) ed aveva ridisegnato la manovra di bilancio a porte chiuse mettendosi d'accordo con i democratici ed i repubblicani moderati.
La minoranza repubblicana ha votato compattamente contro, impedendo di raccogliere i due terzi dei voti necessari per far passare i 14 miliardi di aumenti di tasse inseriti nel bilancio. Niente da fare: non soltanto la gran parte dei repubblicani si è rivoltata contro il governatore ed i capogruppo parlamentari, ma hanno addirittura minacciato azioni legali nel caosil budget venisse passato a magioranza semplice.
La California rischia un deficit di 42 miliardi, nel caso il bilancio fosse identico all'anno scorso; il governo statale ha già paventato 20mila licenziamenti ed ha posto in ferie obbligate circa 200mila lavoratori impiegati dallo stato. Per i repubblicani, la crisi è l'effetto degli eccessi di spesa delle amministrazioni democratiche immediatamente precedenti a Schwarzenegger e della cultura "tassa e spendi" dei democratici in parlamento, una casta dominata dalle lobby di sindacali ed ambientaliste.
Prima di accusare i repubblicani per lo stallo, ricordiamoci che la costituzione californiana è stata plasmata da una serie pluridecennale di referendum volti appunto a limitare le possibilità di predazione fiscale di una classe politica di questo tipo, inamovibile ma ampiamente detestata. I repubblicani stanno insomma facendo il proprio mestiere, al contrario di Schwarzenegger, che sembra essersi fatto prendere dal panico.
Hat tip: WSJ.com
Posted by J.C. Falkenberg at 11:42 AM |
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mercoledì, giugno 04, 2008
Non capivano prima, non capiscono adesso
Sulla brutta copia del New York Times (inquietante già di suo) Giannini ha un ruolo preciso : leggiuchciare l'Economist e trarne le conclusioni sbagliate, soprattutto parlando d'Italia.
Sproloquiando su Tremonti, dice:
"Giulio Tremonti ama ripetere un leitmotiv: 'L'economia la fa l'economia, non la fanno i governi'. Ha ragione solo in parte."La parte in cui ha ragione è proprio l'opposto di quella che vorrebbe Giannini: lui vorrebbe che il ministro Tremonti intervenisse di più e su temi cari alla sinistra; personalmente, gradirei che invece Giulio Tremonti razzolasse come predica e che di conseguenza lasciasse fare alla "economia", liberando spazi per l'azione degli individui e ritraendo la pesante mano del governo.
Invece il ministro dell'Economia ricicla le peggiori idee di Blair, razzolando male dopo aver ben predicato.
La tassa straordinaria sui profitti delle aziende petrolifere e sulle banche è infatti diretta discendente della windfall tax, presente nel Labour Manifesto del 1997 e volta a tassare gli "eccessivi" guadagni derivanti dalla privatizzazione delle aziende di Stato britanniche. Eccessivi a posteriori, oviamente: almomento della privatizzazione il governo Thatcher aveva dovuto ricorrere ad ogni sorta di incentivi per convincere gliinglesi a comprarsi quelli che venivnao visti come dei carrozzoni.
I suoi effetti sono perlomeno discutibili: a fronte di un introito di circa 5 miliardi di sterline, ha rischiato di scardinare la reputazione della Gran Bretagna come nazione dove impera la certezza del diritto. Il problema maggiore, allora come oggi, non è tuttavia questo, né che a pagarla, alla fine, non saranno certo le "corporation", semplici finzioni giuridiche, o i manager, ma gli azionisti ed i consumatori.
Il punto è lo stesso che si riscontra nelle giursidizioni a rischio di nazionalizazione o di altre predazioni governative: si genera una riduzione degli investimenti e quindi della ricchezza futura. Se esiste il rischio che i frutti di tali investimenti vengano depredati, allora ci si limiterà a sfruttare all'osso l'esistente, intascare i profitti e fare le valige; l'effetto opposto, insomma, a quello in teoria ricercato da ogni buon ministro socialista, pardon colbertista.
Si tratta di un esempio di conseguenze inattese di politiche in apparenza utili a fini sociali, un classico "fallimento del socialismo", corrispettivo molto più frequente dei "fallimenti del mercato" : un provvedimento dalle ottime intenzioni che produce pessimi risultati, in pieno contrasto con i propri stessi obbiettivi.
Come nel caso della proposta di rinegoziazione quasi-volontaria dei mutui, si tratta di un lodevole tentativo di risolvere un problema, una novità rispetto alle tattiche dilatorie e vessatorie del precedente governo. Purtroppo, rischia di essere un tentativo controproducente, a causa dell'impiego degli strumenti sbagliati. In nazioni come l'Italia, si crede sempre che sia necessario fare "qualcosa", qualsiasi cosa, che il governo debba agire ed intervenire, anche quando rischia di fare maggior danno di quanto non se ne stia già verificando. Comincio a temere che la capacità di resistere e non cadere in certe trappole sia come il coraggio per Don Abbondio : “[...] se uno non ce l’ha, non se lo può dare”.
update: questo post e' un fratello quasi gemello del mio pezzo su giornalettismo
Posted by Unknown at 11:41 PM |
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lunedì, ottobre 22, 2007
TPS può ridurre l'evasione spremendo gli autonomi ?
Fonte: noiseFromAmeriKa
tag: Evasione, Padoa Schioppa, Tasse, Visco,
Posted by Unknown at 4:12 PM |
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domenica, agosto 26, 2007
Quando Cesare ci restituirà quel che non è di Cesare?
I decenni necessari per ottenere un rimborso, il paradosso della necessità di prestare garanzie per poter presentare domanda di rimborso, gli interessi irrisori sulle somme ingiustamente trattenute, se comparati a quelli dovuti in caso di debiti fiscali: quando si tratta di gestione delle materie fiscali, è proprio il governo il primo a predicar bene ed a razzolare malissimo, a dare un pessimo esempio di comportamento moroso ed arrogante, quasi a rimarcare continuamente quanto il contribuente italiano sia un suddito, non un cittadino.
Perché non cominciare a correggere questa palese ingiustizia, destinando il nuovo "tesoretto" al ripianamento di parte dell'ingente debito che lo Stato ha nei confronti del popolo italiano?
tag: Fisco, Italia, Tasse, Economia
sabato, agosto 04, 2007
Lo chiamano tesoretto, ma si scrive bottino . O riscatto.
L'oggetto del contendere andrebbe chiamato bottino o refurtiva. Ci si spartisce, infatti, il bottino di una rapina o di uno scippo e questo è, in effetti il frutto di una doppia rapina: quella dello Stato verso i contribuenti, triste certezza della vita italica; quella dell'attuale maggioranza verso il governo precedente, villipeso per quei condoni che hanno allargato la base imponibile e per il presunto "buco" che si è rivelato un piccolo pozzo di petrolio, prontamente dilapidato.
mercoledì, agosto 01, 2007
Prodi Savonarola
Tralascio la grande laicità di un premier che ne parla in continuazione quando è il centrodestra ad a cercare- sbagliando - di arruolare i vescovi o di nascondersi sotto le oro sottane; so che la coerenza non è affare dei politicanti.
Tuttavia, tirare in ballo il clero sulla decima da versare alla Repubblica italiana non mi pare una scelta felice; qualche sacerdote potrebbe ricordare dal pulpito come il livello di tassazione italiano, aumentato da questo stesso Governo, sia uno scandalo agli occhi di Dio, soprattutto visto il livello pessimo dei servizi offerti in cambio dei nostri soldi.
Non so se l'evasione fiscale sia peccato, ma l'ultima volta in cui ho controllato (molto, molto tempo fa), "non rubare" era un precetto citato alquanto esplicitamente nella Bibbia. Non ricordo esenzioni alla regola, anche nel caso in cui il ladro si autodefinisca mio signore e padrone.
tag: Prodi, Chiesa, Tasse
lunedì, aprile 23, 2007
Tasse sull'impresa in calo in Europa: realtà o cosmesi?
I numeri possono parlare chiaro, ma un solo numero può dare un'immagine limitata e potenzialmente distorta: in questo caso, se è vero che l'aliquota fiscale nominale è calata, è anche vero che l'aliquota effettiva, ossia la percentuale realmente versata all'erario imprese, non si è mofdificata, se non in casi sporadici.
I governi europei, infatti, hanno ridotto le aliquote nominali massime; nello stesso momento, tuttavia, hanno eliminato esenzioni ed incentivi che permettevano alle imprese di ridurre il carico fiscale effettivo. L'effetto netto è stato di conseguenza limitato.
A livello aggregato, una semplificazione del sistema fiscale sarebbe comunque un obiettivo desiderabile: la ridotta complessità riduce i costi relativi alle incombenze burocratiche, ma soprattutto le parcelle versate a commercialisti ed avvocati esperti nel navigare un codice tributario complesso, spesso vera barriera all'entrata per piccole e medie imprese di nuova formazione.
Purtroppo, il caso inglese dimostra che l'attitudine alla discriminazione fiscale continua a persistere e anzi potrebbe aggravarsi. Gordon Brown, Cancelliere dello Scacchiere, ha infatti ridotto l'aliquota nominale sulle imprese. Ha tuttavia finanziato l'operazione tramite una riduzione della deducibilità degli ammortamenti di stabilimenti industriali. In questo modo, si è introdotta una discriminazione a favore delle aziende con minori immobili e strutture fisiche e quindi maggiormente a rischio di delocalizzazione: le aziende industriali tradizionali stanno di fatto sussidiando la finanza, per fare un esempio. Può trattarsi di un favoritismo sensato, nell'era della globalizzazione, ma di certo si tratta anche di un comportamento discriminatorio e dal vago sapore dirigista, con tutti i rischi di inefficienza (chi decide il settore su cui puntare?) e distorsione sulle scelte degli individui che questo comporta.
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tag: Economia, Fisco, Tasse