Il G20 di Pittsburgh ha portato ad una importante dichiarazione di principio per l’eliminazione del 10 per cento delle emissioni di gas serra. Facendo risparmiare miliardi di dollari ai paesi poveri. Allora perché i politici ambientalisti sono chiusi in un fragoroso silenzio?
La riunione del G20 di Pittsburgh non passerà probabilmente alla storia e gli ambientalisti non le hanno certamente dedicato particolare attenzione.: per la galassia ecologista, il vero summit sarà quello sul cambiamento climatico, che si terrà a Copenhagen. Forse anche per questo, i leader mondiali hanno finalmente preso una decisione poco eclatante, ma potenzialmente vitale: nella dichiarazione finale si sono impegnati eliminare i sussidi ai combustibili fossili nel medio termine. Potrebbe trattarsi dell’ennesima, vuota promessa, ma la sua sola presenza è stata una sorpresa. Nei giorni precedenti l’unica questione ambientale sul tavolo sembrava fosse quella delle sovvenzioni che i paesi sviluppati avrebbero dovuto pagare per favorire la transizione delle nazioni povere verso l’energia verde, l’unico modo per convincere le nazioni in via di sviluppo a partecipare a Copenhagen. Ma dietro le quinte, sono andati avanti i colloqui su di una misura favorevole all’ambiente, senza per questo richiedere nuove burocrazie od ulteriori sacrifici da parte dei contribuenti. Al contrario.
INIQUI, COSTOSI, NOCIVI, STATALI - Le nazioni che compongono il G20 producono l’80% delle emissioni mondiali di gas serra e la maggior parte delle emissioni proviene dalle nazioni a basso e medio reddito. Si tratta delle stesse nazioni dove la benzina non soltanto non viene tassata, ma viene addirittura venduta a prezzi inferiori a quelli di mercato: il governo acquista benzina e diesel ai prezzi correnti e lo distribuisce in perdita. L’Agenzia internazionale dell’energia calcola che i paesi poveri, definiti come quelli al di fuori dell’OCSE, spendono 310 miliardi dollari l’anno in sussidi ai combustibili, soprattutto alla benzina. In nazioni come In teoria si tratta di un supporto agli strati più poveri della popolazione, ma i sussidi avvantaggiano soprattutto le classi medie urbane; i poveri delle campagne usano ben pochi combustibili fossili. Il denaro speso per far costare quasi nulla la benzina potrebbe essere usato per aiutare i poveri in modi più efficaci. Sovvenzionare il consumo di benzina è una pessima idea, eppure è pratica comune. I combustibili importati possono aumentare la dipendenza di un paese dall’estero, incrementando il rischio di una crisi nella bilancia dei pagamenti. Nei grandi paesi produttori, come Iran, Arabia Saudita e Venezuela, i sussidi sono particolarmente elevati. Sono un peso morto gigantesco sulle casse pubbliche e incoraggiano lo spreco di benzina, visto il suo basso costo, generando ulteriore inquinamento. Anche i paesi ricchi sovvenzionano i combustibili fossili, ma molto meno: la stima dell’OCSE è di circa 20-30 miliardi di dollari all’anno. Un rapporto del think-tank Environmental Law Institute sostiene che l’America ha speso 72 miliardi dollari nel periodo 2002-2008, ma si tratterebbe di somme legate al rimborso fiscale delle royalties pagate sul petrolio estratto all’estero:una disposizione al fine di evitare la doppia imposizione. Gli altri contributi, come ad esempio il pagamento dell’olio combustibile destinato a famiglie povere, sono più difendibili, ma potrebbero essere facilmente sostituite con altre forme di sostegno. In Europa, il problema non si pone. L’uso di combustibili fossili è già tassato come e più di un vizio dannoso alla salute. L’AIE, insieme con l’OCSE, calcola che l’eliminazione dei sussidi ai combustibili comporterebbe una riduzione del 10% a livello mondiale delle emissioni di gas serra entro il 2050. Dato l’ampio consenso sulla necessità di ridurre le emissioni del 50% entro quell’anno per limitare il riscaldamento globale a circa 2°C, il mondo ha l’opportunità di raggiungere un quinto dell’obbiettivo e, nel contempo, eliminare un sussidio costoso, che incoraggia lo spreco di combustibili fossili ed è socialmente iniquo.
SILENZIO VERDE - Dati i numerosi vantaggi e la quasi totale assenza di svantaggi per i cittadini in genere, ci si potrebbe chiedere come mai nessun movimento ambientalista abbia rivendicato il successo; l’indubbia abilità mediatica dei verdi ci fa escludere l’ipotesi che l’avvenimento sia passato inosservato. Politicamente, il diavolo si trova nei dettagli. Nel 2008, tra alti prezzi del petrolio, paesi come l’Egitto, l’India e l’Indonesia hanno cercato di tagliare i sussidi, ma l’aumento dell prezzo della benzina ha scatenato proteste di piazza e laminaccia di sconvolgimenti politici. Negli USA, le modifiche legislative necessarie richiedono l’approvazione del Congresso, contro l’opposizione della lobby petrolifera. In teoria, tutti i paesi del G20 dovrebbero presentarsi alla riunione in Canada nel 2010 con un piano d’azione e per allora la dichiarazione potrebbe essere stata svuotata di ogni reale significato. con prvovvedimenti puramente cosmetici. I sussidi hanno i loro difensori e spesso appartengono alla sinistra dello schieramento politico, ossia vicini a gran parte dei politici che sfruttano i movimenti ambientalisti come base di potere e che non si sono mai creati problemi ad appartenere a schieramenti politici che comprendevano gli eredi ed i sostenitori dei peggiori inquinatori del pianeta, i regimi del”socialismo reale” sovietico. L’abolizione dei sussidi ai combustibili fossili non è conforme al luogo comune del libero mercato nemico dell’ambiente: è la dimostrazione che il governo lo è altrettanto e che le distorsioni al funzionamento di un’economia libera sono dannose all’ambiente, oltre che agli individui. Ammetterlo risulta forse sgradevole ai verdi in politica, ormai abituati a vedere nel mercato e nel settore privato il solo nemico, e nel governo l’unico sostegno alla difesa dell’ambiente. In questo modo viene forse giustificata la colpa di avere compagni di strada tanto poco ecologici. Per molti politici ambientalisti politici è più semplice e vantaggioso pretendere di salvare l’ambiente cercando d’ingrandire il governo e creando una burocrazia pronta ad assumere, piuttosto che porre il problema ambientale minimizzando le intrusioni nella libertà dei propri concittadini.