IL Foglio sta seguendo con molta attenzione le convulsioni in casa MPS-Unipol-BNL.
Spunta l’ipotesi Monte dei Baschi di Siena, si riaccendono liti e mire ds
Se l’Opa Unipol su Bnl fallirà, la banca toscana andrà in aiuto dei compagni nei guai. Capitalia segue tutto con attenzione Roma. Se Unipol non dovesse farcela, Monte dei Paschi sarà chiamata a intervenire in qualche modo per aggiustare il pasticcio Bnl. Questo a Siena viene dato ormai per scontato. Mps ha ancora virtualmente una quota in Bnl di circa il 4,35 per cento. Questa quota è in prestito (compresi i diritti di voto fino a febbraio 2006) a Deutsche Bank, la solita DB le cui attività italiane sono amministrate da Vincenzo De Bustis, manager bancario vicino a Massimo D’Alema.
Per Siena ritornare sui propri passi sarebbe una scelta molto difficile. Ad aprile ci sono le elezioni comunali, e il sindaco diessino uscente Maurizio Cenni non vorrebbe andare alle urne con Bnl sulle spalle. Cenni fa parte di quella componente diessina vicina alla Cgil (qui gli equilibri locali non corrispondono a quelli nazionali) che esprime un consigliere della banca, Fabio Borghi, e che è sempre stata sospettosa della palude Bnl. Ma per determinare le prossime mosse di Mps sarà decisiva la posizione del presidente della Fondazione Mps, Giuseppe Mussari. Questi è stato confermato alla guida della Fondazione anche grazie all’aiuto di Cenni. Ma in città ricordano che Mussari è un ragazzo intelligente quanto spregiudicato: era l’avvocato dell’allora sindaco Pierluigi Piccini quando quest’ultimo doveva diventare presidente della Fondazione, e da Roma arrivò il decreto Visco che stabiliva l’ineleggibilità nelle Fondazioni per gli amministratori locali che avevano contribuito a costruirle: quasi un provvedimento ad hoc, pensarono gli amici di Piccini, il cui posto in Fondazione fu preso proprio dall’avvocato Mussari, che era comunque uomo di partito. Che farà adesso Mussari? Rispetterà il patto con Cenni, oppure cercherà l’accordo con la segreteria romana del partito? Siccome la Fondazione dovrà scendere al 30 della banca, il presidente ritiene che sarebbe utile trovarsi un alleato forte in Europa (mesi fa si pensava a un fantomatico partner austriaco, ma in realtà il vero obiettivo potrebbe essere una specie di inciucio con gli spagnoli del Bbva, l’azionista straniero di Bnl).
A Roma si preferirebbero probabilmente altre strade, per esempio un sostegno a Unipol attraverso la catena di controllo della compagnia. Ma se sotto la pressione delle inchieste giudiziarie l’operazione Unipol dovesse fallire, si riaprirebbbero tutti i giochi. A favore di un accordo tra Mps e BBva ci sarebbe un main sponsor, Franco Bassanini, senatore diessino eletto a Siena, ma soprattutto in ottimi rapporti con la Margherita. Tanto che alcuni pensano che se l’accordo Bbva-Mps andasse in porto, Bnl sarebbe il primo organo bancario del partito democratico in gestazione. Alcuni osservatori, però, fanno notare che se Unipol-Bnl dovesse saltare potrebbe succedere di tutto, persino un recupero dell’ipotesi Capitalia, che potrebbe essere interessata a sfruttare l’occasione: “Magari – nota un banchiere milanese – con Bbva che rileva la quota di Abn nella banca di Matteo Arpe e Cesare Geronzi”.
Tra i movimenti della procura milanese
Ma certo gli sviluppi della situazione dipendono in parte da quello che faranno i pm milanesi. Anticipazioni di stampa hanno preconizzato provvedimenti estremi. Ipotesi che segnerebbe inevitabilmente il dibattito politico preelettorale. E che assesterebbe un colpo durissimo ai Ds, in teoria a vantaggio della Margherita.
Il partito di Francesco Rutelli (e Romano Prodi) sta assistendo alle difficoltà dei diessini con compassata freddezza, pronto a passare all’incasso una volta che la situazione dovesse precipitare. Rutelli non ha mai avuto un rapporto idilliaco con il mondo industriale, anzi. Molti rappresentanti di Confindustria ricordano ancora un intervento al convegno di Parma 2001 (quello del fidanzamento tra Antonio D’Amato e Silvio Berlusconi), al termine del quale Rutelli portò a casa solo dieci secondi di applausi. Da allora molte cose sono cambiate. Enrico Letta ha speso questi anni nel tentativo di accreditare il partito come un interlocutore valido per il mondo industriale e la transumanza di voti (e uomini) da Forza Italia alla Margherita, evidenziata nelle ultime elezioni, gli ha reso il lavoro molto più agevole.
Secondo alcuni osservatori, le conseguenze del caso Unipol (se dovesse finir male) peserebbero anche sulla corsa al Quirinale. Ne uscirebbe indebolito Massimo D’Alema, sarebbe più forte l’opzione Giuliano Amato, le cui chances crescono – nel caso in cui dovesse vincere il centrosinistra – anche grazie a un buon rapporto con il Cav. e con Giulio Tremonti.