venerdì, gennaio 27, 2006

Hamas, ovvero i democratici non liberali

La vittoria di Hamas non mi stupisce: Milosevic e le elezioni algerine sono state esempi sufficienti di quanto l'espressione "democrazia" , impiegata come sinonimo di "regime di liberta'" suoni come un presa per i fondelli: il suffragio universale puo' tranquillamente produrre despoti.

Credo che non si possa, in una società aperta, concedere tolleranza agli intolleranti; lasciare che alle urne si presentino personaggi che seguono la legge del "un uomo, un voto, una vota". E se non siamo di fronte ad una società aperta, è inutile pretendere elezioni: se manca una struttura statale e sociale liberale, meglio non illudersi ed accettare un regime non democratico, purché almeno orientato al liberalismo; come dicevano Furet e Richet nel loro studio sulla Rivoluzione Francese, la Francia dovette subire il Terrore per non avere trovato il suo Luigi Filippo.

E' il motivo per cui mi sono sempre dichiarato liberale, prima che democratico: credo che la democrazia sia solo un metodo per mantenere una certa selezione delle elites, un processo per impedire la sclerosi del potere costituito; al contrario, molti dei vantaggi di cui parliamo quando parliamo di democrazia appaertengono , nel novanta per cento dei casi, ad un regime liberale, che resterebbe tale (non si sa per quanto, in effetti) anche senza il suffragio universale.

Cerco di spiegarmi: quando parlo di un regime liberale, non sto parlando di un sinonimo della "democrazia dei valori" contro cui si e' scagliato JimMomo, con sui tendo invece a concordare. Sto parlando dello sforzo di costruzione di istituzioni liberali, necessarie a mio parere ben prima del suffragio universale: regole e forme che permettano la difesa dell'individuo dal potere di ogni organizzazione coercitiva, i primi passi di uno stato di diritto, il rispetto della persona e delle sue proprieta' , sono queste regole, a parer mio, che vengono prima di tutto; persino prima di libere elezioni, che rischiano, come in Algeria, di essere le ultime possibili, quando a votare non va un popolo, ma una plebe.

In Palestina, invece, abbiamo assistito al peggiore dei risultati possibli: ingenuita' wilsoniana coniugata al cinismo gaullista. L'Unione Europea ha scelto di continuare ad appoggiare Arafat, abbacinata forse dal suo mito ed incapace di vedere lo scempio che stava avvenendo: abbiamo finanziato libri di testo negazionisti e inneggianti alla furia omicida contro Israele, abbiamo dato liberamente ai costruttori dichiarati di una utopia socialista, quale i massimi dirigenti dell'ANP. L'Amministrazione Bush si e' cullata, questa volta, in una visione ottimista del funzionamento della democrazia, senza pensare a quali fossero le precondizioni necessarie ad un successo dell'operazione, come ricorda anche Daniel Pipes.
Perche' stupirci che un popolo sottoposto a questo lavagigo del cervello decida poi, al momento del voto, di scegliere una versione piu' onesta, anche se piu' bigotta di quello che anche l'Occidente ha additato loro come il Salvatore della Patria?

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