mercoledì, gennaio 11, 2006

Sulla Diversità morale della sinistra, meglio non potrei dir...

Sul suo blog, Taradash polemizza sulla Diversità morale della sinistra, una favola autoritaria:


E’ inaccettabile che da Michele Salvati a Fausto Bertinotti, vale a dire dal riformismo moderato al comunismo no global, passando per quasi tutti gli altri, i leader politici e culturali della sinistra continuino a predicare la favola della diversità etica della sinistra e della sua superiorità morale sul resto del mondo. Secondo Bertinotti, che lo ha ripetuto oggi a Radio Radicale, gli intrighi e le ruberie che fanno scandalo a sinistra sarebbero cosa normale a destra, per cui ogni eventuale macchia sul candido tessuto morale della sinistra è soltanto frutto di complicità con la logica del capitalismo.

Per favore smettetela! Guardatevi allo specchio! C’è tutta l’eredità dell’autoritarismo prodotto dalla cultura marxista in queste tesi. In altri tempi questa alterigia di classe avrebbe condotto allo sterminio degli avversari, giustificato appunto dalla superiorità morale del partito guida del proletariato. Oggi, per fortuna, porta soltanto a ripetere in modo saccente le insensate banalità di chi si crede investito da una missione purificatrice in grazia della sua ideologia. La diversità del PCI, tanto frequentemente richiamata, si basava sulle quotidiane “provviste” di rubli sovietici attraverso la mediazione del Kgb e sulle tangenti frutto dell’intermediazione delle cooperative rosse sulle merci dell’Est europeo, gas sovietico in primo luogo.

I fondi rossi del Pci erano cosa diversa dai fondi neri delle aziende di stato che alimentavano la Dc? Sì, per l’origine, ma non erano meno sporchi, anzi. Certamente fondi rossi e fondi neri erano entrambi frutto avvelenato di illegalità e di inganno ai danni degli elettori, innanzitutto dei propri. Quando a sinistra si comincerà a capire che la vera differenza morale non è fra destra e sinistra ma fra chi ruba, truffa e corrompe e chi non lo fa, saremo a metà della strada necessaria per arrivare a vivere in un paese civile dove il confronto politico è fra programmi e non fra etnie in perenne guerra invicile.

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