Arturo Diaconale si chiede se Forza Italia non stia rimontando "nonostante" l'attivismo berlusconiano:
quanto ha ragione...
"Quanti punti in più sarebbero stati recuperati dal centro destra se il Cavaliere, oltre a contare su se stesso, avesse potuto usufruire di un partito radicato sul territorio e tenuto insieme da una classe dirigente omogenea e di qualità? La domanda è retorica e la risposta è scontata. Se invece di puntare su se stesso e sul lavoro di Gianni Letta, Berlusconi avesse avuto alle spalle una forza politica solida, formata da quadri capaci ed in grado non solo di riportare alla base le istanze del leader ma anche di rappresentare al leader gli interessi e sensibilità e le volontà della base, il recupero non sarebbe stato di sei, ma di tutti i dieci punti del distacco estivo. Il “motore azzurro”, in altri termini ed a dispetto delle energie e delle capacità di chi vi è impegnato, non aiuta lo sprint del Cavaliere. Al contrario, si rileva la sua vera palla al piede.
Le responsabilità di questo singolare accidente che rischia di vanificare la rimonta e risultare determinante per l’eventuale vittoria del centro sinistra, ricadono direttamente sulle spalle dello stesso Berlusconi. Se il partito manca nel momento decisivo è perché il premier non ha mai voluto realmente che Forza Italia diventasse un partito vero, in grado di esprimere le istanze della base e di formare una valida classe dirigente. Le ragioni della decisione di Berlusconi sono molteplici. E non serve oggi esaminarle nel dettaglio. Più utile è indicare che il Cavaliere ha ancora una possibilità di rimediare e tagliare la zavorra che lo frena e minaccia di condannarlo ad una sconfitta ingiusta. Con la scelta dei futuri parlamentari può realizzare in extremis ciò che il partito non è riuscito a fare negli ultimi cinque anni: cioè una classe dirigente all’altezza dei problemi del Paese. Meno cortigiani e ballerine, più gente credibile e leale."