Dal FOGLIO. Non credo servano ulteriori commenti.
Nemmeno il tetragono Raffaele Fiengo. Anzi ci sarebbe da rimpiangere il senso del limite mostrato a suo tempo dall’ex guida sindacale del Corriere della Sera. Visto che ai cinque attuali componenti del cdr di via Solferino non è bastato l’editoriale con il quale Paolo Mieli ha posizionato il quotidiano accanto a Romano Prodi e contro l’eccezione berlusconiana. Non gli è bastato e, più mielisti del direttore, sono stati capaci di contestarne in un comunicato sindacale (ieri a pagina 19) la “suggestiva impostazione proposta ai lettori: mentre il giornale viene schierato, legittimamente, su una precisa posizione, viene poi annunciato che non solo nei commenti ma anche nei fondi e negli editoriali, i quali rappresentano la linea di ogni giornale autonomo e indipendente, questa scelta di campo potrà essere contraddetta e criticata formulando anche opzioni opposte”. Il lessico è sindacale ma comprensibilissimo: si eccepisce sulla possibilità che la variegata squadra di professori e politologi del Corriere possa occupare le due colonne di sinistra in prima pagina, quelle che danno tono e valore di giudizio a un commento, derogando dall’opzione prodiana di Mieli. Perché loro, quelli del cdr, vogliono che “la linea del direttore venga portata avanti con coerenza e continuità negli editoriali”.
Una cosa interessante è che al Corriere certe intemerate si fanno con piglio educatissimo, in modo protocollare ma con un tocco perfino ampolloso. Con questa sofficità angloitaliana i sindacal-corrieristi avevano discusso assieme a Mieli il contenuto del loro comunicato prima di mandarlo in stampa. “Con molto garbo pure se le opinioni erano divergenti”, ci tengono si sappia. Dopodiché Gabriele Dossena, Daria Gorodisky, Pietro Lanzara, Marco Letizia ed Elisabetta Sogno hanno concordato un silenzio stampa “per non complicare il risultato di una sintesi cui eravamo pervenuti dopo lunga riflessione interna”. Rispondono così a chi abbia la fortuna di rintracciarli e almeno in questo sono discepoli di quel gentiluomo che è Fiengo. Interpellati dai colleghi dei giornali e della tv, scoraggiano la riflessione didascalica e rinviano alla lettera del dettato sindacale: ogni columnist del Corsera diventi una protesi militante del mielismo.
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