Le parole di Bertinotti chiariscono, non del tutto involontariamente, il motivo per cui un PCI non puo' e non deve essere indicato per il Quirinale.
Io capisco che l'appartenenza al PCI non debba essere trattata di una machcia indelebile, essattamente come l'appartenenza al neofascismo possa essere dimenticata: errare e' umano e riconoscere e fare ammenda per i propri errori dovrebbe permettere di ripartire senza problemi.
Io non mi opporrei in maniera pregiudiziale ad una persona che avesse un passato comunista, che se ne fosse allontanato e che riconoscesse gli errori del passato.
Quello che trovo osceno nel ragionamento di Bertinotti e' invece il tentativo di impiegare la candidatura d'Alema come la definitiva consacrazione del passato comunista quale motivo d'orgoglio! Allora ,seguendo il ragionamento di Bertinotti, dovremmo prima o poi eleggere anche Rauti al Quirinale. In fondo, anche lui e' un orgoglioso sostenitore di una tradizione politica, che fra l'altro si potrebbe sostenere aver provocato meno morti e meno danni di quella comunista.
L'appartenenza e la militanza nel PCI non sono e non possono essere motivo di vanto: andrebbe finalemnte riconosciuto che si e' trtattato, come minimo , un errore in buona fede, di un errore clamoroso: si tratta dello stesso partito che, asservito a Mosca , ha fatto la piu' bieca propaganda per conto dell'URSS anche contro i propri stessi ideali, giustificato Budapest e Praga, quasi giustificato l'Afganistan, infettato la cultura italiana, fatto pulizia etnica di ogni tradizione e scuola non collettivista, bloccato la nostra evoluzione democratica, sistematicamente denigrato e demolito ogni altra cultura politica ed ogni scuola di pensiero non asservibile al Moloch di Partito o statale; una chiesa-partito nel quale la doppiezza era la regola, dove chi non era servo di Mosca era un sognatore, un babbeo od un ipocrita che fingeva di non vedere, un partito responsabile o corresponsabile di buona parte delle peggiori scelte mai prese dalla classe politica italiana.
Interpellato sulla possibilità di presentare Massimo D'Alema alla presidenza della Repubblica, ha risposto: «Non ci sono candidati e nomi ma se mi chiedono un'opinione sul terreno della cultura politica, continuo a pensare che siccome in Italia, sul soglio più alto della Repubblica, ci sono stati esponenti di diverse culture politiche, sarebbe importante per il futuro del Paese che una persona proveniente dalla dirigenza del Pci diventasse presidente della Repubblica. Sarebbe un atto di riconoscimento importante».
Io capisco che l'appartenenza al PCI non debba essere trattata di una machcia indelebile, essattamente come l'appartenenza al neofascismo possa essere dimenticata: errare e' umano e riconoscere e fare ammenda per i propri errori dovrebbe permettere di ripartire senza problemi.
Io non mi opporrei in maniera pregiudiziale ad una persona che avesse un passato comunista, che se ne fosse allontanato e che riconoscesse gli errori del passato.
Quello che trovo osceno nel ragionamento di Bertinotti e' invece il tentativo di impiegare la candidatura d'Alema come la definitiva consacrazione del passato comunista quale motivo d'orgoglio! Allora ,seguendo il ragionamento di Bertinotti, dovremmo prima o poi eleggere anche Rauti al Quirinale. In fondo, anche lui e' un orgoglioso sostenitore di una tradizione politica, che fra l'altro si potrebbe sostenere aver provocato meno morti e meno danni di quella comunista.
L'appartenenza e la militanza nel PCI non sono e non possono essere motivo di vanto: andrebbe finalemnte riconosciuto che si e' trtattato, come minimo , un errore in buona fede, di un errore clamoroso: si tratta dello stesso partito che, asservito a Mosca , ha fatto la piu' bieca propaganda per conto dell'URSS anche contro i propri stessi ideali, giustificato Budapest e Praga, quasi giustificato l'Afganistan, infettato la cultura italiana, fatto pulizia etnica di ogni tradizione e scuola non collettivista, bloccato la nostra evoluzione democratica, sistematicamente denigrato e demolito ogni altra cultura politica ed ogni scuola di pensiero non asservibile al Moloch di Partito o statale; una chiesa-partito nel quale la doppiezza era la regola, dove chi non era servo di Mosca era un sognatore, un babbeo od un ipocrita che fingeva di non vedere, un partito responsabile o corresponsabile di buona parte delle peggiori scelte mai prese dalla classe politica italiana.
tag: Politica, Comunismo, Italia