Se questo Governo avesse davvero voglia di liberalizzare seriamente un settore e, nel contempo, di compiere un atto veramente equo e solidale, potrebbe cominciare con la riforma della Politica Agricola Comunitaria. EU, Giappone ed USA infatti
sussidiano pesantemente il proprio settore agricolo, distorcendo il commercio internazionale ed attirando le giuste critiche delle nazioni meno sivluppate; tale ostinazione sta contribuendo al
costoso fallimento dei negoziati a Doha .
Una riduzione dei sussidi per l'agricoltura europea ed americana sarebbe equa e solidale, perche' ridurrebbe l'ingiusto vantaggio di cui godono gli agricoltori dei paesi sviluppati rispetto a quelli dei paesi in via di sviluppo, oltre probabilmente a ridurre i prezzi dei prodotti alimentari in Europa, favorendo le fasce deboli della popolazione, per le quali la spesa alimentare incide in proporzione maggiore che per la media dei cittadini.
Da un lato, infatti, esistono meccanismi all'interno della PAC (Politica Agricola Comune, il programma europeo per i sussidi all'agricoltura) che costituiscono barriere commerciali dirette
all'importazione di prodotti alimentari provenienti dall'estero.
Dall'altro, i sussidi all'esportazione che la UE elargisce per
liberarsi del surplus di produzione scaricano sui mercati
internazionali merci sottocosto che danneggiano ulteriormente i produttori non sussidiati.
La UE infatti non si limita a fornire denaro direttamente agli agricoltori: in aggiunta a tali contributi, che gia' costituirebbero uin vantaggio indebito, la PAC fissa di fatto prezzi per numerose derrate alimentari a livelli artificialmente piu' elevati nell'area europea rispetto a quelli prevalenti sul mercato internazionale. Ovviamente questo dovrebbe far affluire il prodotto dal resto del mondo, ma questo viene limitato attraverso vincoli all'importazione di vario tipo.
Il secondo effetto e' ovviamente una produzione interna superiore alla domanda effettiva, dati i prezzi elevati. Per impedire ai prezzi di scendere, la UE ha spesso costituito veri e propri ammassi, acquistando la produzione europea in eccedenza; ha istituito le famigerate quote di produzione o pagando gli agricoltori per non mettere a coltura le terre, istituendo un regime socialista nell'uso della terra; ha concesso pesanti sussidi l'esportazione, accollandosi perdite ingenti e di fatto scaricando sottocosto sui mercati mondiali le proprie eccedenze, contribuendo alla crisi dei piccoli produttori nei paesi piu' poveri e bloccando la classica via per l'uscita dalla poverta' - la nascita di un sistema agricolo di mercato.
Dulcis in fundo, si e' arrivati in alcuni casi a distruggere il cibo negli ammassi.
In sintesi: prezzi piu' elevati per il consumatore, agricoltori che senza segnali di mercato, assenti o distorti, vengono irreggimentati e costretti a subire i diktat di una burocrazia distante, Paesiu in via di sviluppo che soffrono di una concorrenza che demolisce uno dei settori in cui avrebbero un maggiore vantaggio competittivo, che potrebbe assorbire ingenti quantita' di manodopera poco specializzata e quindi alleviare i problemi dello sviluppo e che potrebbe fungere da volano per una crescita economica sana, realistica e non distorta da tanta elemosina pelosa ed interessata.
Ma e' piu' facile discutere di notai, fingere di liberalizzare con la scure quando si usa invece uno scalpellino e continuare a fare disinformazione sul resto, immagino.
Oppure ammantarsi nel "valore sociale" dell'agricoltura, nella retorica del "bene comune" e dello "interesse generale", su cui ben scrive oggi
Pinocchio