Direi che l'articolo di Pino Nicotri su Fiat coglie in pieno il problema: o la casa di Torino si regge da sola, o è tempo di smetterla di regalare soldi ad Agnelli & Co.
Aggiungerei soltanto che la FIAT è una delle poche aziende italiane ad aver ripetuto il giochino anche con le banche, che ci hanno perso svariati miliardi. Parliamo del famigerato prestito "convertendo" un prestito fatto per "salvare" la Fiat dal fallimento ed i cui termini furono di fatto imposti alle banche per "carità di patria". Il prestito , a dispetto del nome, prevedeva l'obbligatoria conversione in azioni , esattamente il contrario di quanto accade normalmente. Al momento della conversione forzosa, le perdite per le banche sono state di svariati miliardi ; le banche, nuove azioniste di maggioranza, hanno dovuto svendere sia a causa delle perdite sia a causa della normativa vigente, mentre gli Agnelli si tutelavano e guadagnano soldi e potere a colpi di operazioni nascoste dietro il velo dei derivati.
Non per sminuire Marchionne, che ha svolto molto bene il suo lavoro di razionalizzazione, ma è per prodezze come queste che Cerberus vuole gli italiani come soci in Chrysler, non (solo) per la tecnologia: uno dei punti chiave dell'accordo è che FIAT scriverà a quattro mani la petizione per ottenere nuovi fondi dal Governo USA. Nel frattempo, hanno già proposto alle banche americane una versione del convertendo che ha fatto alzare più di un sopracciglio: un accordo nel quale gli azionisti non mettono una lira, ma le banche accettano di trasformare il debito in capitale ordinario, abbuonandone anche una parte. Tremiamo al pensiero delle vette di faccia tosta cui i fiat-boys sapranno arrivare: per loro, contrattare con il Tesoro americano sembrerà facile come una corrida contro una vacca incinta.
Altro che common rail, il vero know-how di Torino è quello di scroccare soldi a chiunque.
venerdì, gennaio 30, 2009
Fiat, scandalo continuo
giovedì, gennaio 29, 2009
Accendere il cervello prima di parlare
Al TG5, qualcuno dovrebbe ricordarsi che le parole hanno un significato. Ci si immagina che un annunciatore televisivo, che di parole vive, le rispetti abbastanza da prestare una certa attenzione a quello che dice.
Non cosi' questa sera, dove il conduttore del TG5 ha definito Cesare Battisti un uomo "accusato" di "alcuni" omicidi. Nulla di più falso: Cesare Battisti non è stato semplicemente accusato; è stato condannato in via definitiva dal sistema giudiziario italiano.
Una pura svista, dovuta alla distrazione ed alla superficialità di un giornalista? Forse. O, forse, la spia di un consenso all'interno di alcuni circoli, grazie anche alla percentuale spropositata di ex fiancheggiatori dei terroristi passati al giornalismo, in RAI quanto in Mediaset. Sono sicuro che non siano più quelli di un tempo e che comprendano le assurdità nel proprio passato, ma certe indulgenze rimangono evidentemente nell'aria, influenzando chi lavora a Mediaset come chi scrive su Liberazione.
Sarò un paranoico, ma mi chiedo se sia stato saggio affidare il servizio su Battisti a Toni Capuozzo, uno dei molti ex di Lotta Continua che lavora o ha lavorato per Mediaset.
Il pezzo è arricchito dall'intervista ad un altro ex-terrorista felicemente residente in Brasile, che spiega come non sia colpa stata colpa loro, dei singoli; hanno fatto ciò che hanno fatto a causa dei "tempi", del "cambiamento", che ha portato anche "tante cose buone". La similitudine con le giustificazioni dei soldati nazisti è inquietante: quelli eseguivano gli ordini per un regime che in fondo ha fatto tanto di buono, questi seguivano lo "spirito dei tempi" , per una rivoluzione che "ha portato tante cose buone"
Al di là dei tentativi di giustificazione, piacerebbe che qualcuno ricordasse che la responsabilità penale è personale che che molti, moltissimi giovani negli anni 70 non sono caduti negli "errori" degli ex-terroristi e dei loro fiancheggiatori. Definirsi vittime delle circostanze e per questo meritevoli di perdono senza pena, è un insulto a coloro che hanno evitato di cadere nella tentazione della violenza .
Siete sicuri che questa sia la TV che viene definita come serva del centrodestra e di Berlusconi?
Posted by Unknown at 9:49 PM |
Labels: battisti , brasile , lotta continua , Televisione , Terrorismo , TG5
Auguri Arturo
Sulla candidatura di Diaconale alla guida del PLI non posso che condividere Giacalone :
"Auguro al Partito Liberale che Arturo Diaconale sia eletto segretario. Nel vasto mondo della diaspora laica, egli è l’unico che può vantare la produzione costante, giorno dopo giorno, per anni, di idee, proposte ed iniziative politiche, sapendo gestire una squadra e mandandone il lavoro in edicola. Non è stato un fascista, non deve pentirsi di avere gridato “onore al duce” (minuscolo, proto, minuscolo) o di non aver condannato le leggi razziali. Non è stato comunista, non deve vergognarsi d’esser campato con soldi sporchi di sangue, né pentirsi di aver lasciato che i fessi, troppo credenti nelle sue parole di un tempo, abbiano lanciato delle bombe. E’ un liberale, vero. Pertanto è rimasto in minoranza anche quando si sono scoperti liberali quelli che non avevano più un’idea decente e spendibile cui attaccare l’ambizione d’arrampicarsi.
[...] Diaconale ha annunciato la scelta dello schieramento: il centro destra. Non può fare diversamente, oggi. Ho l’impressione, però, che sia il centro destra a dovere fare una scelta di schieramento, se vuole avere un futuro: liberale. "
Hat tip:Le Guerre Civili
Posted by Unknown at 6:29 PM |
Labels: Liberalismo , PLI , Politica
mercoledì, gennaio 28, 2009
I pariolini e i vesuviani del PD
Notiziole dal PD: sono tantissimi, e soprattutto di quelli "giusti"
Apprendo con costernazione che gli iscritti al PD sono passati da un milione a 300.000 in un anno. Crollano i quartieri popolari a Roma e nel resto d'Italia.
Unico caso in controtendenza, decisamente sospetto, come annota Il Giornale, quello di Napoli e dintorni, dove in certi casi addirittura il 40% dei votanti per il PD si è iscritto al Gran Party, forse scambiandolo per un party puro e semplice. A parte Napoli, registra un alto numero di iscritti anche la sezione dei Parioli a Roma, dove risiede Veltroni.
Complimenti, un successo epocale: radical-chic e signori delle tessere ad uso assistenziale. E per fortuna che quello imbarazzante era Mastella: Villari sembra il perfetto prototipo di quello che aspetta il PD.
Hat tip: LE GUERRE CIVILI
Posted by J.C. Falkenberg at 2:45 PM |
Labels: Napoli , Partito Democratico , PD , Veltroni
I nuovi nazisti
Oggettivista coglie nel segno: l'odio verso gil ebrei è la spia dell'odio verso la libertà individuale. Non è un caso, infatti, che nel campo antisemita ci siano collettivisti di tutti i colori.E’ infatti interessante vedere chi ha sposato la causa dei nuovi nazisti. Perché nel mazzo scopriamo tutti i movimenti collettivisti che dal partito nazionalsocialista di Hitler sono divisi solo da motivi di lotta tribale, non da vere differenze ideologiche. A negare la celebrazione dell’Olocausto sono i socialisti spagnoli, i cristiani progressisti svedesi, i cattolici tradizionalisti appena riconciliati con la Chiesa, i cattolici solidaristi (a partire dal mondo missionario), la sinistra post-comunista in Europa, tutti i partiti di matrice islamica, moderati o radicali che si definiscano, quindi dall’Akp in Turchia al regime iraniano, passando per i Fratelli Musulmani.
Gli ebrei sono sempre stati minoranza, ovunque tranne che in Israele. [...] Le minoranze (ebrei compresi) non hanno mai preteso di imporre le loro regole. Chiedono rispetto e sposano la causa di chiunque lasci loro incolumità fisica, libertà di culto e garanzia delle proprietà. [...] E allora si beccano l’odio di tutti i movimenti che non tollerano l’indipendenza dell’individuo, che vogliono sopprimere la libertà individuale nel nome di un bene “più alto”, collettivo. Se adesso notiamo un’impennata di antisemitismo è perché queste ideologie collettiviste tornano ad essere condivise dalla maggioranza. Viviamo in un periodo in cui capitalismo,
liberalismo e individualismo sono condannati moralmente.
I nuovi nazisti oggettivista Il Cannocchiale blog
Posted by J.C. Falkenberg at 2:02 PM |
Labels: Antisemitismo , Collettivismo , Gaza , Israele , Sinistra
New Deal? No grazie
Secondo Krugman e molti luogocomunisti nostrani , sarebbe ora di un "New Deal", simile a quello di rooseveltiana memoria. Noi europei dovremmo andarci cauti, viste le conseguenze delle nostre versioni di quelle politiche: anche senza considerare il totalitarismo anni '30 e le guerre anni '40, il dopoguerra ci ha regalato uno stato assistenziale che ha quasi mandato in bancarotta mezzo continente e soffocato nella culla il miracolo economico dell'altra metà.
Anche per gli americani, tuttavia, non sono rose e fiori. L'analisi economica dei risultati dell'intervento statale durante la Grande Depressione non è particolarmente favorevole né all'amministrazione Roosevelt: non soltanto la politica monetaria gestita dalla Fed si rivelò disastrosa, ma studi recenti evidenziano come alcune delle politiche del New Deal vero e proprio non servirono a sconfiggere la crisi , ma ne abbiano anzi ritardato la fine.
Hat tip: ReasonA Newer Deal?: Recession to depression : "But before a new New Deal is passed, it’s worth considering the effects of the old one. Franklin Roosevelt’s programs ranged from farm subsidies to public works to fixing prices and outputs in a variety of industries. A 2004 study[*] by two UCLA economists, Harold L. Cole and Lee E. Ohanian, argues that far from speeding along recovery, such interventions actually prolonged the Great Depression by about seven years."
Posted by J.C. Falkenberg at 1:27 PM |
Labels: depressione , New Deal , Roosevelt
Fiat, buttiamo altri soldi?
La Fiat e il governo riuniti per discutere di incentivi: ossia, come buttare altri soldi: sono trent'anni che FIAT riceve sussidi, quando capiremo? E' vero che anche altre nazioni europee stanno discutendo di sussidi al settore automobilistico, ma in Italia la memoria dei disastri dell'assistenzialismo statale al settore è freschissima: se la classe politica avesse a cuore il portafogio dei suoi elettori, spenderebbe il tempo in giro per il pianeta ad illustrare il caso ad urlare ad ogni altro compagno di merende di non ripetere i nostri tragici errori.
ANSA
Posted by J.C. Falkenberg at 9:15 AM |
Labels: Auto , Fiat , Statalismo , sussidi
A Chomsky, not a Diplomat
Il Nobel Krugman si diverte ad offendere alcuni colleghi:«Economists who have spent their entire careers on equilibrium business
cycle theory are now discovering, in effect, that they invested their savings
with Bernie Madoff.» - Paul Krugman
Krugman ha usato il prestigio per alcuni spunti geniali sulla dinamica del commercio internazionale per giustificare teorie ben peggiori di quelle su cui fa del sarcasmo e per costurirsi una carriera da ayatollah del pensiero radical-chic degna di Noam Chomsky, altro luminare della scienza che ha sfruttato i propri risultati in un campo della conoscenza per sostenere teorie bacate che nulla c'entravano con il proprio campo.
martedì, gennaio 27, 2009
Festeggiamo il giorno della memoria: espelliamo i bambini ebrei dalle scuole
La Danimarca è stata in grado di tener testa, almeno parzialmente, all'arroganza barbarica dei fondamentalisti islamici e dei bigotti, musulmani o vaticani che fossero, che hanno chiesto la censura delle vignette su Maometto.
Purtroppo, non sempre questo spirito riesce a vincere nelle deboli menti della decadenza postmodernista. E' esemplare la reazione di alcuni presidi nelle scuole di Copenhagen, dove i musulmani angariano, minacciano ed aggrediscono i bambini ebrei: per evitare "disordini", in alcune di queste non verrà permesso di iscriversi ai bambini - quelli israeliti, non i loro aggressori. Di fatto, vengono espulse da scuola le vittime, mentre le autorità si piegano di fronte ai futuri carnefici. A quando sassi e stelle gialle ?
A Gaza, nel frattempo, Hamas festeggia il giorno della Memoria accoppando chi può. La tregua, in fondo, l'ha dichiarata Israele, mentre il resto del mondo finge che Hamas non abbia ripetutamente affermando di voler soltanto riprende respiro, riarmarsi e portare a termine quello che i nazisti lasciarono a metà.Schools caught up in Palestinian conflict: "A number of school administrators have come forth in recent days to confirm that they recommend Jewish children should not enrol at their schools.
According to school administrators, law enforcement officials and social workers, the on-going conflict in Gaza has led to heightened tensions between Jews and Arabs - particularly Palestinians - here in Denmark.
And although few headmasters of schools have faced the situation, most of those at schools with a high percentage of children of Arab descent say they try to prevent Jewish parents from enrolling their children there.
On Monday, headmaster Olav Nielsen of Humlehave School in Odense publicly admitted he would refuse Jewish parents' wish to place their child at his school."
Posted by Unknown at 10:17 PM |
Labels: Antisemitismo , Danimarca , Dhimmitude , Gaza , Hamas , Islam
Depressione!
E' arrivata: Merrill Lynch è la prima grande banca d'affari a prevedere una Depressione e non una "semplice" recessione.
Hat tip: FT Alphaville , zerohedge
Posted by J.C. Falkenberg at 6:20 PM |
Labels: depressione , Economia , recessione
Il fondo?
Speriamo, ma non contateci. Giornata nera per l'occupazione USA, con 76mila licenziamenti in una sola giornata.
Un risultato migliore delle attese invece dal fronte immobiliare: il numero di case vendute è aumentato del 6 per cento, mentre le previsioni indicavano un calo.
Per gli ottimisti, il dato è prova che abbiamo passato il punto peggiore e che le cose cominciano a migliorare, almeno nel primo mercato dove la crisi si era manifestata. Tempi duri, insomma, ma sarebbe l'inizio della fine e non la fine dell'inizio.
Il problema è che i prezzi delle case sono scesi di uno stupefacente 16 per cento. L'aumento delle vendite sarebbe dovuto all' arrivo sul mercato della massa di case adesso di proprietà bancaria a seguito dell'esecuzione delle ipoteche sui mutuatari inadempienti; queste case vendono vendute all'asta partendo da basi "sottocosto" , pur di recuperare contanti. Dal punto di vista dell'economia n generale, l'effetto è ben lontano da quello di una ripresa delle vendite di nuove case.
Posted by J.C. Falkenberg at 7:33 AM |
Labels: Immobiliare , USA
Censurano anche l'Unto del Signore
La Cina ha paura della propria ombra. Il momento in cui la televisione di stato cinese interrompe la traduzione simultanea del discorso di Obama e passa ad altro. Il presidente stava parlando di fascismo e comunismo. Le dittature sono ridicole.Anche le democrazie isteriche non scherzano, comunque. Parlare di sacrifici dall'alto di 150milioni di dollari di party e di 25mila pretoriani sarebbe suonato lievemente stridente per chiunque non suscitasse gli entusiasmi isterici e l'adulazione senza vergogna che suscita Barack Obama. Incrociamo le dita, perché abbiamo letto delle adunate oceaniche d'una volta. Purtroppo
Hat tip: 1972
Posted by Unknown at 2:46 AM |
Labels: Cina , Obama , Propaganda
A futura memoria
Il reportage di Cremonesi è un piccolo miracolo. Io griderò ancora di più al VERO miracolo se la sua carriera sopravviverà alla pubblicazione di un reportage che sbugiarda i miti della classe giornalistica italiana, venduta al padrone ma ocn la nostalgia della P38.
«Così i ragazzini di Hamas ci hanno utilizzato come bersagli» - dal Corriere della Sera
ubbi sul numero delle vittime: potrebbero essere 600 e non 1.300
«Così i ragazzini di Hamas
ci hanno utilizzato come bersagli»
Abitanti di Gaza accusano i militanti islamici: «Ci impedivano di lasciare le case e da lì sparavano»
GAZA - «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu.
In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati. E’ stato difficile raccogliere queste testimonianze. In generale qui trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre con il «nemico sionista».
Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city. E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».
Come si è giunti a queste cifre? «Prendiano il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità controllato da Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono passati al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni. E aggiunge un dettaglio interessante: «A confondere le acque ci si erano messe anche le squadre speciali israeliane. I loro uomini erano travestiti da guerriglieri di Hamas, con tanto di bandana verde legata in fronte con la scritta consueta: non c’è altro Dio oltre Allah e Maometto è il suo Profeta. Si intrufolavano nei vicoli per creare caos. A noi è capitato di gridare loro di andarsene, temevamo le rappresaglie. Più tardi abbiamo capito che erano israeliani». E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.
Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.
Lorenzo CremonesiPosted by Unknown at 2:39 AM |
Labels: Gaza , Hamas , Israele , Media , Pallywood , Propaganda , scudi umani
Mille negri non valgono un Arabo?
Crossposto il mio contributo su Giornalettismo
Affamati di tragedie, pronti a volteggiare su ogni cadavere disponibile e, se non c'è, a farselo da soli, i media nostrani ignorano stranamente una delle più ghiotte tragedie umane attuali. Per spirito di servizio la segnaliamo noi e, poi, ognuno la pensi come gli pare.
Posted by Unknown at 1:27 AM |
Labels: Gaza , Media , Propaganda , Uganda
lunedì, gennaio 26, 2009
Capiamo benissimo Ronnie
Marc Eliot racconta della trasformazione ideologica di Ronald Reagan nel suo Reagan: The Hollywood Years : il primo stimolo al suo passaggio da liberale di sinistra a conservatore "di destra" fu dovuto all'inizio non alla superiorità intellettuale di Goldwater, ma allo schifo nei confronti dei "sinistrorsi in limousine" , dei radical-chic che infestavano Hollywood, allora come oggi. La scoperta della possiblità di una fusione fra liberari e conservatori fece il resto, facendogli trovar euna nuova "casa" politica.
Il sottoscritto, ha una storia differente, ma direi proprio che si tratta di una storia in cui molti fra noi liberali e libertari di destra riconoscersi, con la differenza che in Italia non siamo ancora arrivati al fusionismo di quarant'anni fa in USA . Avanti, marsch?
Hat tip : Reason
mercoledì, gennaio 21, 2009
Garanzie d'insuccesso
Un crosspost del mio pezzo per Giornalettismo. Alla luce della nazionalizzazione di fatto di RBS e delle misure di emergenza della Bank of England, che sta per mettersi a comprare anche corporate bond stampando moneta, pur di arginare la crisi, pesno abbia senso ricordare i problemi che derivano da nazionalizzazioni ed aiuti. Il sistema finanziario è già il settore docve da sempre si avverte maggiormente l'interferenza dello Stato, siamo sicuri che un'altra dose di interventismo avrà successo, quando le precedenti non hanno mai funzionato come previsto?
L'intervento statale nel settore finanziario in crisi, mediante massicce iniezioni di denaro pubblico o la nazionalizzazione, non sembra essere la soluzione al problema, avendo come unico effetto quello di ritardare collassi ormai inevitabili.
Il governo USA ha deciso di lanciare l'ennesima cortina fumogena e una camionata di denaro pubblico in difesa del settore finanziario; i mercati festeggiano lo scampato pericolo e le nuove garanzie da 120 miliardi, ma per vedere come rischia di andare a finire è sufficiente vedere cosa è successo quasi contemporaneamente in Irlanda, dove il governo si è trovato costretto a nazionalizzare Anglo Irish Bank, per evitare che le garanzie prestate venissero esercitate.
GARANZIE "INVISIBILI" - Il giorno stesso in cui il Senato USA ha deciso di non opporsi alla seconda tranche dei 700 miliardi del fondo di salvataggio per le banche americane, è stato annunciata la nuova, gigantesca ciambella di salvataggio per Bank Of America, per cui si sussurrava di difficoltà legate alle acquisizioni di Countrywide e Merrill Lynch. Il Tesoro americano ha promesso altri 20 miliardi di dollari di capitale fresco e, soprattutto, si è impegnato in una gigantesca garanzia sulle svalutazioni dell'attivo: il governo ha annunciato che il colosso finanziario si dovrà preoccupare soltanto dei primi 10 miliardi di perdite da svalutazioni , mentre assorbirà il 90% di ogni perdita sino a 98 miliardi di dollari. Si tratta in sintesi, di una gigantesca polizza assicurativa da 108 miliardi con 10 miliardi di franchigia. Il totale dell'aiuto offerto è di 118 miliardi. Avete letto bene. 118 miliardi. Si potrebbe sostenere che la garanzia, di per sé, non implica necessariamente l'esborso di tali somme, dato che le perdite effettive potrebbero essere minori o non esistere affatto, in caso di ripresa del mercato. La teoria che giustifica all'estensione di generose garanzie è che la garanzia statale dovrebbe arginare la crisi di fiducia nel sistema, eliminando di conseguenza il rischio che venga mai impiegata. Nel frattempo, le garanzie non risultano nei bilanci statali, permettendo ai politici di ignorarne il costo; si tratta di uno stratagemma simile a quello impiegato per Fannie Mae e Freddie Mac oppure nei bilanci bancari degli ultimi anni, dove non risultavano immediatamente visibili le montagne di debito nascoste in comodi veicoli fuori bilancio.
IL CASO DELLA ANGLO IRISH BANK - Purtroppo per Obama e Bernanke, questa teoria è valida sono in condizioni particolari e non può essere abusata a lungo, per nascondere errori precedenti. Funziona per risolvere temporanee crisi di fiducia che colpiscono aziende fondamentalmente solide, improvvisamente private di liquidità a causa di eventi esterni che scatenano il panico. Quando il problema riguarda gli equilibri fondamentali, la qualità degli attivi di bilancio, e non soltanto la mera percezione dello stato di salute della tesoreria, banche ed aziende andrebbero lasciate a se stesse, intervenendo se necessario per agevolare il processo di ristrutturazione anche attraverso il fallimento. Le conseguenze di un approccio basato sul puro lancio di denaro pubblico nella cloaca sono note: i problemi si ripresenteranno, presto o tardi, in forma talmente grave da richiedere l'esercizio della garanzia, buttando altro denaro e soprattutto distruggendo la reputazione degli enti governativi garanti, il cardine stesso della politica monetaria e finanziaria statale. Lo ha scoperto a sue amare spese il governo irlandese, che si è trovato costretto questa mattina a nazionalizzare Anglo Irish Bank . La scelta era obbligata, a causa della garanzia governativa da 100 miliardi concessa alcuni mesi fa all'intero settore bancario, in teoria per "risolvere" il problema e l'ulteriore iniezione di capitali nella banca, avvenuta appena prima di Natale, per "porre definitivamente fine" ai dubbi sulla solvibilità della banca.
MANOVRE PERICOLOSE - Vista la mala parata, semplicemente meglio nazionalizzare che essere costretti ad onorare la garanzia, un esborso che il governo irlandese si sarebbe potuto difficilmente permettere senza affondare miseramente. La manovra non sembra perfettamente riuscita: il prezioso rating AAA sembra in bilico e si parla addirittura di salvataggio da parte del Fondo Monetario Internazionale. La conseguenza è che l'Irlanda sembra essere destinata a sostituire l'Italia nelle nazioni descritte dall'acronimo PIGS, che definisce gli emittenti europei più problematici; le conseguenze del "salvataggio" si sono viste quasi immediatamente sul mercato dei CDS : i premi per assicurare il debito di Spagna, Germania, Austria ed ovviamente Irlanda sono saliti ai massimi storici. Il movimento sembra esagerato, osservando le probabilità di default implicite nei costi di assicurazione, ma nell'immediato è sensato per una quesitone legata proprio al settore finanziario: non soltanto la nazionalizzazione di una banca e la concessione di garanzie ad un intero sistema finanziario aumentano la quantità di debito che può essere assicurata con tali derivati, aumentandone la richiesta; il costo di tale debito si allinea anche con il rendimento degli strumenti che offrono il tasso d'interesse più elevato fra quelli disponibili e il debito bancario offre un differenziale di rendimento positivo rispetto ai "tradizionali " titoli di Stato. Nonstante il tentativo di nascondere sotto il materasso la crisi, insomma, il mercato vede attraverso le formalità legali e riconosce la mutata situazione.
NAZIONALIZZAZIONE TEMPORANEA? - A questo punto, la domanda sorge spontanea: gli USA o, se per questo, il Regno Unito saranno costretti ad affrontare una situazione simile a quella irlandese? Gli investitori andranno prima o poi all'incasso delle garanzie generosamente fornite da Washington, causando un aumento del costo del debito ed una possibile crisi, seppure meno grave di quella irlandese? La risposta è che la probabilità di una conclusione "all'irlandese" del piano americano sembra per ora poco probabile, o perlomeno lontana: le risorse a disposizione sono molto maggiori, grazie alla possibilità di tassare un'economia grande e diversificata come come quella americana e di estrarre valore. E' necessario chiedersi, tuttavia, se esistono soluzioni migliori e meno pericolose nel lungo termine. Una sarebbe quella proposta, nella sua forma meno socialista, da Willem Buiter: la nazionalizzazione temporanea delle grandi banche. La tesi di Buiter è stata pensata per il sistema finanziario inglese, ma è valida anche per quello USA: le garanzie statali e le iniezioni di capitale non sono che costosi palliativi che procrastinano l'inevitabile collasso di banche che hanno pagato remunerazioni eccessive ai propri azionisti e dirigenti impiegando denaro che non avevano, usando denaro preso a prestito a fronte di attività di bilancio detenute in quantità eccessiva e valutate in maniera eccessivamente ottimistica.
PERCHE' NON FUNZIONA - Oltretutto, la minaccia che la nazionalizzazione sia imminente contribuisce ai timori che dissuadono gli investitori privati dal sottoscrivere aumenti capitale bancario: perché farlo, quando il governo potrebbe prendersi l'intera baracca, spazzando via gli azionisti da un giorno all'altro e bruciare il loro capitale? A questo punto, sarebbe meglio rassegnarsi all'inevitabile e farlo subito, piuttosto che perdere altro tempo ed altro denaro. L'argomentazione è interessante, ma nella ricerca di un rimedio drastico dimentica almeno tre punti fondamentali, che forse la rendono più pericolosa del male. In primo luogo, dimentica la storia, sia recente che di lungo periodo. In secondo luogo, la nazionalizzazione, di per sé, non porterebbe necessariamente alla soluzione del problema più urgente, ossia l'incertezza sul valore effettivo dei bilanci bancari, mentre renderebbe ancora peggiore il vero difetto di lungo termine del sistema: il patto faustiano fra regolatori e banche, rendendolo probabilmente anche peggiore, in base al quale i banchieri vengono protetti dalle normali forze di mercato, in cambio da un lato di una regolamentazione in teoria minuziosa. In primo luogo, I casi nei quali la nazionalizzazione sia stata una soluzione sono molto meno numerosi di quelli in cui lo stato non sia diventato una parte del problema.
LA STORIA INSEGNA - Di recente ci si è concentrati molto sui buoni risultati prodotti da una sola esperienza positiva e sottovaluta l'esperienza storica in Europa e negli USA. In Scandinavia nei primi anni '90 una crisi valutaria portò ad una rapida nazionalizzazione di buona parte del sistema bancario, al trasferimento di buona parte dell'attivo problematico ad istituzioni separate dall'attività bancaria vera e propria ed alla vendita di tali banche "ripulite" sul mercato nel giro di pochi anni. La radice del problema era ancora una volta in politiche governative fallaci, ma i sintomi erano differenti: le banche si erano indebitate in valuta estera e quindi i pagamenti sul debito erano esplosi a causa di una svalutazione, ma le attività nei bilanci bancari erano relativamente sane, perché i principi base per la concessione di crediti erano stati mantenuti. Nel caso attuale, l'eccesso di liquidità e la protezione statale hanno portato ad una erosione della qualità dei prestiti, il cui recupero sarà molto più problematico. In altri casi, la storia non è neppure lontanamente a lieto fine. In Italia, l'IRI venne costituita nel 1933 come ente provvisorio per provvedere alla ristrutturazione e privatizzazione del sistema bancario; le tre BIN (banche d'interesse azionale) rimasero in mano pubblica per decenni e vennero privatizzate soltanto a metà degli anni '90. L'esperienza inglese nel settore industriale è, se possibile, ancora più negativa. Se qualcuno pensasse che la classe politica USA sia meglio dotata per procedere ad una rapida ristrutturazione e dismissione, dovrebbe pensarci due volte: Conrail , il conglomerato nato dalla fusione delle società ferroviarie fallite negli anni '70, rimase in mani governative per ben dieci anni, nonostante notevoli investimenti, due amministrazioni presidenziali impegnate nella riforma del settore, una deregolamentazione del settore che eliminò le follie politiche responsabili della crisi strutturale del settore ed un ottimo management che ne migliorò drasticamente le performance. Immaginiamoci cosa potrebbe accadere con un partito democratico sbilanciato a sinistra ed ostile al libero mercato, un presidente ansioso di emulare il corporativismo alla Roosevelt ed una cricca di consiglieri provenienti dallo stesso ambiente del governatore Blagojevich, quello che si è cercato di vendere il seggio senatoriale reso vacante da Obama.
UNA QUESTIONE DI FIDUCIA - In secondo luogo, la nazionalizzazione non risolverebbe necessariamente il problema più pressante, perché impedisce il ritorno della fiducia e quindi la propensione degli investitori ad investire di nuovo risorse nel settore finanziario: l'effettiva redditività del settore, al netto della sopravvalutazione degli attivi. Chiediamoci perché, se il mercato rifiuta di prestare alle grandi banche, i governi dovrebbero farlo, in maniera ripetuta, aspettando che il management si decida finalmente a fare pulizia in maniera talmente drastica da convincere il mercato che adesso i bilanci sono stati ripuliti da ogni eccesso. Gli investitori non si rifiutano di intervenire soltanto per il rischio di nazionalizzazione, ma soprattutto per l'incertezza su ciò che è contenuto nei bilanci. Trovare il vero valore dell'attivo bancario è prioritario e nel caso tale valore fosse inferiore al valore delle passività, esistono già numerosi strumenti per evitare una crisi sistemica. Si proceda ad un commissariamento, che salvaguardi le attività fondamentali e permetta di chiarire quali ristrutturazioni di bilancio necessarie: già tutt'ora, le banche non falliscono, vengono prese in cura dalle autorità monetarie. Una procedura concorsuale, per quanto traumatica, ridurrebbe grandemente i rischi e permetterebbe di ripartire da capo, su basi realistiche , oltre a garantire una ristrutturazione meno politicizzata di un intervento diretto dello Stato.
CIRCOLO VIZIOSO - Il terzo problema è di natura più strutturale: anche se per miracolo l'intero mondo bancario venisse risanato e la redditività si stabilizzasse a livelli accettabili, il settore sarebbe comunque profondamente distorto e di nuovo a rischio dell'ennesimo ciclo di euforia e crisi. La motivazione deriva nella natura del patto faustiano, fra governi e banchieri, nei quali anche le migliori amministrazioni sarebbero intrappolate: il sistema bancario, ossia le organizzazioni burocratiche che gestiscono il credito, vengono implicitamente garantite da governi e banche centrali, in cambio di una pesante regolamentazione e della cosiddetta "moral suasion", ossia obbedire agli ordini di scuderia in tema di politica monetaria e di credito. Una banca nazionalizzata avrebbe lo stesso problema, aggravato dal fatto che le pressioni ad estendere credito in maniera eccessiva (anche qui, l'Italia degli anni '70 ed '80 fornisce anche troppi, tristi esempi) arriverebbero direttamente dall'azionista pubblico e sarebbero di conseguenza irresistibili. Diremmo addio, quindi, anche alla parodia di mercato nel credito; sarebbe una scelta onesta, ma che distruggerebbe definitivamente ogni speranza di creare un sistema razionale per dare un prezzo ad uno degli elementi essenziali di una economia libera.
Visto dove siamo arrivati, è ovvio che sarebbe stato meglio lasciar fallire le prime banche ad avere problemi, invece di gettare somme sempre più grandi nel calderone, senza alcun effetto. La paura si risolve portando allo scoperto i problemi, non nascondendoli sotto la coperta troppo corta delle assicurazioni di quegli stessi governi e regolatori che hanno contribuito alla crisi. Iniettare una ulteriore dose di statalismo, nazionalizzando le banche in maniera esplicita oppure garantendone l'attività ed i pagamenti, rischia di non risolvere il problema, ma semplicemente di aggiungere un altro livello di irresponsabilità a quelli già esistenti.
Posted by J.C. Falkenberg at 2:06 PM |
Labels: Anglo Irish , Banche , Banche Centrali , Crisi , Gran Bretagna , nazionalizzazioni , Statalismo
martedì, gennaio 20, 2009
Farewell W
Non sono un ammiratore sfegatato di George W. Bush, ma non certo per le ragioni per cui non è amato in Italia.
1972 elenca i motivi per cui "volergli bene" - e le condivido in pieno. Ci sono tuttavia forti riserve sul modo in cui W. ha fatto ciò che doveva fare, distruggendo il suo stesso partito e rischiando di consegnare gli USA al collettivismo.
Esistono forti motivi per chiedersi valesse la pena di seguire le illusioni messianiche di quella parte di neocon in precedenza socialisti di sinistra e divenuti socialisti clericali, con il loro programma di intervento estero ad ogni costo, con l'opposizione interna tacitata a colpi di spesa pubblica e leggi illiberali.
Il costo pagato è stato enorme, sia per la nazione che per il partito del Presidente: gli USA sono una nazione indebitata e meno libera a causa di nuove leggi che hanno espanso il ruolo del Governo tramite interventi sulla sicurezza nazionale, esplosione della spesa, nuovi programmi assistenziali, limitazioni alla ricerca.
Tutte concessioni allo statalismo ed al collettivismo, che hanno trasformato il GOP in una brutta parodia della Democrazia Cristiana degli anni peggiori ed hanno distrutto il motore del successo ventennale del Partito Repubblicano: il fusionismo, ossia l'alleanza fra libertari e conservatori, basata sul programma di riduzione dell'ingerenza statale nelle vite degli individui.
Il risultato di medio periodo di questo errore si è visto non soltanto a livello nazionale, ma anche elettorale: dopo alcuni effimeri consensi, il crollo repubblicano è stato pesante, arginato soltanto dove la tradizione fusionista era rimasta viva.
Posted by J.C. Falkenberg at 12:51 PM |
Labels: Bush , Fusionismo , libertarian , Obama , USA
Segolène Royale - di sinistra e soprattutto modesta "Obama mi ha copiato"
Secondo Segolène Royale, sarebbe stata lei ad ispirare Barack Obama.
Ah, la naturale modestia francese, sommata all'innata umiltà degli "antropologicamente superiori" di sinistra fa davvero miracoli.
Nel caso, in ogni caso, i nostri ringraziamenti, di cuore, per aver ispirato King Hussein Primo, che predicherà di sacrificio e risparmio dall'alto di 150 milioni di dollari di cerimonia, 25mila pretoriani dispiegati a sua protezione ed una folla oceanica degna di Norimberga, delle "folle oceaniche" a Piazza Venezia e delle parate sulla Piazza Rossa. Napoleone, il Duce, Stalin o Chavez sarebbero in lista per i ringraziamenti, ma ci tratteniamo.
Per l'affossamento definitivo delle finanze degli Stati Uniti a colpi di spesa pubblica e nazionalizzazioni, tuttavia, dobbiamo probabilmente ringraziare l'intero socialismo collettivista europeo.(ANSA) - PARIGI, 20 GEN - ''Si', io ho ispirato Obama e i suoi collaboratori ci hanno copiato''. A dirlo al quotidiano Le Monde e' la socialista Segolene Royal, ex candidata all' Eliseo, affermando che in occasione della campagna presidenziale francese del 2007 il neo presidente americano ha mandato una squadra a Parigi per studiare il suo sito 'Desir d'avenir'. ''Da noi - dice la Royal - hanno rilevato le idee di 'vincente-vincente', di 'cittadino-esperto'. Poi Obama ha adattato l'idea di 'democrazia partecipativa' alla moda americana, molto diversa da quella europea.
Ma l'idea e' la stessa: rifondare la maniera di fare la politica, la relazione tra le elite e il popolo''. La Royal e' a Washington - perche' ha ''il senso della storia'' - e partecipera' alla cerimonia di giuramento di Barack Obama da cittadina. La Francia sara' rappresentata dal suo ambasciatore.
Non sara' - scrive Le Monde - ne' in prima fila, ne' in ventesima fila, ma a 200 metri dal presidente americano, per assistere a un ''momento essenziale del secolo'', a una ''svolta verso il futuro''. (ANSA).
Posted by J.C. Falkenberg at 11:59 AM |
Labels: Francia , Obama , Socialismo
lunedì, gennaio 19, 2009
Un modello per il centrodestra italiano? Forse. Magari.
Ancora una volta, sottoscrivo molto di quello che scrivono Phastidio e Benedetto Della Vedova, ma temo cheil tempo a disposizione per trarne la corretta lezione si riduca di giorno in giorno.
Le elezioni in Assia dimostrano l'enorme potenziale di una coalizione fra conservatori e liberali/libertari. Le vicende di casa nostra, invece, dimostrano il potenziale di rincitrullimento, con contorno di rischio di suicidio elettorale, per chi non riesce a pensarci e si rifugia nel più becero galleggiare. Perché non omaggerò del termine nobile di "conservatori" chi si è lasciato allucinare da una squallida riedizione del peggior compromesso clerico-socialista. Riciclare la sbobba collettivista che ha distorto e forse privato l'Italia e mezza Europa di un futuro di libertà non è degno neppure dei nostalgici del Mascellone: non c'è nulla di antico, tradizionale o "rivoluzionario", soltanto molto di vecchio.
Posted by J.C. Falkenberg at 7:25 PM |
Labels: Assia , conservatori , della vedova , libellaismo , Liberalismo , Politica
Presidente, per favore faccia qualcosa di destra prima o poi
Per chi pensa che nazionalizzare banche ed aziende sia una soluzione alla crisi, basterebbe questa notizia sul Berlusconi “piccolo chimico” , senza nemmeno parlare della storia italiana degli ultimi 35 anni. una volta che il governo controlla un'azienda, l'interferenza politica a fini elettorali è la norma, non l'eccezione, alla faccia degli equilibri economici. Ed è normale che i dirigenti, dinomina governativa, obbediscano.
Ci vuole così poco per dimenticare come l'Europa si è condannata all'irrilevanza ed alla stagnazione economica? Di nani pelati e statalisti abbiamo già avuto, disgraziatamente, esperienza con Fanfani. Silvio Berlusconi non sarà un gigante, ma ha di nuovo i capelli; gli mancherebbe soltanto un colpo di reni per evitare di essere affiancato alla sciagura che ha soffocato il Miracolo Italiano nella culla.
Posted by J.C. Falkenberg at 2:51 PM |
Labels: Fanfani , nazionalizzazioni , Statalismo
RBS, un oceano d'inchiostro rosso sangue. Londra nazionalizza e politicizza il credito
il management di Royal Bank of Scotland deve aver deciso che, se doveva affondare, era meglio farlo con stile. RBS ha riportato infatti la maggior perdita della storia del Regno Unito: 28 miliardi di sterline. La perdita "operativa" è di 8 miliardi, le svalutazioni sull'avviamento sono di ben venti miliardi di sterline. La sensazione è che l'obbiettivo sia stato quello di convincere il governo che non esistevano alternative all'intervento - e che una svalutazione massiccia spiani la strada ad una ottima "performance" successiva, almeno in termini comparativi
Il Tesoro di Sua Maestà ha deciso di bere l'amaro calice ed ha annunciato la nazionalizzazione: le obbligazioni subordinate acquistate lo scorso anno verranno convertite in azioni ordinarie, dando al Governo il controllo della banca . In cambio, l'istituto di credito si impegna ad aumentare il credito alle imprese, alle famiglie ed a chiunque sia gradito al governo. Qualcuno spedisca una storia dell'IRI e del Banco di Napoli a Londra, potrebbe tornar loro utile nel giro di qualche anno: l'esplicito controllo politico del settore porterà inevitabilmente al primato delle amicizie sulla qualità dei bilanci, con la creazione di una casta di "amici degli amici" che farà fortuna sul credito facile. Complimenti.
Posted by J.C. Falkenberg at 8:36 AM |
Labels: Banche , Regno Unito
domenica, gennaio 18, 2009
Riecco la notte dei cristalli
Un po' se ne sentiva la mancanza, in Europa. Vuoi mettere, dopo una riedizione delle radici cristiane e del dialogo con i bravi musulmani, un bel pogrom tutti insieme? In minoranza: Parole in libertà: "E contemporaneamente, per sapere che un caffè è stato incendiato con le molotov a Whitechapel perchè parte di una catena il cui presidente del consiglio di amministrazione è ebreo, o che i muri di un parco giochi lì vicino sono stati coperti di graffiti che incitano a uccidere gli ebrei, o che una chiesa in Lancashire è stata vandalizzata perchè ha la parola 'Sion' nel nome, che un camion di Tesco è stato assalito da una dozzina di persone al grido di Allahu Akhbar e il guidatore si è preso un mattone in testa, solo perchè Tesco è stato fondato da un signore di nome Cohen, non è il caso di rivolgersi alla BBC, a Sky o al Guardian - bisogna andare a leggersi i giornali locali e le mailing list antirazziste."
Posted by Unknown at 11:47 PM |
Labels: Antisemitismo , Gaza , Londra
In minoranza: Parole in libertà
Splendida sintesi sulla risposta di Israele a Gaza. Da leggere tutto, qui soltanto un paio di esempi:
"L'ONU, da quelle parti, ha una storia piena di ombre, a partire da quando, nel 1967, su richiesta di Nasser, ritirò senza neanche far finta di protestare le truppe di interposizione in preparazione ad un attacco egiziano - attacco che poi non andò esattamente secondo i piani. Più di una volta le Nazioni Unite sono state viste come parte in causa piuttosto che super partes, e per esempio pochi mesi fa il preside di una scuola dell'ONU è stato ucciso da un raid israeliano mentre con alcuni complici costruiva razzi Qassam nel cortile della scuola; in seguito alla ridda di accuse e controaccuse è stato rivelato che era un comandante locale della Jihad Islamica e che l'ONU, a Gaza, non controlla molto accuratamente la gente che assume perchè "i nomi arabi si assomigliano tutti". Più di una volta degli UAV israeliani hanno filmato miliziani di Hamas mettere in batteria dei mortai e aprire il fuoco a ridosso di scuole e installazioni ONU, e nel caso specifico della scuola colpita pochi giorni fa, fra le vittime c'erano diversi miliziani di Hamas. In tutti i casi l'ONU ha negato recisamente anche davanti all'evidenza, e vietato categoricamente al proprio personale di parlare con la stampa di ciascun episodio: un comportamente che i maligni potrebbero definire sospetto.'
[...]
La guerra va avanti da 2 settimane, con un numero variabile di incursioni aeree, da 20 a 60 al giorno, con F-15E Strike Eagle e F-16; ogni incursione andrebbe in teoria eseguita da due aerei, ma la dimostrazione non perde di generalità (visto, professoressa S.? Almeno la terminologia me la ricordo ancora) se ci limitiamo ad un aereo per incursione. Assumiamo una media di 30 incursioni al giorno, e dal momento che gli israeliani hanno molti più F-16 che Strike Eagle, assumiamo una proporzione di 2:1 fra gli aerei coinvolti.
Se Israele volesse sterminare la popolazione civile, colpirla deliberatamente, o uno qualsiasi degli altri crimini di cui la BBC la accusa in media ogni 10 minuti, tutto quel che dovrebbe fare è caricare su ogni Strike Eagle le 24 bombe Mk82 da 227 chilogrammi che può portare. 227 chili per 24 bombe per 10 missioni al giorno per 15 giorni fa quasi esattamente 817 tonnellate. In più, potrebbe caricare 4 bombe Mk83 (454 chilogrammi) su ogni F-16. 454 chili per 4 bombe per 20 aerei al giorno per 15 giorni fa 544 tonnellate. In tutto, circa 1360 tonnellate, e considerato che gli esplosivi moderni sono almeno 4 volte più potenti del TNT, abbiamo un totale di circa 5.4 kiloton, un'arma nucleare tattica da un terzo di quella di Hiroshima.
Se Israele avesse voluto colpire deliberatamente la popolazione civile di Gaza, avrebbe potuto riversarle sulla testa l'equivalente di una bomba nucleare tattica. Oggi, molto semplicemente, Gaza non esisterebbe più.
Israele avrebbe potuto fare di meglio? Probabilmente. Israele aveva opzioni diverse dalla guerra? Può essere. Israele sta deliberatamente colpendo i civili? Minchiate.
In minoranza: Parole in libertà
Posted by Unknown at 11:45 PM |
Berlusconi e i rifiuti di Napoli: quattro mesi di bugie?
A me paiono soprattutto quattro mesi peccando di vanità, al peggio. Leggendo su giornalettismo "Berlusconi e i rifiuti di Napoli: quattro mesi di bugie" mi viene un dubbio: Anche se Berlusconi non avesse "risolto" il nodo-rifiuti in Campania, toccava a lui risolverlo? Non sarebbe compito, secondo Costituzione e leggi, delle amministrazioni PD di Campania e Napoli?
Ricordiamoci sempre che i veri responsabili sono le amministrazioni comunali e regionali di Napoli e della Campania.
Volete vedere Napoli e la Campania commissariate? Vi immaginate le le proteste del PD per l'atto "dittatoriale" di Berlusconi, l'immediata inversione a U della stampa "progressista su Bassolino e della Iervolino, che sarebbero descritti come martiri antifascisti, invece che come i pessimi amministratori che sono?
Anche se è vero che Berlusconi avrebbe potuto risparmiarsi certi toni trionfalistici, non è corretto sostenere che il governo nazionale non si è mosso: dagli stessi fatti citati nell'articolo, l'emergenza è sicruamente rientrata e il problema non sembra essere l'inazione governativa, ma la lentezza burocratica, sul cui fronte esiste anche persino segnale positivo : è dell'altro ieri la nascita del Consorzio Unico per i rifiuti di Napoli e Caserta, per una volta in orario sui tempi previsti.
sabato, gennaio 17, 2009
Capitalismo Relazionale e Lacrime di Coccodrillo at Ideas Have Consequences
Sintesi esemplare sul tema dell'intreccio fra banche in Italia su Ideas Have Consequences: inutile stupirsi della conseguenza inevtabile di precise politiche governative."Con la scusa che il settore è “strategico”, quello bancario è diventato “non contendibile” ed è così diventato un crocevia di “relazioni”.
Alla fine lo Stato ha “dovuto” creare un Antitrust, cioè ha “dovuto” provare a risolvere situazioni patologiche per il fatto di aver fatto deviare un sistema economico (non solo bancario, chiaramente) dalla condizione concorrenziale: distrutto o impossibilitato un meccanismo “spontaneo” di controllo della concorrenzialità, si è cercato un surrogato. Lo Stato fa danni e poi si propone per la loro soluzione… Ci sarebbe da ridere, almeno finché non si realizza che i contribuenti vengono costantemente presi in giro.
Ma il problema non è lo Stato in sé, bensì chi ne estende lo spazio di intervento, cioè la Politica. Per questo io non parlerei di Capitalismo Relazionale, bensì di Politica Relazionale (cioè la Politica in sé, perché qui le relazioni sono fondamentali mentre dei programmi politici, come si è visto, si può pure prescindere).
L’economia italiana è difficilmente contendibile, e il ricambio politico è pressoché nullo. Non stupiamoci dell’acqua calda di questo comico (o patetico) Antitrust."
Posted by Unknown at 10:43 AM |
venerdì, gennaio 16, 2009
Italia? Islanda? No, Irlanda
Di recente un nuovo acronimo si è fatto strada nel mondo dei mercati del reddito fisso : PIGS, ossia "Maiali" in inlgese. E' la sigla che racchiudeva, sino ad oggi, Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, le tre nazioni europee considerate a maggior rischi di declassamento del debito.
Il tanto vituperato Belpaese ha invece visto il proprio rating affermato da S&P, al contrario degli altri membri dell'infelice club, colpiti ancora più duramente di noi dallo scoppio delle bolle che ne avevano gonfiato la crescita negli ultimi anni.
Urge, quindi, una nuova lettera "I". La Repubblica d'Irlanda ne ha fornito l'occasione con il salvataggio di Anglo Irish Bank, che ha esposto l'estensione della crisi che attanaglia la piccola nazione celtica. Una crisi talmente grave da evocare lo spettro di un'altra I: l'Islanda, collassata sotto il peso di un settore finanziario drogato all'estremo da garanzie statali implicite quanto insostenibili.
Il governo irlandese ha garantito il debito bancario delle istituzioni irlandesi, sino ad un massimo combinato di 100 miliardi di euro ed aveva già iniettato capitale in Anglo Irish, fra le altre, il 22 dicembre. Purtroppo per l'Irlanda, non è stato sufficiente e il governo è stato costretto al salvataggio. Dico costretto, perché un mancato salvataggio avrebbe fatto scattare la garanzia da 100 miliardi, una somma che il governo irlandese non ha. Non ha , pare , neppure i soldi per la prossima emergenza, tant'è vero che starebbe pensando ad un pachcetto di aiuti da parte del FMI: partirono per salvare, dovettero essere salvati.
Oltre alle normali considerazioni, ne urge una riguardante, di nuovo, le agenzie di rating. L'Irlanda ha un rating tripla A, il massimo ottenibile. Come lo aveva l'Islanda, sino a poco prima del tracollo. Come è possibile? A quando una revisione dei modi per concedere tali rating, che sono una delle maggiori cause della débacle islandese?
Basterebbe, per cominciare, applicare i criteri impiegati dalle stese agenzie, quando valutano il merito di credito di una azienda. Uno di tali criteri è quello dimensionale: a parità di indicatori, le dimensioni assolute dei flussi di cassa contano: chi vale miliardi non è soltanto "troppo grande per fallire", ma ha anche, normalmente, una volatilità minore nelle proprie entrate, perché è spesso maggiormente diversificato.
Lo stesso dovrebbe valere per un governo, evitando che nazioni delle dimensioni di una provincia italiana vengano valutate dagli investitori allo stesso livello di emittenti ben più stabili, se non per le dimensioni del proprio stesso mercato.
HAt tip: FT Alphaville
giovedì, gennaio 15, 2009
Dal socialismo alla dinastia in una generazione
Il terzogenito come erede, il secondogenito come capo di Stato con compiti cerimoniali, il cognato come eminenza grigia. QUesti sarebbero i piani di Kim Jong Il per la propria successione.
Hayek ed Ayn Rand, fra gli altri, sostenevano che il collettivismo costituiva una involuzione verso una struttura politica e sociale premoderna e non un progresso verso il Sol dell'Avvenire. Erano quasi ottimisti: qui siamo passati dal Capitale di Marx alle famiglie regnanti in meno di una generazione. A quando un bel matrimonio dinastico fra figli di tiranni, pardon, Cari Leader cubani, bielorussi o coreani?
Townhall.com
mercoledì, gennaio 14, 2009
Detroit , bond-spazzatura anche dalla città
Non c'è pace per il Michigan: non solo le tre ex-grandi case americane dell'auto sono a rischio di fallimento, adesso anche il merito di credito della città stessa è stato tagliato al livello di junk bond. Il downgrade è ancora più pericoloso di quanto sembri, perché potrebbe far scattare richieste di rimborsi per oltre 400 milioni di dollari, un evento che trascinerebbe l'amministrazione cittadina verso la bancarotta.
D'altronde, il Michigan non è di certo uno degli stati americani meglio gestiti, dimostrando come il management miope e un sindacato tanto potente quanto venale e di vedute ristrette siano dei tipici rappresentanti della classe dirigente di Detroit.
La magra consolazione è che, rispetto al vicino Illinois, a Detroit sono delle mammolette, dei semplici incompetenti progressisti dalle buone intenzioni: almeno loro, però, non taglieggiano e trafficano da decenni, fino a vendersi un seggio da senatore.
R.I.P. Nortel: da 400 miliardi a zero in 8 anni
La società canadese Nortel ha richiesto l'amministrazione controllata per buona parte delle proprie controllate americane il giorno prima del pagamento di una cedola da 107 milioni di dollari.
La società, che produce componenti di infrastrutture per comunicazioni, era una delle beniamine globali ai tempi delle dot com: nela metà 2000 la capitalizzazione di borsa era arrivata a 360 miliardi di dollari canadesi, equivalente al 35 per cento del listino di Toronto. Ieri era di 190 milioni.
La società spera di poter salvare almeno le proprie sussidiarie asiatiche, latino-americane ed il business delle forniture ad enti statali.
Si tratta di un altro nome illustre vittima della crisi del credito che cerca riparo nel Chapter 11, dopo l'irlandese Waterford Wedgwood, l'inglese Woolworths e la parte americana di LyondellBasell, erede di molti nomi storici della petrolchimica europea ed americana; al contrario dei casi precedenti, affondati dalla mole eccessiva di debito accumulata da capitalisti con poco capitale, la società canadese è crollata per ragioni industriali: rimasta indietro sulla concorrenza , è divenuto un competitore marginale, destinato ad essere spazzato via dalla prima contrazione ciclica.
Come dice il proverbio "Quello che non scoprono gli analisti lo scoprono le recessioni"
Posted by J.C. Falkenberg at 3:13 PM |
Labels: Chapter 11 , Credit crunch , Credito , Crisi , Nortel
La classe operaia va in Paradiso, la classe dei terroristi a Rio
La classe operaia va in Paradiso, la classe dei terroristi invece a Rio. Grazie al al riflesso pavloviano di certi ex-comunisti, per cui le vittime hanno sempre torto ed i carnefici, se di sinistra o se antioccidentali, sempre ragione.
Il ministro brasiliano della giustizia Tarso Genro ha concesso lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti. Leggete l'ottimo pezzo su Giornalettismo per capire chi sia Cesare Battisti, reo confesso di alcuni omicidi. Per capire chi sia Tarso Genro, basta dire che è di un partito ex-marxista: ossia di una provenienze dalla quale non si scappa e per la quale il terrorista è sempre da difendere, anche quando e soprattutto quando è colpevole, soprattutto , ma non solo , quando è rosso e anti-occidentale. Il riflesso, quasi pavoloviano, è universale e generale e funziona perisno se si è convertiti al liberalismo o al clericalismo: basti ammirare, a casa nostra, D'Alema con Hamas e Ferrara con Adriano Sofri.
Posted by J.C. Falkenberg at 11:33 AM |
Labels: battisti , brasile , Terrorismo
Vu cumprà UniCredit?
L'amministratore delegato di UniCredit Alessandro Profumo, lo scorso week end, è andato in missione nei paesi arabi. Molto probabilmente, a caccia di nuovi soci.
Il Sole 24 ORE
Posted by J.C. Falkenberg at 11:21 AM |
martedì, gennaio 13, 2009
Proibizionismo - maddeche?
Quand'è che il proibizionismo ha mai funzionato?
Roma, giro di vite sulla 'movida' Divieto di vendita delgi alcoolici alle 21? Perfetto, così saranno ubriachi alle 2030 e cominceranno a sniffare alle 2105. Applausi.
Radical-chic d'oltreoceano
Anche negli USa di Obama l'ipocrisia radical-chic arriva a vette francamente umoristiche. -Il duo folk, dichiaratamente "socialista" Steve Earle / Allison Moorer ha performato al City Winery, esclusivo culb-ristorante con una quota di ammissione da 5000 dollari.
Nessun problema, se non fosse che Earle si descrive come un "socialista", interessato ai poveri ed ai lavoratori. E' da notare come il termine socialista, in America, indichi la sinistra "arcobaleno" alla Agnoletto e Caruso più che la sinistra più o meno moderata, che preferisce scippare il termine "liberal" ai veri liberali.
Anche il padre del folk, Woosy Guthrie, era un sinistroide, ma era perlomeno coerente: rifiutò di suonare alla Rainbow Room, ristorante chic di New York all'ultimo piano del Rockefeller Center e vi si piazzò davanti, cantando ballate sul suo proprietario, il milionario John D. Rockefeller.
I suoi epigoni si divertono invece a mangiare nel piatto in cui fingono di sputare . De gustibus...
Ron Radosh » Cognitive Dissonance in the Left/Folkie World
Posted by Unknown at 10:34 AM |
Labels: ipocrisia , Media , Radical-chic , Sinistra
Per la serie fanno più fatica a scioperare che a lavorare
Siamo all'assurdo. Alle Ferrovie, treni sporchi per protesta: dubito che qualcuno noterà la differenza sui treni pendolari.
"Treni sporchi fino a quando Trenitalia 'fara' le gare d'appalto al ribasso e non inserira' la clausola sociale. Cioe' quella che garantisce il mantenimento dei dipendenti se cambia l'appalto, prevista dai contratti d'attivita' ferroviaria. E' la protesta in corso, a livello nazionale, da parte dei dipendenti della Pietro Mazzone Ambiente, la societa' che ha l'appalto del 90% dei lavori"
Personalmente, inserirei la clausola della decenza: visti i livelli di sporcizia indecenti, anndrebbero cacciate aziende e dipendenti delle società di "pulizia". Immagino ripuliscano soprattutto i conti delle Ferrovie.
Posted by J.C. Falkenberg at 8:53 AM |
Labels: Ferrovie , Statalismo , trasporti , trenitalia
Alitalia indispensabile?
Mentre si blatera della "essenzialità" di Alitalia, Eurofly chiede l'apertura di 14 nuove rotte. Eh sì, senza un rinnovato monopolio, in Italia non volerebbe più nemmeno un aereo.
Posted by J.C. Falkenberg at 8:47 AM |
CNN e France 2 ammettono di aver diffuso falsi della propaganda islamista
Via The Right Nation, un paio di esempi di "lievissima" partigianeria, da parte della CNN e France 2. Entrambe scoperte a spacciare falsi completi costruiti ad arte da "rpeorter" arabi a fini di propaganda filo-palestinese. Peccato che France2 pare abbia avuto la decenza di togliere il suo "reportage", mentr ela CNN ha riproposto bellamente il video nella sezione degli archivi. E poi non volete chiamarlo il Communist News Network?
lunedì, gennaio 12, 2009
Vai, Clint
Yeah. Harry Callaghan, anyone?
BBC NEWS Entertainment Eastwood drama tops US box office: "Clint Eastwood's Gran Torino has topped the US box office, taking around $29m (£19.3m) in its opening weekend."
Vai, Clint
Yeah. Harry Callaghan, anyone?
BBC NEWS Entertainment Eastwood drama tops US box office: "Clint Eastwood's Gran Torino has topped the US box office, taking around $29m (£19.3m) in its opening weekend."
Posted by J.C. Falkenberg at 11:36 AM |
Ci regalate la Palestina? No grazie, tenetevela
Egitto e Giordania non ne vogliono sapere di riprendersi la Cisgiordania o Gaza, che rivendicavano fino alla fine degli anni '80. L'idea è rispuntata sul Washington Post a cura di John Bolton, neocon ambasciatore USA presso nel Nazioni Unite. Alcuni blogger criticano Bolton per l'idea, del tutto inapplicabile nella pratica, ed hanno ragione, vista l'impraticabilità dell'idea. Sbagliano, tuttavia, nell'affermare che sia sempre stata impossibile.
Ci si dovrebbe chiedere, tuttavia, il motivo della contraddizione per cui quasi tutte le nazioni arabe hanno sempre parlato di "fratellanza araba", ma hanno rifiutato la cittadinanza non soltanto ai profughi palestinesi, ma persino ai loro discendenti. Le uniche eccezioni in Medio Oriente sono Israele, stato ebraico, dove gli arabi hanno diritto di voto e di cittadinanza, e la Giordania, che ha fornito cittadinanza a tutti i palestinesi e ne è stata ricompensata con un tentativo di golpe da parte di Arafat durante il famoso Settembre Nero.
Il rifiuto dell'accoglienza è avvenuto anche quando si trattava di una esigua minoranza, comparabile in numero a quella ebraica che avevano appena espulso e quindi potenzialmente assimilabile; giova inoltre ricordare che che la Palestina non era considerata come una nazione separata, ma soltanto come la parte meridionale della Siria ottomana.
Per i nazionalisti arabi al potere in Siria e Egitto la contraddizione è ancora più lampante: la nazione araba era, secondo la propaganda nazionalista e soprattutto panarabista, una sola, tanto da portare alla unificazione formale di Egitto e Siria in una Repubblica Araba Unita ed all'intervento in Yemen proprio in base alla dottrina dell'unicità della nazione araba; neppure allora, per assurdo, ai palestinesi fu mai offerta la cittadinanza della R.A.U. e tuttora i figli di palestinesi nati in Siria od in Egitto non vengono riconosciuti quali cittadini dell'unica nazione nella quali sono nati e cresciuti.
Siamo sicuri, quindi, che la colpa sia soltanto dei complotti israeliani? Cosa sarebbe successo ai Balcani se agli esuli giuliano-dalmati fosse stata interdetta la cittadinanza italiana, oppure se neppure i nipoti dei turchi espulsi da Bulgaria e Grecia negli anni '20 fossero considerati cittadini di Ankara? Vogliamo discutere di cosa sarebbe accaduto in Europa Centrale, se la sorte dei milioni di tedeschi espulsi dalla Polonia o dalla Cecoslovacchia fosse stata quella di vivere come apolidi a causa del rifiuto della DDR o della RFT di accoglierli?
Siamo sicuri che siano soltanto gli israeliani a giocare con la vita degli arabi di Palestina?
Hat tip: Marginal Revolution
PS: i link di Wikipedia su panarabismo e nazionalismo arabo valgono come prova "Per assurdo", essendo di smaccatamente di parte pro-araba, sino a definire il partito Ba'ath come "ingiustamente" vituperato , trascurando i legami con il nazionalsocialismo, l'ideologia dichiaratamente totalitaria e dittatoriale, la relaizzazione compiuta di regimi totalitari in Siria ed Iraq, gli unici due stati dove ha preso il potere.
venerdì, gennaio 09, 2009
Pagare tributo ai barbari: Obama pronto a contatti clandestini con Hamas
Ditemi che non è vero. Perché se quello che scrive il sinistrorso, ma affidabile , Guardian è vero, la resa è vicina e invece del nuovo Roosevelt ci troveremo di fronte ad una copia carbone di Jimmy Carter.
HAmas è una organizzazione terroristica, ch enel proprio statuto proclama esplicitamente la necessità di elminiare Israele dalla faccia della Terra e gli ebrei dal Medio Oriente: sino a quando Hamas non rinuncerà allo sterminio quale obbiettivo politico, trovare un terreno comune per una trattativa sarebbe euqivalente a parlare con i nazisti riguardo alal "questione ebraica" alle porte di Treblinka. La politica seguita da Hamas è talmente impopolare da essere stato abbandonato persino dai regimi arabi moderati e dagli stessi palestinesi non fondamentalisti.
Adesso che questa organizzazione estremista sembra chiusa in un angolo e con meno amici che mai, giunge voce che l'amministrazione Obama potrebbe iniziare la propria attività nel Medio Oriente intavolando trattative clandestine con Hamas. Se fosse confermata, il segnale inviato sarebbe devastante: gli USA sono disponibile a vendersi la pelle di ogni alleato, pur di non dover affrontare le responsabilità del proprio ruolo.
Sarebbe l'inizio della fine, pura e semplice; prima per i moderati e i liberail nel mondo arabo, poi per Israele, infine per chiunque, liberale e democratico, nutrisse speranze contro avversari totalitari. Sarebbe soltanto quesitone di tempo.
Barack Obama administration 'prepared to talk to Hamas' World news guardian.co.uk: "The incoming Obama administration is prepared to abandon George Bush's doctrine of isolating Hamas by establishing a channel to the Islamist organisation, sources close to the transition team say."
Hat tip: The Right Nation
Gaza, le contraddizioni della tesi "democratica"
Il punto è ben posto: La sinistra filo-palestinese pretende di rimanere ancorata a due tesi che sono, però, in tensione tra loro
Non è possibile sostenere, per esempio, che Hamas non può essere trattata semplicemente alla stregua di una organizzazione terroristica perché ha vinto regolari elezioni – come ha fatto spesso D’Alema – e allo stesso tempo calare la mannaia del biasimo morale su Israele per le centinaia di vittime innocenti. Perché se i palestinesi di Gaza hanno sostenuto Hamas in maggioranza durante regolari elezioni, allora i palestinesi di Gaza sono anch’essi responsabili delle politiche di Hamas – per esempio del lancio di razzi. Se, invece, i palestinesi di Gaza sono vittime innocenti che Israele coinvolge in un conflitto con Hamas cui loro sono in realtà estranei, allora Hamas non ha il sostegno democratico della popolazione locale e merita in effetti di essere trattata alla stregua di qualsiasi altra organizzazione terroristica. Delle due, l’una.
Da Giornalettismo
Bancarotte automobilistiche: salta Ssangyong
Il produttore automobilistico coreano Ssangyong ha dichiarato fallimento nella notte.
Si tratta del quinto produttore coreano per dimensioni, con sole 200mila vetture prodotte, ma è la prima vittima della crisi globale del settore in una nazione dell'OCSE. Molto probabilmente non sarà l'ultima.
I 7200 dipendenti riceveranno lo stipendio di Dicembre, ma non si sa molto sul futuro dell'azienda, in difficoltà da almeno un anno e da settimane alla disperata ricerca di circa 450 milioni di dollari per evitare il fallimento. L'azionista di maggioranza, la cinese SAIC, e le banche creditrici non erano riusciti ad accordarsi sulle modalità di un ipotetico salvataggio.
Ssangyong Motor Company became a casualty of the global economic downturn Friday, filing for receivership in a bid to stave off collapse, The New York Times’s Choe Sang-Hun and Bettina Wassener reported.
Ssangyong, the smallest of the five South Korean automakers, had been struggling to obtain cash after being hit hard by slumping sales. Last month, Ssangyong and its majority shareholder, SAIC Motor Corporation of China, sought help from the South Korean government. SAIC and Ssangyong’s creditor banks have been locked in a dispute about who should bail out Ssangyong.
Hat tip: DealBook /NYTimes.com
In una nota meno positiva - tutto tranne la Fed.
Dopo le buone notizie, ecco le brutte dagli USA: il settore finanziario sembra essere meno ansioso di scaricare crediti sulle spalle della Fed, ma nell'immobiliare non sarei sicuro che la crisi sia passata: di fronte ad una relativa stabilizzazione del settore residenziale, il tornado sembra essersi spostato sul settore commerciale ed industriale, sinora bene o male sopravvissuto allo tsunami creditizio: gli insoluti nel settore immobiliare commerciale e il numero di spazi sfitti stanno salendo bruscamente.
D'altronde, il settore industriale comincia ora a subire gli effetti del relativo calo dei consumi, evidenziato dal traffico portuale americano ai minimi da 4 anni. La situazione viene ovviamente esacerbata dal taglio del credito anche in settori vitali ed in precedenza inondati di liquidità, quale il finanziamento al commercio internazionale.
Hat tip:Calculated Risk
Posted by J.C. Falkenberg at 10:11 AM |
Labels: Crisi , trade finance , USA
Una piccola buona notizia dalla Fed
The Federal Reserve released the Factors Affecting Reserve Balances today. Total assets declined $125 billion to $2.14 trillion. This is a little improvement ...Click on graph for larger image in new window.The Federal Reserve assets decreased to $2.14 trillion this week from a high of $2.31 trillion the week of Dec 18th. Note: the graph shows Total Factors Supplying Federal Reserve Funds and is an
Il bilancio della Fed ha finalmente smesso di crescere e mostra un piccolo declino, primo dopo anni di aumenti e soprattutto dopo il raddoppio dell'attivo, dovuto agil acquisti di titoli più o meno tossici per supportare la liquidità sul mercato.
available series that is close to assets.
Hat tip: Calculated Risk
giovedì, gennaio 08, 2009
Yes we can lasciarvi a secco
Brutte notizie per gli USA e per i piani di stimolo di Barack Obama e soci: il piano è quello di gonfiare il deficit a 1000 miliardi per comprarsi a rate l'illusione di un po' di prosperità, ma il principale compratore di buoni del Tesoro americani, ossia la banca centrale cinese, rifiuta di cooperare. Di fronte al rallentamento della propria economia, il gigante asiatico ha ben altre priorità al momento: sostenere la propria economia e cercare di mascherare, tramite generose inezioni di capitale pubblico, i drammatici problemi delle banche e delle aziende statali. Tutto questo costa e le riserve della banca centrale sembrano un ottimo tesoretto da saccheggiare, con il risultato di avere meno denaro da spendere per comprare i pagherò americani e tenere a galla il governo USA.
D'altronde, con rendimenti vicini allo zero, le banche centrali sono di fatto gli unici a cui possano interessare titoli di stato a questi livelli in un'ottica di lungo periodo.
naked capitalism: NY Times: China Cooling on US Debt
Posted by J.C. Falkenberg at 9:13 AM |
mercoledì, gennaio 07, 2009
Analfabetismi comunali?
Pubblicato su Giornalettismo
Secondo la vulgata corrente, i Comuni italiani sarebbero nei guai a causa delle spericolate operazioni effettuate sui derivati. Almeno, questo è quello che raccontano inchieste e articolesse dei giornali. Ma se la realtà fosse un’altra?
E’ inutile sperare che le volpi finiscano dietro le sbarre, se ad inseguirle sono degli asini e non dei segugi. Ci voleva il quotidiano Daily Telegraph, che riporta l’ennesimo scandalo nei rapporti fra banche ed enti locali, per riuscire a descrivere chiaramente la natura della presunta frode, senza cercare feticci, fare del luddismo finanziario accusando i “derivati cattivi” e mettendo sotto accusa il capitalismo tutto. Di “cattivi“, in questa storia, ci sarebbero delle persone, se venissero condannate: i funzionari comunali in Italia ed i banchieri di mezza Europa con cui hanno chiuso certi affari, con l’aggiunta dei politici che non hanno voluto o saputo sottoporre le proprie relazioni con certe banche, certi banchieri e certi consulenti ad una disciplina di mercato. Non certo gli strumenti che hanno impiegato, per loro natura neutri, al di là di certe teorie feticiste o New Age per cui a commettere azioni sarebbero gli oggetti e non gli individui. La polemica sui derivati in Italia si è rapidamente sgonfiata, anche a causa della rappresentazione distorta e a tratti dilettantesca che ne hanno dato i media: ricordiamo certi articoli di “Libero” e certe uscite de l’Espresso, volti soprattutto a demonizzare gli strumenti derivati ed ignorando i veri problemi della gestione finanziaria degli enti locali; o, peggio ancora, certe puntate di Report, filmate con la verve e la competenza di una Guardia Rossa o di Hanoi Jane Fonda.
CAPITALISMO INFAME - Una campagna che non soltanto ha sbagliato a descrivere il movente e l’arma del “delitto“, ma ha trascurato la vittima maggiore, le piccole e medie imprese. D’altronde, si sa, sono soltanto imprese e, per i “progressisti” di Report, meritevoli ipso facto di fallire. Nel caso del Comune di Milano, le accuse rivolte riguardano le modalità di gestione del rimborso di un bond e, forse, l’ammontare delle commissioni pagate. Lo scandalo esiste, ma parrebbe riguardare molto poco i derivati e molto di più la classica fregatura da avvocati, scritta nelle clausole minori del contratto. Sarebbe bastato documentarsi, come hanno fatto gli inglesi, invece di cavarsela gridando all’untore. Evidentemente il Comune di Milano e certi iscritti all’Ordine dei Giornalisti condividono la medesima opinione sulla necessità di leggere i documenti: nessuna. I debiti degli enti locali sono stati tradizionalmente costruiti in maniera simile al normale mutuo immobiliare impiegato dalle famiglie per acquistare una casa: il capitale preso in prestito viene ripagato nel tempo, insieme agli interessi dovuti. Il motivo è parzialmente di origine storica: sino a poco tempo fa, la maggiore fonte di finanziamento per erano i mutui della Cassa Depositi e Prestiti, che impiegava il risparmio postale per acquistare debito pubblico e finanziare gli “investimenti“ locali . Nel caso ve lo chiediate: sì, i soldi del vostro conto corrente postale sono serviti anche a finanziare il Laurentino 38, un paio di ecomostri e le gioie che le amministrazioni Bassolino e Russo Iervolino hanno regalato a Napoli. Ora che l’Italia non è più considerata una nazione del Terzo Mondo finanziario e che i Comuni si degnano talvolta di pagare fornitori e creditori, si sono aperti nuovi canali di finanziamento; anche quando il rimborso del finanziamento non avviene nelle modalità tradizionali, le norme e la prassi fanno sì che l’ente locale costituisca comunque un fondo di ammortamento del debito, nel quale venga versata annualmente una quota del capitale, in modo da garantire l’estinzione completa del prestito alla sua scadenza. Non si tratta in realtà di un meccanismo particolarmente efficiente: è un mezzo crudo per cercare di disciplinare la gestione finanziaria degli enti locali, tenendo conto della competenza finanziaria pressoché nulla presente nel ceto politico od in quello amministrativo. Un ente locale, soprattutto se poco indebitato, potrebbe semplicemente limitarsi a pagare gli interessi ed una parte minore del capitale, rifinanziando il pagamento del capitale tramite l’emissione di nuovo debito e, idealmente, ad impiegare il fondo di ammortamento o le disponibilità liquide per riacquistare il proprio debito nel caso si presentino condizioni vantaggiose.
UNA FIRMA, PLEASE - E’ il metodo di gestione del debito applicato di fatto anche dal governo centrale, il cui fondo di ammortamento agisce in maniera simile a quella descritta. Negli anni’90, anche alla luce dell’entrata nella UE, si aprì la possibilità di investire anche in titoli governativi di altre nazioni europee e di affidarsi ad un gestore professionale per la gestione dell’investimento dei fondi di ammortamento. Alcuni enti locali, fra cui il Comune di Milano, hanno quindi affidato la gestione del fondo di ammortamento alle stesse banche che hanno prestato loro denaro o che hanno collocato loro obbligazioni. Qui è nato il problema: il contratto firmato per la gestione del fondo alle banche sarebbe estremamente vantaggioso per le banche e decisamente rischioso per gli enti locali. A quanto pare, il Comune era convinto di stare affidando il fondo di ammortamento ad una gestione prudente con un obbiettivo di rendimento specificato. Nei fatti, il contratto autorizzava le banche coinvolte ad investire l’equivalente dell’intero ammontare del prestito come meglio aggradava loro, riconoscendo al comune al massimo il coefficiente di rendimento accordato e tenendosi ogni potenziale extra-rendimento. In caso di perdite che avessero intaccato il capitale, sarebbe stato obbligo dell’ente locale reintegrare il fondo al momento del rimborso delle obbligazioni. Testa, vinco io scommettendo i tuoi soldi e ti pago qualcosina per il disturbo; croce, perdi tu e ci devi mettere la differenza. Cosa c’entra tutto questo con i 300 milioni di “perdite per derivati” descritti da un blog de l’Espresso, su commissione del PD, qualche tempo fa? Poco o nulla, anche se fanno invece riferimento ad un altro “scandalo“, molto più ampio ed altrettanto poco compreso. Le commissioni pagate risultano sicuramente elevate (fra il 4,6% ed il 4,9% dell’ammontare nozionale del prestito), ma la polemica sulle “perdite” nozionali sul derivato è fuorviante: il contratto swap si limita a trasformare il tasso pagato da fisso a variabile e per paradosso riporta il profilo di rischio del prestito in linea con quello degli strumenti offerti dalla CDP: le minusvalenze esistono a fronte delle plusvalenze inespresse o del mancato aumento dei costi sul lato dell’approvvigionamento dei fondi. Se, invece, i 300 milioni si rifanno alle perdite che il Comune ha dovuto sopportare a seguito delle strategie di investimento del fondo di ammortamento, perché tirare in ballo i derivati?
DISTRAZIONI FATALI - La perdita deriva da un contratto-capestro, non da uno strumento derivato, per quanto di moda siano al momento. Quasi ogni contratto fra enti locali e banche d’affari per ristrutturazione del debito è, di fatto, unico : in teoria, per meglio adattarsi alle esigenze del cliente, in pratica per motivi anche meno confessabili: aumentare le commissioni ben oltre la best practice del settore, “rifilare” agli enti locali operazioni il cui profilo è più adatto all’eliminazione del rischio dal bilancio dell’intermediario bancario, più che da quello dell’ente locale suo cliente, alterare il profilo dei pagamenti in maniera tale che l’amministrazione in carica possa spendere risorse il cui onere ricadrà più avanti nel tempo, sulle amministrazioni seguenti. Poco o nulla di queste motivazioni sono state purtroppo esposte dai nostri media, più interessati a crocifiggere (giustamente) le banche che a preoccuparsi di documentare le proprie accuse o verificare le responsabilità politiche e non solo paragiudiziarie degli amministratori locali: a certi compagni è meglio far fare la figura dei fessi, piuttosto che di quelli anche troppo furbi? Un’altro interrogativo che i cittadini dovrebbero porsi è perché mai nessuno, per un motivo od un altro, ha mai pensato di affidare la valutazione delle offerte di certi strumenti finanziari impiegati ad una società terza, visto l’uso ed abuso di perizie per altri campi della cosa pubblica? Alcune delle transazioni effettuate dagli Enti locali gridano allo scandalo persino quando vengono analizzate con carta e penna, senza neppure ricorrere ad un computer. A cosa serve la pletora di “consulenti” che compaiono nella documentazione di certe operazioni? Soltanto ad evitare che gli amministratori locali si sporchino le mani in prima persona, evitando di fare la fine che rischiano Del Turco e soci, in Abruzzo?
Posted by J.C. Falkenberg at 10:18 PM |
Labels: derivati , enti locali , Media , Report
Clienti pericolosi
Gas o non gas, lavorare con i russi può essere pericoloso. O così sembra pensarla Sonja Kohn, una delle figure più controverse che ruotano intorno allo scandalo Madoff, che ha pensato bene di sparire dalla circolazione da alcuni giorni. La Kohn è l'azionista di maggioranza di Bank Medici, una banca viennese piccola ma in forte crescita attiva nei servizi di gestione per clienti facoltosi.
Fra cui, appunto, non figurano soltanto numerosi israeliani di origini mitteleuropee - comprensibile, vista l'origine ebraica della signora - ma anche un buon numero di oligarchi russi. Nulla di strano per una piazza finanziaria come quella viennese, dove la chiave per il successo negli ultimi anni è stata proprio la fornitura di servizi bancari nelle nazioni dell'Est Europeo; la signora Kohn si è semplicemente posizionata per attirare i capitali di russi molto facoltosi, senza questionare troppo sull'origine e le modalità di acquisizione di tali capitali.
Il problema nasce adesso dal principale servizio offerto: la possibilità di investire nei fondi di Bernie Madoff. Adesso, con il crollo della frode dell'ex presidente del NASDAQ, la banca è stata messa sotto amministrazione straordinaria e i clienti meno raccomandabili della signora sarebbero tutt'altro che felici e rivorrebbero i propri "risparmi".
L'eclissi della signora farebbe pensare al timore che , in mancanza del recupero delle somme investite, i rispettabili oligarchi possano rivalersi su di lei, facendole provare alcuni metodi eterodossi per il recupero crediti.
Hat tip: DealBook
Scuola ONU di Gaza - tutti colpevoli
In questo video si mostrano i miliziani di Hamas impiegare la scuola ONU di GAza come base per l'artiglieria a partire dal 2007.
Colpire una scuola è crudele.
Eppure mi sembra molto peggio impiegarla come base di operazioni militari, usando gli scolari come scudi umani e sapendo che così si attirerà il fuoco avversario, ma fregandosene altamente. E' crudele, abietto e immorale.
Hat tip: Le Guerre Civili (http://tinyurl.com/7poymy)